Non sono razzista ma…- di Movimento Senza Potere

Non sono razzista ma…- di Movimento Senza Potere

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Viviamo ormai da quasi un decennio nell’era dei social, tanto che a pensarci, sembra lontanissimo il tempo in cui utilizzavamo la connessione internet per qualcosa che non fosse la pubblicazione della foto del primo che ci apprestiamo a mangiare, o per dire la nostra sulla presunta inutilità dei vaccini con la preparazione medica di un distratto lettore di bugiardini.

Oggi, o forse da molto tempo a questa parte, quella piazza virtuale - che prima era riconoscibile proprio per definizione (un luogo dove il reale appena vissuto viene condiviso) – sta pericolosamente strabordando. Non è più il social a registrare quel reale, ma è esso stesso a crearne uno ad hoc. Spesso ridisegnando eventi, gravi o meno, realmente avvenuti.

E allora se un fatto appena verificatosi - che ha una risonanza nazionale - non corrisponde al “sentire comune”, quel fatto viene fagocitato dai social, analizzato con la stessa meticolosità che si dedica alla preparazione di un soffritto, e reinterpretato per essere reimmesso in rete.

Più o meno è quello che è successo dopo l’aggressione di venerdì sera a Bagheria ai danni di un immigrato nigeriano preso a colpi di crick da un venticinquenne bagherese. Intendiamoci, in rete c’è chi si è indignato profondamente, ma c’è chi si è appellato al dubbio arroccandosi su un garantismo esasperato, ridicolo e spesso insensato. Il più delle volte quel garantismo ha una premessa che lo identifica come un marchio: “non sono razzista ma…”
Non sono razzista ma... questi ragazzi di colore ti chiedono la carità in chiesa disturbandoti.
Non sono razzista ma... gli italiani perdono il lavoro e questi immigrati vengono ospitati nei nostri alberghi.

Non sono razzista ma... è diventata una premessa che ormai ha anestetizzato il senso critico di chi la usa pensando di averne uno. Di fatto viene delegata all’emotività generale, al malcontento diffuso spesso legato alla polemica politica, la lucida lettura delle vicende. Di conseguenza non viene più letto il reale per quello che è, ma ne viene data un’interpretazione adulterata e approssimativa che potremmo chiamare virtuale comodo. Non è utile dire la realtà, ovvero che un nigeriano è stato picchiato da un italiano? Allora il social filtra e reinterpreta provando a instillare il dubbio che forse il nigeriano chiedeva soldi, che importunava qualcuna (il virtuale comodo), che faceva qualsiasi cosa che non fosse quella di stare tranquillamente a passare un normale venerdì sera come chiunque altro.

In tutto questo si perde di vista la cosa più ovvia e immediata, quella che dovrebbe ristabilire lo spirito critico e quella umanità ormai perduta: un’aggressione (…come riportato da alcune testate giornalistiche) che ha visto un ragazzo picchiare un altro ragazzo con un crick (un crick!). Un’aggressione che si è verificata nel mondo reale, quello dove non ci sono i like, quello dove si cammina, si respira, si mangia, si muore.

Movimento Senza Potere
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