Guttuso e le poco apprezzate archeologie industriali di Bagheria- di Ezio Pagano

Guttuso e le poco apprezzate archeologie industriali di Bagheria- di Ezio Pagano

cultura
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Presto saranno esposti a Bagheria un ciclo di opere realizzate da Nino Rizzo, c’è anche un omaggio a Renato Guttuso.

Se guardo il disegno di copertina non posso fare a meno di pensare alla commemorazione di Guttuso, quando l’amico Enrico Crispolti a proposito della cerimonia davanti al mausoleo mi disse: Ci vediamo alla “saponetta”, precisando che la prima impressione percepita era stata quella di un cofanetto da saponetta! Ovviamente nel suo intervento Enrico, rispettoso com’era, no ne parlò in questi termini.
A parte questo aneddoto, l’autore del disegno che illustra questo articolo è Nino Rizzo, fondatore della casa museo “Oasi blu” di Bagheria.
Si tratta di un disegno dove sono rappresentato anch’io, ascrivibile a metà tra una caricatura e una vignetta, per questo da guardare con occhi predisposti all’irriverenza.
Non è la prima volta che vengo preso di mira, a partire dalla grande vignettista spagnola, Ismael Rumbel, a Momò Calascibetta e ora a Nino Rizzo.

Provo a leggere il disegno: è un monito alla responsabilità, rappresenta il sarcofago di Guttuso con me in atteggiamento di chi l’ha appena aperto e si trova davanti il Maestro che dipinge un trompe-l’oeil sui silos della Sicilcalce; un chiaro messaggio a chi non ha sufficiente sensibilità per capire che le archeologie industriali vanno salvaguardate, soprattutto quando sono interessanti come questa. Allora cosa fa Guttuso? dipinge sui vecchi silos, speranzoso che con questa operazione i motivi per salvaguardarli vengano meglio recepiti. Ovviamente Renato ha scelto come modella l’amata Marta e come ai tempi dei Faraoni si è portato quello che gli era più caro nella tomba, compresa la sua Bagheria col simbolico paniere colmo di limoni verdelli.
L’autore del disegno non ha lasciato tanto spazio alla libera interpretazione, tant’è che egli stesso si prodiga a descriverlo: “… Un uomo stanco di conviverci si alza dalla tomba e dà una seconda vita a quel che resta della Sicilcalce”.

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