Politica


Conosciamo già l'obiezione: è certo più facile trovare le spiegazioni di un evento dopo il risultato, piuttosto che fare prima una previsione. Così succede sia per una partita di calcio che per un evento politico. Prima c'è la cautela e si va con i piedi di piombo nel timore di sbagliare, a meno di non essere tifosi di parte.
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Ad urne ancora chiuse possiamo fare qualche considerazione sul voto che prescinde dal nome del vincitore del ballottaggio e quindi futuro sindaco di Bagheria.

La prima osservazione riguarda la legge elettorale: la legge era nota a tutti, e anche a voler prendere per buone alcune delle argomentazioni delle formazioni più piccole che allora votarono contro, rimane il fatto che la legge fosse ben nota e in vigore, e che sarebbe stato saggio tenere in considerazione.

Non averne di fatto tenuto conto ha provocato la morìa di ben undici liste e il paradosso di circa 10.000 elettori che non avranno una rappresentanza diretta in consiglio.

Questa non è responsabilità della legge, che ha una sua "ratio", a mio avviso, assolutamente condivisibile, ma di quelle forze politiche che pur sapendo di questa spada di Damocle sul collo, hanno preferito rischiare, ed i risultati si sono visti.

Liste raccogliticcie, con candidature evanescenti e senza un minimo di radicamento nel territorio, non potevano che portare ai risultati che si sono visti.

Certo è comprensibile il rammarico di quelli che per una mancata di voti non hanno superato l'asticella del "quorum".

Ma tutti la prossima volta staranno senz'altro più accorti.

La legge voleva impedire, come di fatto ha impedito, che quattro amici al bar o un gruppo di famiglie, o una proposta politica velleitaria e poco incidente nel territorio, potessero fare eleggere il proprio consigliere, pronto a fare, così come sinora è stato, il "Ghino di Tacco" in consiglio comunale.

Imporre cioè un "pedaggio", anche politico s'intende, al sindaco e all'amministrazione attiva, facendo il cecchino e ostacolandone l'azione di governo.

L'aberrazione di questo sistema si è raggiunta a Bagheria dove c'erano in consiglio 14 (quattordici) gruppi consiliari, qualcuno formato da un solo consigliere, ognuno con suo capogruppo: si arrivava all'assurdo che un consigliere era capogruppo di se stesso.

Ogni lunedì i capigruppo in quella che pomposamente viene definita nel regolamento l'"Assemblea dei presidenti dei gruppi consiliari", davano vita nella stanza del Presidente del consiglio ad una sorta di consiglio comunale ridotto; in realtà, ci si perdoni il termine, una sorta di interminabile bivacco, con gente che entrava e che usciva, che telefonava, che si allontanava e se lo credeva utile ritornava, ed in cui l'unica regola che veniva rispettata era quella sacramentale e canonica del gettone di presenza.

Ora c'è da sperare che le riunioni dei capigruppo, almeno così si spera, siano delle proficue discussioni brevi e utili a formare l'ordine del giorno così come il regolamento prevede. In ogni caso si realizzerà un risparmio sulle dissestate finanze comunali.

Seconda osservazione: Da quando esiste l'elezione diretta del sindaco , e cioè da noi nel 1995, nessun sindaco a Bagheria è stato mai rieletto, contrariamente a quanto è avvenuto nei comuni vicini, dove tutti i primi cittadini hanno sempre completato i due mandati.

Salvatore Scaletta ad Altavilla Milicia, Pietro Sanfilippo a Santa Flavia, Giovanni Di Giacinto a Casteldaccia e Giuseppe Cannizzaro a Ficarazzi.

Noi abbiamo una nostra idea ragionata sul perché questo avvenga, ma la svilupperemo più avanti.

Terzo punto: la campagna elettorale.

E' stata la campagna elettorale che più delle precedenti hanno visto una presenza dei media, una varietà di iniziative, una presenza di leaders politici regionali e nazionali come mai era accaduto a Bagheria.

I candidati hanno avuto la possibilità molto più che nelle precedenti occasioni di essere presenti nei media, giornali, televisioni, siti online, non solo, ma di far conoscere i loro programmi attraverso un numero elevatissimo di incontri, assemblee, comizi, convention, ecc...

C'è stato per chi lo avesse voluto, e non era pregiudizialmente schierato, la possibilità di conoscere uomini e programmi, un confronto democratico.

Certo i fenomeni degenerativi e gli eccessi di corruttela, così come in tutte le campagna e elettorali ci sono stati: i sacchetti della spesa, i buoni di benzina, la "cinquanta" o la "cento" euro, i cantieri di lavoro e i contributi ai bisognosi "last minute", (di cui la legge peraltro fa divieto che possano essere erogati a meno di sessanta giorni dal voto), gli "aperitivi rinforzati" che hanno sostituito le tradizionali "mangiate", ma anche stavolta come altre, chi ha scelto questa strada non ha avuto la garanzia dell'elezione, e la gran parte di chi ha scelto questi sistemi è rimasta al palo.

Certo più efficaci saranno state senz'altro le promesse di cui entrambi i candidati al ballottaggio sono stati particolarmente generosi: assessori, cariche, incarichi e consulenze, e chi più ne ha più ne metta.
Ma l'importante è che prima di onorare le cambiali con grandi e piccoli elettori, onorino, e chiunque esso sia, gli impegni presi con la città.

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