Cronaca

Li avevamo intervistati proprio l'anno scorso per Teleone i genitori del piccolo  Salvatore Colletta, uno dei due ragazzini scomparsi a Casteldaccia proprio il 31 marzo di 20 anni fa.

Quindici anni Salvatore Colletta, dodici Mariano Farina, si erano allontanati nel pomeriggio da casa a bordo del motorino di un amico per una partitella a calcio, ma da allora non si è più avuta alcuna notizia.

Ci avevano chiamati proprio per chiedere a voce alta la riapertura delle indagini, di fronte a nuovi elementi che nel frattempo sarebbero maturati, ed adesso il loro desiderio ha trovato un ricontro.

La Procura della Repubblica ha accolto la richiesta dell'avv. Marco Lo Giudice e ha ordinato di riaprire l'indagine, che sarà coordinata dai p.m. Marzia Sabella e Francesca Mazzocco: la mamma, il padre, la sorella di Salvatore nata dopo la tragedia, si sono battuti senza sosta in questi anni perchè vogliono arrivare alla verità.

Perchè in questa storia, ci hanno detto, ed in particolare nell'atteggiamento di fronte alla tragedia dei familiari dell'altro ragazzino, c'è stato qualcosa che ancora oggi non li convince, e ce lo hanno detto senza mezzi termini: hanno parlato di scarsa collaborazione nelle ricerche e li hanno, neanche troppo velatamente, accusati di aver voluto chiudere in fretta la vicenda.

Dopo qualche anno dalla scomparsa del loro figlio la famiglia di Mariano Farina si era trasferita negli Stati Uniti; ma la mamma di Salvatore, Carmela La Spina, continua a pensare che sapessero qualcosa su quanto accaduto e di cui non hanno mai voluto riferire agli inquirenti.

Una vicenda diffcile quindi da dipanare per gli inquirenti considerato anche gli anni che sono trascorsi dal fatto, ma i nuovi elementi emersi potrebbero essere il tassello che consente di arrivare alla verità.

Allora dei due ragazzini si perse ogni traccia, e furono fatte le ipotesi più inquietanti e terribili: dal rapimento da parte di organizzazioni criminali internazionali dedite al traffico di organi sino ad una vendetta fredda consumata da esponenti di cosa nostra perchè i due ragazzini avrebbero visto qualcosa che non avrebbero dovuto vedere, o ancora per una serie di piccoli furtarelli nelle ville e sulla spiaggia, che erano accaduti nella zona balneare del "Celso", dove i due amici erano soliti andare.

Allora in quella zona c'erano villini di mafiosi di peso che potrebbero essersi vendicati per l'intraprendenza di un gruppetto di ragazzini a cui attribuivano questi "sgarbi".

La mamma di Salvatore, ci aveva descritto il figlio come un ragazzino sin troppo buono, particolarmente influenzabile dalla forte personalità dell' amico, che, anche se più piccolo, era molto più sveglio e deciso..

Allora mostrandoci l'identikit che  Polizia aveva elaborato, e che mostrava il volto probabile del ragazzo a distanza di venti anni, mamma  Carmela continuava a ripetere che sin quando non avrebbe avuto  la prova che il figlio era morto lo avrebbe continuato a pensare vivo da qualche parte; va anche detto che le decine di segnalazioni che in questi anni sono arrivate si sono sinora rivelate poco credibili.

Le ricerce durarono allora per un periodo lunghissimo con foto esposte in centinaia di locali pubblici e con appelli dei genitori in trasmissioni televisive, ma senza nessun esito.

Ora la riapertura dell'indagine che proverà a dire la parola definitiva.

 

Erano stati i familiari a segnalare l'assenza del loro congiunto, B.P. di 43 anni, palermitano di origini, che pe un lungo periodo aveva avuto residenza a Bagheria appunto nell'appartamento in cui è stato ritrovato, e solo di recente trasferitosi a Messina.

Il corpo senza vita dell'uomo che aveva precedenti penali di poco conto, è avvenuto nella mattinata di sabato 24 marzo ad opera degli agenti del Commissariato di Polizia, che lo hanno ritrovato nell'appartamento di una palazzina di Corso Baldassare Scaduto, in vicinanza del supermercato Todys; la morte secondo i primi accertamenti sarebbe avvenuto il giorno precedente, e tra le cause viene presa in considerazione quella di una "overdose" di droga.

L'uomo sarebbe stato noto agli inquirenti come consumatore saltuario, e periodicamente, pur abitando a Messina veniva a Bagheria nella casa di sua proprietà.

Comunque sulle cause del decesso si aspettano i risultato degli esami autoptici, che sono stati disposti dalla magiatrato inquirente. Al caso lavora la Polizia.

Operazione "lampara" l'avevano codificata gli inquirenti, perchè il gergo era quello dei pescatori e dei commercianti di pesce: si parlava di gamberoni, sarde e cassette di pesce.

Ma la Squadra Mobile era riuscita a "decrittare" attraverso appostamenti e intercettazioni telefoniche invece il traffico di cocaina che proveniva dalla Colombia e che proprio a Santa Flavia aveva uno snodo importante per la presenza di un commerciante di un titolare di una azienda di commercio ittico  locale che facendosi schermo della propria attività faceva arrivare la cocaina dalla Spagna in aereo.

Giuseppe Lo Coco, detto Giò giò, 44 anni, flavese, condannato a sedici anni, per distogliere l'attenzione degli inquirenti aveva anche fornito soffiate, consentendo agli investigatori di ritrovare grandi quantità di droga legata ad altri traffici.

Come sedici anni di condanna ha avuto un altro degli imputati, Polo Liga, 44 anni, residente a Mazara, ma nipote del capomafia bagherese Pino Scaduto.

Lo Coco e Liga assieme a Paolo Lumia, mazarese con residenza in Spagna, e la cui posizione assieme a quella di altre imputati è stata stralciata, costiutiva la mente organizzativa del traffico che faceva passare la cocaina dalla Puglia e dalla Campania per poi approvvigionare i mercati di Palermo e della Sicilia.

Allora furono dodici le persone arrestate: quattro degli imputati hanno scelto il rito ordinario, e tra questi, Paolo Lumia, otto invece hano scelto l'abbreviato.

Queste le condanne inflitte agli altri sei accusati: ai due palermitani Daniele Lauria, 40 anni, e Giuseppe Torregrossa, 33 anni titolare di un pub alla Magione, dieci anni ciascuno.

Sedici anni per il mazarese Francesco Dado, mazarese, gestore di un lido alla Tonnarella.

Altri tre condannati sono i fratelli Lucio e Pasquale Annunziata, napoletani residenti in Puglia , che hanno avuto comminati otto anni ciascuno, e il pugliese Michele Fiore, condannato a quattordici anni.

Dallo scorso sabato 24 marzo una ventina di mezzi del Coinres  utilizzati per le operazioni di raccolta e trasporto rifiuti e che vengono noleggiati da ditte private, hanno dovuto lasciare lo storico deposito di contrada "Incorvino" a ridosso del mercato ortofrutticolo dove venivano sinora ricoverati; peraltro pur  essendo l'area di proprietà comunale, il Coinres come Consorzio non ha mai dato un solo euro di affitto al Comune.

La causa della inibizione a tenere i mezzi ad Incorvino risiede nel fatto che l'area tempo fa è stata posta sotto sequestro per gravi carenze igienico ambientali, e le autorità sanitarie avevavno raccomandato ai dirigenti del Coinres, nella fattispecie i commissari liquidatori, di realizzare una serie di adempimenti per renderla consona con i parametri previsti dalla legge.

Ma i commissari non hanno mosso un dito, in conseguenza anche del fatto che gli "adeguamenti" richiesti dagli Uffici sanitari di controllo, avrebbero richiesto l'investimento di cospicue somme;  la conclusione è stata pertanto che della custodia  dei mezzi, ufficialmente gestiti dal Coinres, si è dovuto fare carico il Comune di Bagheria.

La soluzione individuata è l'area del mercatino settimanale, in considerazione anche del fatto che gli orari di uscita e rientro dei mezzi non interferiscono con il tradizionale mercatino settimanale del mercoledì.

E' stato anche attivato un servizio di vigilanza notturno. Bisognerà capire se le autorità sanitarie considerano questa soluzione adeguata e rispondente ai criteri previsti dalla legge

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