Cronaca

Un uomo di 30-35 anni ,stempiato se non addirittura calvo, jeans e polo nera, altezza media, si è presntato  intorno alle 11 di oggi all'Agenzia del Monte dei Paschi di Aspra.

Ha attirato l'attenzione del cassiere lasciando intendere di essere armato, tenendo cioè la mano in tasca come se impugnasse un'arma , e lasciando trasparire le sue intenzioni non proprio amichevoli: a questo punto si è fiondato dietro il banco ed ha aperto la cassa  asportando una somma che secondo i repsonsabili dell'Istituto di credito, oscilla dai tre ai cinquemila euro.

Dopoo di che si è allontanato, non si è capito come, non si è capito dove.

La Polizia, accorsa a sirene spiegate, non ha potuto fare altro che raccogliere le testimonianze dei presenti, oltre al personale della Banca c'erano anche due clienti, ma a niente sono serviti i tentativi di chiedere qualche notizia ai tanti curiosi che stazionano perennemente in quella zona: nessun aveva nè visto nè sentito niente.

I “baschi verdi” del Gruppo Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Palermo hanno sequestrato poco meno di 17.000 prodotti contraffatti recanti prestigiosi marchi internazionali.

All’operazione, i finanzieri sono pervenuti durante un servizio di controllo economico del territorio, svolto mediante pattugliamenti e presidi delle aree urbane più diffusamente colpite dai fenomeni dell’abusivismo commerciale e della vendita di falsi, nel corso del quale, mentre stazionavano in Via Oreto, notavano un soggetto extracomunitario – conosciuto quale abituale ambulante abusivo – uscire da un negozio gestito da soggetti di etnia cinese con una grossa busta contenente merce varia.

Fermato il soggetto per procedere ad un controllo, lo stesso si dava a precipitosa fuga per le vie limitrofe, abbandonando la busta e facendo perdere le proprie tracce.

La busta, recuperata dai militari, conteneva al suo interno numerosi orologi da parete, giocattoli e accendini recanti marchi contraffatti.

I “baschi verdi” decidevano quindi di procedere ad ispezionare l’esercizio commerciale da cui il fuggitivo era uscito, rinvenendo all’interno dei locali numerosi oggetti esposti per la vendita recanti marchi contraffatti ed altri conservati nel relativo magazzino.

Al termine delle operazioni di campionatura, sono stati nel complesso quantificati poco meno di 17.000 fra giocattoli, accendini, portachiavi tutti contenenti loghi falsi di famose firme, quali APPLE, BEN 10, HELLO KITTY, HANNA MONTANA, WALT DISNEY, SPONGEBOB, GANGNAM STYLE, GORMITI, MARLBORO, AUDI, JEEP, VOLVO, SKODA, VOLKSWAGEN, TOYOTA, HONDA.

La qualità della merce sequestrata ed i marchi apposti, unitamente alle modalità che hanno portato all’operazione, fanno ritenere che l’esercizio commerciale fosse un punto di rifornimento abituale dei venditori abusivi presenti sulle strade cittadine.

Accertata, pertanto, la contraffazione dei prodotti, sono scattati il sequestro della merce e la denuncia per detenzione ai fini della vendita di prodotti recanti marchi contraffatti e ricettazione a carico di un responsabile di etnia cinese, tale Y.Y. di anni 49, titolare del negozio, in regola con la normativa sul soggiorno degli stranieri.


 

Dalle prime luci dell’alba, in provincia di Palermo, tra i comuni di San Giuseppe Jato e Camporeale, militari del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale hanno dato esecuzione a 8 misure di custodia cautelare, emesse dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale DDA (indagine coordinata dai Proc. Agg. Teresa PRINCIPATO e Vittorio TERESI, e dai Sost. Proc. Francesco DEL BENE, Sergio BARBIERA, Sergio DEMONTIS e Daniele PACI), nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di “associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione, raffinazione e commercializzazione di sostanza stupefacente del tipo “cannabis indica” (artt. 74 commi 1 e 2 D.P.R. 309/1990) e di concorso nella coltivazione illecita di sostanza stupefacente al fine di spaccio (artt. 110 c.p., 73 commi 1 e 6, nonché 80 comma 2 del D.P.R. 309/1990), entrambi i reati aggravati dall’aver voluto favorire l’associazione mafiosa “Cosa nostra” avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p. (art. 7 D.L. 152/91)”.

L’operazione è una costola dell’indagine di più ampia portata denominata convenzionalmente “Nuovo Mandamento”, che ha documentato la riorganizzazione territoriale di Cosa nostra nella parte occidentale della provincia di Palermo (con la creazione di una nuova sovrastruttura di coordinamento, individuata nell’area di Camporeale, dei due storici mandamenti mafiosi di “San Giuseppe Jato” e “Partinico”) e che ha portato, l’8.4.2013, all’esecuzione di una o.c.c. nei confronti di 38 persone, tra capi e gregari.

In particolare, le indagini, avviate nel dicembre 2010, hanno consentito di:

- verificare come una delle fonti di reddito dell’associazione mafiosa investigata fosse la coltivazione di canapa indiana, finalizzata alla produzione e alla successiva immissione sul mercato di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, con il fine di provvedere al mantenimento dell’organizzazione criminale e, soprattutto, al sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie, come manifestazione del vincolo di solidarietà che lega gli affiliati;

- a riscontro dell’attività investigativa, individuare:

· alcune piantagioni nell’entroterra della provincia di Palermo, specie nella valle del fiume Jato, con il contestuale arresto in flagranza di 3 persone deputate alla loro coltivazione;

· due luoghi di stoccaggio della sostanza stupefacente, pronta per essere immessa sul mercato locale, con l’arresto in flagranza di 8 custodi e il sequestro di circa 40 kg di marijuana già essiccata;

- denunciare a piede libero altre 13 persone, di cui 8 già detenute a seguito dell’operazione “Nuovo Mandamento” e nei confronti delle quali il GIP, pur evidenziando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non ha ritenuto esistenti le esigenze cautelari.

 

OPERAZIONE “NUOVO MANDAMENTO”

Le indagini condotte sul “Nuovo Mandamento” avevano consentito inizialmente di ridisegnare i confini del mandamento di San Giuseppe Jato, che rispetto al passato aveva assunto una conformazione parzialmente diversa ricomprendendo le famiglie mafiose di San Giuseppe Jato e San Cipirello, Camporeale, Piana degli Albanesi, Monreale, Montelepre e Giardinello. Veniva esclusa la famiglia mafiosa di Altofonte, che veniva lasciata alle dipendenze di un mandamento cittadino, Santa Maria di Gesù - Villagrazia.

Dopo il transito di alcune famiglie mafiose dal mandamento di Partinico a quello di San Giuseppe Jato si assisteva, a seguito della scarcerazione (5/11/2011) di SCIORTINO Antonino (cl.62, pluripregiudicato, celibe, allevatore, personaggio storicamente legato ai VITALE di Partinico e a RACCUGLIA Domenico), all’accorpamento dei due mandamenti e alla nascita del “super-mandamento mafioso” di Camporeale, sotto l’egida dello stesso SCIORTINO.

Dal novembre 2011 al marzo 2012, l’intervento del nuovo capo del super-mandamento determinava:

- l’inglobamento di Altofonte al super-mandamento, sottraendolo di fatto al mandamento di Santa Maria di Gesù – Villagrazia;

- a Monreale, la nomina di MADONIA Vincenzo a reggente della famiglia mafiosa al posto di DAMIANI Sergio, a favore del quale si registravano pressioni provenienti dal carcere da parte degli affiliati, dopo la destituzione dal ruolo di comando di BADAGLIACCA Antonio;

- la progressione di carriera di LIBRANTI LUCIDO Giuseppe, da capodecina del territorio di Pioppo a portavoce e vettore delle direttive di MULE’ Salvatore e SCIORTINO Antonino;

- a Montelepre, prima la conferma e poi la destituzione di LOMBARDO Giuseppe;

- la conferma di ABBATE Giuseppe a Giardinello, di MATRANGA Francesco a Piana degli Albanesi e di GIAMBRONE Antonio a Borgetto.

Nel corso delle indagini veniva inoltre individuata, in contrada Arcivocale di Monreale, fra i Comuni di San Cipirello e Corleone, una masseria indicata dagli indagati come “ sede centrale” del mandamento e dove, effettivamente, avvenivano la maggior parte degli incontri fra gli esponenti di cosa nostra per trattare qualsiasi tipo di argomento: dalla risoluzione di vicende private alla riorganizzazione dell’associazione mafiosa.

Nel periodo febbraio-marzo 2012, a conclusione della fase di riorganizzazione e stabilizzazione dei nuovi assetti di cosa nostra, le intercettazioni rilevavano come tale repentina e autorevole riorganizzazione del territorio non era passata indenne ed aveva generato l’insorgere di tensioni proprio nei territori di Altofonte e Monreale. A farne le spese BILLITERI Giuseppe, incensurato, venditore ambulante, zio di DAMIANI Sergio, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Monreale, ucciso, con il metodo della “lupara bianca” il 22 marzo 2012.

 

IL FINANZIAMENTO CON LA DROGA

A cavallo dell’estate 2012, le indagini evidenziavano come una delle fonti di reddito dell’associazione mafiosa investigata fosse la coltivazione di canapa indiana, finalizzata alla produzione ed alla successiva immissione sul mercato di ingenti quantità di sostanza stupefacente del tipo marijuana, con il fine di provvedere al mantenimento dell’organizzazione criminale e, in particolare, al sostentamento delle spese per i detenuti.

Il monitoraggio degli indagati ha permesso di individuare tre piantagioni del citato stupefacente, tutte insistenti nell’area territoriale compresa tra San Giuseppe Jato e Camporeale, nonché di recuperare una grossa quantità di canapa indiana (circa 40 kg) già essiccata e pronta per essere posta in commercio, del valore commerciale al dettaglio di circa 200.000 €.

Nello specifico, il gruppo criminale investigato ha provveduto, quale prima attività del disegno criminoso, alla creazione di una piantagione di grandi dimensioni in contrada Argivocalotto di Monreale, composta da oltre 6000 piante ed alla cui realizzazione hanno partecipato i maggiori esponenti delle famiglie mafiose. Successivamente, a causa del timore che la piantagione potesse essere individuata, provvedevano allo spostamento delle piante che costituivano la coltivazione e alla loro collocazione in altre più piccole, di più difficile individuazione per le forze dell’ordine e di più facile gestione per l’organizzazione. L’attività d’indagine ha consentito l’individuazione di due di queste piantagioni dalle dimensioni più contenute, una sequestrata il 4.8.2012, in località Tagliavia (riconducibile direttamente al gruppo LO VOI – MULE’) ed una in contrada Monte Petroso, agro di Camporeale, di cui è stata documentata l’esistenza solo in un momento successivo alla sua distruzione (riconducibile al gruppo capeggiato da SCIORTINO Antonino).

La prosecuzione delle investigazioni si è rivelata nondimeno assai proficua e significativa per confermare l’unicità del disegno criminale dell’organizzazione e la riconducibilità ad essa della piantagione più grande di Argivocalotto.

Infatti, in data 26.09.2012 e 09.10.2012, il Nucleo Investigativo di Monreale individuava due grossi quantitativi di stupefacente già stoccati e pronti per l’immissione sul mercato, custoditi in luoghi ritenuti sicuri e tutti riconducibili a personaggi di spicco della consorteria criminale: la masseria di LO VOI Giuseppe e MULE’ Salvatore, già indicata dagli indagati quale “sede centrale” del mandamento mafioso, ed un fabbricato rurale ubicato sempre in contrada Arcivocale, a poche centinaia di metri dall’azienda di LO VOI Giuseppe e MULE’ Salvatore, roccaforte dell’organizzazione criminale.

 

LA PIANTAGIONE DI CONTRADA ARGIVOCALOTTO DI MONREALE

Nel mese di giugno 2012, venivano intercettate alcune conversazioni ambientali dalle quali emergeva con chiarezza che gli indagati erano impegnati per la messa a dimora di numerose piante di cannabis indica in un fondo agricolo ubicato in contrada Arcivocalotto di Monreale, allo scopo di procedere alla loro illecita coltivazione. Il terreno, subito individuato, risultava di proprietà di una anziana signora, all’oscuro di tutto, e coltivato ad uliveto.

Ignari di essere intercettati, dopo aver trasportato le piantine di cannabis indica con il fuoristrada in uso a LO VOI Giuseppe ed altre autovetture, provvedevano al loro interramento ed alla creazione di un impianto di irrigazione collegato ad una vasca artificiale ubicata a poche centinaia di metri dalla coltivazione.

A causa del timore di essere scoperti, dopo circa tre giorni, la piantagione veniva smantellata e le piante sradicate e trasferite in altre località.

 

LA PIANTAGIONE DI CAMPOREALE

Le intercettazioni captate a bordo dell’autovettura in uso a LO CASCIO Francesco hanno permesso di svelare l’esistenza di una piantagione di “cannabis indica”, di circa un centinaio di piantine, anche nel territorio di Camporeale ed esattamente in contrada Monte Petroso. Le indagini hanno accertato che la gestione di tale piantagione, trovata poi completamente distrutta all’inizio del luglio del 2012, era affidata a BATTAGLIA Giovanni.

 

LA PIANTAGIONE DI CONTRADA TAGLIAVIA

Agli inizi del mese di agosto 2012 i Carabinieri del Gruppo di Monreale provvedevano al sequestro di una piantagione di canapa indiana ubicata in c.da Tagliavia di Monreale, all’interno di un casolare abbandonato.

Nel corso delle operazioni, venivano tratte in arresto due persone e sequestrate 190 piante di cannabis indica. MULE’ Giuseppe, fratello del reggente del mandamento, riusciva a sfuggire all’arresto, ma riconosciuto dai militari operanti, veniva successivamente denunciato in stato di libertà.

Le intercettazioni ambientali confermavano la volontà del gruppo criminale riconducibile a LO VOI Giuseppe e MULE’ Salvatore di suddividere gli arbusti della piantagione di Argivocalotto tra i vari indagati, affinché questi creassero e gestissero delle coltivazioni più piccole e dunque di più difficile individuazione per le forze dell’ordine.

 

IL SEQUESTRO DELLO STUPEFACENTE IN CONTRADA ARCIVOCALE

Nella consapevolezza che l’avvicinarsi della fine della stagione estiva avrebbe reso ancora più arduo il rinvenimento di altre piantagioni di cannabis che sarebbero via via state dismesse per la raccolta dello stupefacente, veniva modificata la strategia investigativa, concentrandosi non più sulla ricerca degli arbusti ma sull’individuazione dei luoghi dove lo stupefacente, una volta raccolto, sarebbe stato collocato per l’essicazione, lo stoccaggio e la successiva immissione sul mercato.

L’attività investigativa portava all’arresto, in data 26.09.2012, di 8 persone in flagranza di reato ed al sequestro di circa 14 kg di stupefacente, custodito presso la masseria in uso a LO VOI Giuseppe e MULE’ Salvatore, in contrada Arcivocale, “sede centrale” del mandamento mafioso, ed al rinvenimento e sequestro, in data 09.10.2012, sempre in contrada Arcivocale, a poche centinaia di metri dalla masseria di cui sopra, di altri 25 kg della stessa sostanza, all’interno di un altro fabbricato rurale.

 

ARRESTATI

1. BATTAGLIA Giovanni, nato ad Alcamo (TP) il 17.11.1984, residente a Camporeale (PA);

2. DI MAGGIO Baldassarre, nato a Partinico (PA) il 24.6.1979, residente a San Giuseppe Jato (PA).

3. FICARROTTA Pietro, nato a Platania (CZ) il 5.10.1968, residente a San Cipirello (PA);

4. LIOTTA Raimondo, nato a Camporeale (PA) l’8.6.1966, ivi residente;

5. LO VOI Salvatore, nato a Partinico (PA) il 17.9.1979 e residente a San Giuseppe Jato (PA);

6. MULE’ Giuseppe, nato a San Cipirello (PA) il 30.12.1981, ivi residente;

7. PARRINO Antonino, nato a Palermo il 15.7.1971, residente a San Giuseppe Jato (PA);

8. PARRINO Rosario, nato a Partinico (PA) l’8.12.1983, residente a San Cipirello (PA);

  

Un ingente patrimonio, costituito da numerosi beni immobili, tra cui una palazzina, una villa, diversi appartamenti, magazzini commerciali, automezzi e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 2,7 milioni di euro, è stato sottoposto a confisca dalla Guardia di Finanza di Palermo in esecuzione di due distinti provvedimenti emessi dall’Ufficio Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo a carico di altrettanti soggetti.

Un primo provvedimento è stato eseguito nei confronti di un settantacinquenne originario di Palermo, Francesco Fascella, appartenente alla famiglia mafiosa della “Guadagna”, già tratto in arresto nel 1984 e condannato in via definitiva nel 1990 dalla Corte d’Appello di Palermo ad otto anni e sei mesi di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso e rapina; scontata la pena, è stato nuovamente arrestato nel 2009, unitamente ad altre persone, per reati di mafia e condannato nel 2010 a tre anni e dieci mesi di reclusione.

Nello specifico, la confisca ha riguardato 9 unità immobiliari (tra cui una palazzina, diversi appartamenti, una villa e magazzini commerciali) in Palermo, 2 autoveicoli, 1 autocarro e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 2.300.000 euro.

Il secondo provvedimento è stato eseguito nei confronti di un quarantanovenne palermitano, Giuseppe Romeo., già condannato nel 1986 dalla Corte di Appello di Palermo per detenzione di armi, poi arrestato nel 2009 in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere per avere, negli anni dal 2006 al 2009, concesso in prestito denaro ad interessi usurai (fino al 120% annuo), in danno di alcuni imprenditori palermitani che si trovavano in situazioni di difficoltà economica; per il reato di usura è stato condannato in via definitiva, nel 2010, a cinque anni di reclusione.

Nei suoi confronti sono stati confiscati un appartamento in Palermo e disponibilità finanziarie, ritenuti a lui riconducibili e nella sua piena disponibilità, sebbene formalmente intestati a parenti, oltre che sproporzionati rispetto alle fonti di reddito ufficiali dichiarate dal soggetto e dal suo nucleo familiare.
 

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