Cultura

Se non ci fosse il FAI, l'insipienza e i ritardi colpevoli della politica ci farebbero, come ci fanno, dimenticare delle cose belle che in questa città ci sono e che rimangono chiuse al pubblico o inutilizzate e destinate al degrado

Come ormai avviene da oltre dieci anni per il parco di villa S.Cataldo, unico esempio rimasto  sostanzialmente intatto  di giardino siciliano di ville settecentesche. Gli ampi viali, le esedre, i grandi vasi, le fontane e i sedili in tufo.

E la vegetazione, di cui un tempo era rcicchissimo: i grandi pini e le palme purtroppo ormai uccise dal terribile punteruolo rosso e gli agrumi ancora produttivi malgrado gli anni.

Un piccolo paradiso che muoveva i frequentatori all'osservazione e allo studio della natura, al silenzio, alla contemplazione.

Ed hanno un bel dire i politici di turno di finanziamenti e convenzioni, perchè  rimane solo la nuda verità: il giardino fu riaperto per qualche settimana, sindaco Fricano nella primavera 2002, richiuso subito dopo per necessari lavori di messa in sicurezza ed oggi a distanza di tredici anni stiamo ancora a parlare di aria fritta.

E nel frattempo alla Provincia si sono alternati diversi consiglieri, del collegio, e molti anche bagheresi: da Vincenzo Lo Meo, a Concetta Balistreri, a Bartolo Di Salvo, a Tommaso Gargano e tutti più o meno sindaci e candidati  a sindaco o ad altre cariche importanti.

E così come avviene per l'adeguamento dello svincolo, tutti a promettere per anni che siamo quasi lì, che è cosa fatta, che siamo in vista di un traguardo, che però passano i decenni e non si taglia mai, e che  poi quando magari si raggiunge, si abbandona tutto e si fa andare in malora, vedi Arco azzurro, vedi palazzo Butera, eccc...

Amarezza, rabbia, indignazione contro una classe poltica che trasversalmente ci ha preso, e continua a prenderci per i fondelli, su questa come su tante altre cose.

Dall'altra parte c'è invece la fiducia e la speranza: la speranza di vedere gente che ci crede che è disposta a fare sacrifici e che non ha gettato la spugna

A partire dall'impegno di Giuseppina Greco, responsabile cittadina del FAI, e dalla pacifica invasione di migliaia di cittadini che, nei due giorni di apertura del parco della villa, riscoprono tra l'ammirazione, la nostalgia e il rimpianto, un pezzo di città che viene loro negata.

E pensiamo all'amore, alla passione con cui le insegnanti e gli insegnanti delle scuole, di vario ordine e grado, hanno trasmesso ai loro allievi, piccoli e grandi, conoscenze, saperi e passione.

Erano commoventi le relazioni che facevano ai visitatori le piccole guide  delle scuole medie sulle origine della villa Galletti-San Cataldo, sulla origine e sulla funzione dei  Kanat, sulle essenze che adornarono quel lussureggiante giardino, sulla rilettura dei ragazzi del Liceo Artistico dei costumi d'epoca.

Da sottolineare anche l'impegno dell'associazione Bagheria bene comune che ha garantito assieme  ad altri la vigilanza, e di quei ragazzi che per giorni hanno venduto le arance e i limoni per finanziare il F.A.I.

Come concludere ? F.A.I., grazie di esistere!

Per oltre 10 anni al Grand Hotel Villa Igiea e oggi Chef di Cucina dell’Hotel Hilton Excelsior di Palermo, Stefano Scarpaci è una delle eccellenze della cucina siciliana.

Ha cucinato per nomi illustri della politica, dello sport, della cultura, della scienza:
dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano allo Scienziato Antonino Zichichi, passando per i più grandi e famosi calciatori del mondo.

Lo Chef Scarpaci, reduce da una competizione internazionale, sarà a Bagheria il 26 Marzo, ospite dell'accademia di cucina Lemonchef food academy, sita in un'ala del suggestivo Palazzo Inguaggiato in corso Butera 112/114, presso la quale terrà un incontro di show cooking: cucinerà dal vivo, davanti al pubblico, trasferendo ricette, trucchi e curiosità alla platea su piatti che verranno subito dopo degustati.

Per l'occasione lo Chef ha ideato un Menu completo, ideale per un pranzo di Pasqua:

Torcione di sella di coniglio tiepida, porchettata ai pistacchi di Bronte
e il suo olio leggermente piccante e maionese di pere williams

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Candele di pasta con ricotta fresca al finocchietto su vellutata di favette fresche,
briciole di maialino nero e scaglie di piacentino ennese

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Carré d'agnello al baccalà e caffè con carciofo al pane aromatizzato,
salsa al vino bianco e cipollotto.

Il Corso è rivolto a tutti: appassionati e professionisti e non richiede particolari abilità culinarie. Ha una durata di 4 ore da svolgersi nella giornata del 26 marzo dalle ore 16,00 alle 20,00 nel laboratorio didattico dell'accademia.

Per chi desiderasse prenotare o avere maggiori informazioni potrà collegarsi al sito www.lemonchef.it oppure chiamare i numeri  Tel. 091-8432482 /  329-9711004

Nell’ambito del progetto “Lo Squartucciato e il Rito degli Artari di San Giuseppe a Poggioreale”, realizzata dall’Associazione Centro Studi Aurora Onlus e finanziato da Regione Siciliana Assessorato Famiglia, Politiche Sociali e Lavoro Dipartimento del Lavoro, dell’Impiego, dell’Orientamento, dei Servizi e delle Attività Formative - Servizio II Emigrazione ed Immigrazione (AVVISO PUBBLICO N. 4 DEL 25 Settembre 2012 PER LO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ CULTURALI PREVISTE DALL’ART. 24 BIS DELLA LEGGE REGIONALE 55/80 PER L’ANNO 2012), si svolgerà in Australia, a Sydney, una settimana di seminari e Workshop, dal 19 al 26 Marzo, con l’obiettivo di contribuire ad approfondire il contesto socio-culturale relativo alle tradizioni popolari che si sono sviluppate in secoli di devozione intorno al culto di San Giuseppe, a partire dalla splendida manifestazione, ricca di simboli laici e religiosi, che si svolge ogni anno a Poggioreale, anche nel raffronto con quanto e come questa tradizione si sia trasferita nelle comunità di origini siciliane residenti all’estero.

La preparazione dello Squartucciato risale alla metà del XVII sec., e rientra nei preparativi della festa del 19 marzo ed è tipica di Poggioreale: la lavorazione è affidata a poche donne ormai, abilissime ed esperte, che per tradizione familiare si tramandano di generazione in generazione la sofisticata tecnica di preparazione.

Impastando farina e farcendola di fichi secchi (due prodotti “poveri” della nobile civiltà contadina) vengono realizzati dei manufatti artistici di maestosa grazia ed elegante bellezza.

La tradizione, ancora assai presente a Poggioreale e mantenuta sinora viva dalla comunità di Sidney, rischia adesso di dissolversi con la scomparsa delle ultime abili realizzatrici.
Oltre che al desiderio di mettere in valore le nostre tradizioni ed incrementare i legami tra siciliani di Sicilia e siciliani nel mondo (aspetti socio-culturali), col progetto si cerca di comprendere in che modo un patrimonio culturale e etnoantropologico oggettivamente appartenente al passato, possa acquisire un linguaggio contemporaneo, parlare alle nuove generazioni dei figli degli emigrati ed anzi contribuire a costituire per il futuro, un supporto per il rilancio culturale, sociale ed economico (in chiave per esempio di sviluppo commerciale e turistico sostenibili) delle comunità siciliane che abitano le due sponde dell’oceano.

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La settimana di workshop a Sydney rientra nell’ambito di una fase del progetto che intende realizzare un trasferimento di abilità tra vecchie e nuove generazioni ed uno scambio tra siciliani di Sicilia e siciliani d’oltremare per il mantenimento del rito: laboratori didattici per preparazione degli altari di San Giuseppe che coinvolgeranno le comunità di siciliani, le scuole, l’Istituto Italiano di Cultura, il Consolato italiano ed altre organizzazioni sociali e culturali tra le quali il movimento Slow Food che opera per valorizzazione delle culture agroalimentari e mira alla salvaguardia delle piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzando territori e recuperando antichi mestieri e tecniche di lavorazione.

La settimana di Workshop a Sydney, alla quale sarà presente una delegazione dell’Associazione Centro Studi Aurora, un Funzionario delegato dal Dipartimento regionale del lavoro servizio emigrazione ed immigrazione e un referente del C.A.S - Coordinamento Associazioni Siciliane sarà articolata in una serie di incontri con le comunità siciliane, nella presentazione di racconti di aneddoti, storie sulle tradizioni e celebrazioni della festività in onore di S. Giuseppe, e nell’inaugurazione degli altari di S. Giuseppe.


Partner:
Associazione Centro Studi Aurora
Associazione S. Antonio da Padova, protettore di Poggioreale (Sydney - Australia)
Comune di Bagheria (PA)
GAL Metropoli Est
Convivio Slow Food Alsazia 67

 

Non c’è dubbio che l’arrivo di Garibaldi in Sicilia accendesse speranze di riscatto negli strati più bisognosi della popolazione che, in alcuni paesi dell’isola, specie in quelli non immediatamente liberati, agitando il tricolore, organizzarono sanguinose rivolte contro i ricchi e rivendicarono la spartizione delle terre  demaniali.

Le rivolte popolari più note, vere e proprie rivolte di classe, sono quelle che si verificarono ad Alcara Li Fusi,  già a maggio, e a Bronte, in agosto. Ai disordini fece seguito la repressione da parte dell’esercito  garibaldino con tredici fucilati nel primo dei due paesi e cinque nel secondo. ( 1 )

C’è da dire, tuttavia, che non tutti i paesi in rivolta, che furono numerosi, conobbero la ferocia repressiva dei comandanti garibaldini. In qualche caso anzi, come avvenne a Prizzi, i soldati, più che a reprimere e giustiziare, andarono a far festa.

Quella che segue è una ben strana testimonianza. Scrive infatti Giulio Adamoli:Il 26 di giugno… a Prizzi, il battaglione Bassini venne accolto festosamente…il comandante, accompagnato trionfalmente, fu ospitato in forma addirittura principesca. A tutti indistintamente i soldati s’imbandì un lauto banchetto.

Alla sera si accesero vaghe luminarie, e nelle sontuose sale del casino sociale, con un concorso di eleganti signore, si aprì una sfarzosa festa da ballo. … E veramente la strage di bottiglie, che si fece in quella notte dai miei commilitoni, deve essere rimasta famosa nei fasti di Prizzi”. ( 2 )

Com’era lontana Alcara Li Fusi e come lontana sarà Bronte! Ma, a Prizzi, cos’era avvenuto?

Scrive Giuseppe Cesare Abba: “…A Prizzi…vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se non vi fosse più nessuno a comandare. …Quaggiù vi sono beni grandi, ma goduti da pochi e male. Pane, pane!
Non ho mai sentito mendicarlo con un linguaggio come questo dalla poveraglia di qui...”
. ( 3 )

Che sensibilità mostra lo scrittore delle “Noterelle”! Ha capito che l’unità d’Italia e la libertà che l’esercito garibaldino è venuto a portare in Sicilia non sono sufficienti per la povera gente. Ma, forse, quella sensibilità sarebbe stata degna di miglior causa perché, nel caso di Prizzi, le cose erano molto più complesse.

Val la pena di continuare a leggere l’Adamoli che fece parte di quel battaglione che andò a Prizzi:“Al mattino, preceduti dalle musiche, e seguiti dagli applausi generali, partimmo. …

"Però non ho mai potuto sapere di che genere fossero cotesti disordini, e chi componesse coteste mitiche bande, che noi dovevamo disperdere. Quelli del paese, alle nostre interrogazioni rispondevano alzando il mento e stringendo le labbra, senza aggiungere parola, lasciandoci solo intravvedere che la paura stessa, la quale aveva permesso agli audaci di imporsi alla popolazione, ora chiudeva loro la bocca”. ( 4 )

Se non era mafia questa!

Ma il cambiamento di regime che stava per realizzarsi non poteva non generare episodi diffusi di violenza, specie nei riguardi di poliziotti, spie e compagni d’armi che il popolo identificava con il regime borbonico.

Nandor Eber, corrispondente del Times, poi colonnello garibaldino, nel suo diario in cui riporta gli avvenimenti dal 27 maggio al 13 giugno, alla pagina del 2 giugno scrive: “In una cosa sola il popolo si mostra implacabile, cioè nell’ammazzare i birri ai quali si dà la caccia come fossero belve selvagge, fucilandoli in qualunque luogo si trovano. In ispecie nel primo giorno vi furono regolari spedizioni per rintracciare i più conosciuti, molti dei quali furono uccisi prima che altri potesse intromettervisi”. ( 5 )

Giacinto De Sivo, storico filoborbonico, alza i toni fino all’esagerazione, al raccapriccio, e scrive: “Barbarie inaudite contro i poliziotti. …Si cominciò col saccheggiare tutte le case di quelli; poi le loro famiglie ed essi cercavano a morte. …

Perseguitavano figli e mogli e torturavanli e uccidevano; madri coi bambini al seno mazzicate e spente; bambini fatti a pezzi nelle braccia del padre; una moglie ebbe tagliata la mammella a’ 16 giugno; poi uccisole il marito, le posero in bocca il membro genitale del cadavere”. ( 6 )

Ma ecco che la violenza contro gli sbirri, col venir meno del potere borbonico diventa violenza tout court perché “chi odiava uno, a incontrarlo gridava sbirro, ed eccolo sbranato; …s’assassinava per vendetta, per piacere, per un nulla. …Così ogni dì cadaveri nuovi per le vie; sol dentro Palermo più che sessanta furono conci”. ( 7 )

E fuori Palermo? Scrive ancora il De Sivo: “Nella stessa provincia palermitana non meno orribili delitti”. ( 8 )

Esistono dei documenti che confermano quanto scritto dallo storico sopracitato almeno per quanto riguarda il clima di violenza se non i fatti specifici . ( 9 )

Differiva Bagheria dal resto dei paesi vicini?

Vediamo. I delitti avvenuti a ridosso della fallita rivolta della Gancia che, a Bagheria, ebbe uno strascico sanguinoso chiusosi col fatto di torre Ferrante, non lasciarono gli animi sedati.
Sia Nicola Previteri che Francesco Michele Stabile citano il proclama del colonnello Fuxa ( Vincenzo e non Francesco come i due autori riportano ) in cui egli ritiene di dovere accennare alla necessità di eliminare gli odi privati. ( 10).

Il Fuxa, il 22 maggio, lo stesso giorno di quel proclama ai bagheresi, era stato inviato a Bagheria da Garibaldi ad arruolare uomini da condurre al campo di Gibilrossa.

I bagheresi a Gibilrossa ci andarono ma, quanto all’incitamento a lasciar stare gli odi, non lo seguirono e il successivo mese di giugno Bagheria potè assistere ad una vera e propria mattanza con un totale di 14 morti ammazzati e lo sterminio di una intera famiglia.

Diamo la parola a Nicola Previteri: “…I fatti e i personaggi: …Rosario Agnello, un ottantenne uscito a suo tempo dal ruolo dei rondieri…suo figlio Giuseppe…pastaro…la figlia Grazia aveva accettato di unirsi in matrimonio con Pietro Salomone a suo tempo arruolato nella compagnia d’armi. …

Da lui aveva avuto tre figli, Vincenzo, Rosario e Carlo, il primo arruolato nella compagnia d’armi, il secondo campagnolo e il terzo, contando appena 16 anni, badava saltuariamente alla proprietà
paterna. …

All’inizio del moto popolare del 5 aprile fu proprio Pietro Salomone a pagare con la vita per cui suo suocero, Rosario Agnello, …unitosi a sua figlia Grazia ed al nipote Carlo si rifugiarono nelle campagne di Serradifalco. …

Ma, il 4 giugno, …alle sei del mattino, nei pressi della “Santa Croce”, collocata a Bagheria bassa nel 1840 dal cardinale Pignatelli a dispensare generose indulgenze…in un’unica azione, caddero Vincenzo e Rosario Salomone col loro parente Giuseppe Agnello. …

altQuello stesso giorno…nelle campagne…veniva scovato e assassinato il vecchio Rosario Agnello, mentre, ancora assetata di sangue la vendetta cercava di chiudere il cerchio ricercando attivamente Carlo e sua madre.

Scovò il primo l’undici giugno e la seconda, ormai distrutta dal dolore, il successivo 14". ( 11 )

Ecco il giudizio che su quella violenza troviamo in un articolo scritto da Palermo il 17 luglio e pubblicato in un giornale dell’epoca: “Carini…accaddero disordini in quella città e la guardia nazionale mobile è partita per reprimerli. Lo stesso è avvenuto a Bagheria. Le cause di siffatte perturbazioni sono frivolissime”.
( 12 ).

Francesco Michele Stabile elenca i morti ammazzati aggiungendo i due del 6 maggio e riportando gli altri tre delitti che si verificarono da lì alla fine dell’anno ; ( 13 ) ma, all’inizio di luglio, Bagheria dovette assistere ad un assassinio, un quarto, che possiamo definire eccellente ed al quale, in verità, Nicola Previteri dedica un intero capitolo del suo libro. ( 14 )

A morire è il maggiore Luigi Bavin Pugliesi, vero eroe bagherese dell’epopea garibaldina. Vedremo come all’origine di quel delitto non ci fosse nulla di frivolo.

Note.
1-Della rivolta di Alcara Li Fusi ha scritto Vincenzo Consolo nel suo Il sorriso dell’ignoto marinaio . Di Bronte ha scritto Leonardo Sciascia nel saggio Verga e la libertà ( ora nell’antologia La corda pazza ). Anche il cinema si è occupato dei fatti di Bronte con Florestano Vancini e il suo Bronte cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato.
2-Giulio Adamoli, Da San Martino a Mentana: ricordi di un volontario, Fratelli Treves Editori, Milano 1892, pp. 110-111. www.fondazionefeltrinelli.it/feltrinelli.../cms.view?
3-Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno, Noterelle di uno dei Mille, p. 50. www.liberliber.it/.../a/abba/da_quarto_al_volturno/pdf/da_qua-p.pdf
4-Giulio Adamoli, op. cit., pp. 111-112.
5-La rivoluzione siciliana raccontata da un testimone oculare, Stabilimento Tipografico delle Belle Arti, Napoli 1860, p. 36. books.google.c /La_rivoluzione_siciliana_raccontata-da_u.htm…
6-Giacinto De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, vol. 2°, Trieste 1868, pp. 77-78. books.google.com/…/Storia_delle_Due_Sicilie_dal_1847_al_186.ht… 7-Ivi, p. 78.
8-Ibidem.
9-Il Comitato Rivoluzionario di Termini Imerese nasce il 17 maggio del 1860. Leggiamo dalla Deliberazione del giorno successivo, cioè dalla sua prima deliberazione, che esso “garantirà l’ordine pubblico. Pertanto niuno attenterà la vita e la proprietà dei cittadini. …Qualunque attentato sarebbe punito con quelle correzioni che l’impero delle circostanze esigerà”. ( Rapidi cenni e documenti storici della rivoluzione del 1860 riguardanti la città di Termini estratti dagli atti di quel comitato distrettuale dei signori A.B .e
M.S., Dalla Stamperia di G.B. Lorsnaider, Palermo 1861, pp. 11-12, books.google.com/…/Rapidi_cenni_ e_documenti_storici_della_r.htm… ). Giuseppe La Masa, in un proclama dell’11 giugno, da Misilmeri, scrive di essere stato inviato da Garibaldi “nell’interno dell’isola per compiere…l’avviamento morale del popolo” e colpire “i pochi che, traendo profitto dai momenti straordinari…turbar tentano l’ordine pubblico con private vendette o simili orrori”. ( Giuseppe La Masa, Alcuni fatti e documenti della Rivolu-
zione dell’Italia Meridionale del 1860 riguardanti i siciliani e La Masa , Tipografia Scolastica-Sebastiano Franco e figli- Torino 1861, pp. 178-, books.google.com/…/Alcuni fatti_e_documenti_della-Rivoluzio.
htm )
10-Nicola Previteri, Verso l’unità. Gli ultimi sindaci borbonici di Bagheria, Assessorato ai Beni Culturali del Comune di Bagheria, Bagheria 2001, p. 276; Francesco Michele Stabile, La parrocchia della Bagaria dallo spazio del principe al patronato municipale ( 1708-1858 ), in Le acque del Salvatore nel villaggio di delizie della Bagaria, a cura di Rosario Scaduto e Francesco Michele Stabile, Provincia Regionale di Palermo, Palermo 2009, p. 71; Il proclama di Vincenzo Fuxa ai bagheresi si può trovare in L’insurrezione
siciliana (aprile 1860) e la spedizione di Garibaldi, redatta per cura di L.E.T., Tipografia Fratelli Borroni, Milano 1860, 196 books.google…/L_Insurrezione_siciliana_aprile_1860_e_l.html…
11-Nicola Previteri, op. cit., pp. 281-282.
12-La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli nei proclami nelle corrispondenze nei diari e nelle illustrazioni del tempo a cura di Mario Menghini, Società Tipografico-Editrice Nazionale, Torino 1907, p. 175, openlibrary.org/ia/laspedizionegariOOmenguoft
13-Francesco Michele Stabile, op. cit., p. 70.
14-Nicola Previteri, op. cit., pp. 285-287.

Marzo 2013 Biagio Napoli

 


 

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