Sulla decisione della Curia di negare in Cattedrale la cresima al nipote di Graviano di - F.Stabile

Sulla decisione della Curia di negare in Cattedrale la cresima al nipote di Graviano di - F.Stabile

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Pubblichiamo il contributo di Padre Francesco Michele Stabile sulla vicenda della Cresima negata in Cattedrale ad un parente dei Graviano è pubblicato sulla Repubblica edizione di Palermo nel numero in edicola ieri 25 novembre.

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Il confronto di opinioni sul divieto della Curia palermitana di celebrare in cattedrale il sacramento della Cresima del figlio di Giuseppe Graviano, mandante della uccisione di don Pino Puglisi, è divenuto occasione di una riflessione che coinvolge la Comunità ecclesiale, ma anche la società civile. Ho apprezzato tutti gli interventi, perché esprimono aspetti diversi di possibili comportamenti da parte della chiesa.

Tante volte abbiamo chiesto una riflessione comunitaria per elaborare una linea pastorale verso i mafiosi per una conversione di fede. Sono consapevole delle difficoltò e delle sensibilità diverse. Abbiamo fatto una esperienza di queste difficoltà quando scoppiò il caso Aglieri che aveva un altare dove alcuni preti andavano a celebrare messa. E non credo che fosse una modalità accettabile di annunzio del vangelo.

Ora questo intervento della Curia apre una nuova discussione che ritengo preziosa. L’arcivescovo ha voluto prevenire altre polemiche dopo il caso della processione a Ballarò o dei funerali al boss della Zisa dove era coinvolta una congregazione.

Al di là della motivazione della Curia per giustificare questo divieto su cui si sono appuntate riserve e critiche cioè la presenza in cattedrale della tomba del beato Puglisi, a me pare rilevante che possa servire a uscire da un certo letargo della coscienza religiosa che in questi ultimi tempi è sembrata distratta sul fronte dalla mafia. Il motivo per cui ho dichiarato di essere favorevole a questo intervento della Curia è che non possiamo far finta che non sia successo niente come se il martirio di Puglisi fosse già archiviato con il giro di una reliquia per le parrocchie della diocesi.

Non dobbiamo dimenticare infatti che ci sono stati lunghi periodi di silenzio della chiesa sulla realtà mafiosa, che sono stati amministrati sacramenti, e continuiamo ad amministrare sacramenti, per pura tradizione senza chiedere una vera adesione di fede a Gesù Cristo e al suo vangelo. Il silenzio in questo caso avrebbe lasciato che tutto andasse come sempre è andato e cioè che ognuno nella chiesa ci sta a modo suo.

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Non sono giudice dell’itinerario di preparazione che i ragazzi che dovevano ricevere la Cresima in cattedrale hanno fatto. Certo la Cresima è per un battezzato una scelta di campo, una testimonianza del vangelo come quella che ha portato Puglisi a non tirarsi indietro di fronte alla violenza mafiosa. Nel caso del ragazzo figlio di un boss mafioso e mandante della morte di Puglisi non sarebbe stato opportuno verificare se il ricevere la Cresima era accompagnato da una adesione piena al vangelo di Cristo che Puglisi predicava, da una presa di distanza esplicita dal mondo mafioso?

Vero è che i figli non devono pagare gli errori dei padri, ma questo figlio non gode di privilegi economici, scuola di livello, che altri ragazzi non possono permettersi, perché figlio di chi ha fatto soldi in modo discutibile?

Sono anch’io d’accordo che ci vuole misericordia e accoglienza, ma non si sarebbe risolto subito il problema se la famiglia e il ragazzo, conoscendo la motivazione della Curia, avessero posto un gesto, una parola di riconoscimento del martirio di Puglisi per mano di mafia e così iniziare un cammino di vera riconciliazione?

Padre Francesco Michele Stabile

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