Gli insegnamenti da trarre da una brutta vicenda

Gli insegnamenti da trarre da una brutta vicenda

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Ex malo bonus, come si diceva, un tempo.
Anche da storie storte può venir fuori qualcosa di positivo. E sono gli insegnamenti che, malgrado tutto, contiene la vicenda intitolazione stadio-Alfano che conviene valorizzare.

La classe politica, sia di governo che di opposizione,
dovrebbe fare tesoro degli accadimenti di questi giorni, e darsi dei riferimenti, delle stelle polari di comportamento cui non derogare mai e in nessuna circostanza, se si vuole continuare a coltivare l’ambizione di guidare una comunità articolata, complessa e ricca di fermenti, che vive però una serie di problemi e di contraddizioni.

La prima cosa che chi ci governa dovrebbe avere ben presente , e che ci ripetiamo retoricamente tutti i giorni e ad ogni piè sospinto, è semplice ed elementare.

Bagheria non è né Roccacannuccia nè Carrapipi , con rispetto parlando.
Bagheria è un medio centro di quasi sessantamila abitanti, capoluogo volendo di una realtà territoriale di quasi centomila abiatnti.
In qualsiasi momento Bagheria nel bene e nel male può nel giro di qualche minuto e per qualche ora o qualche giorno essere coinvolta in eventi straordinariamente positivi o tragicamente negativi.

Bagheria e chi la dirige, deve essere in grado di mostrare in queste circostanze il meglio di sé , di dare risposte mature ed autorevoli, di non balbettare su temi decisivi e importanti, allorchè per motivi tra i più diversi l’attenzione dell’intera nazione si concentra su di noi: e non da ora.

Potremmo citare almeno una ventina di queste situazioni e circostanze: dal conferimento della cittadinanza onoraria a Renato Guttuso, ai suoi funerali che nel 1987 furono un vero evento mediatico, che coinvolse l’intera nazione, alla tristemente famosa “strage di Natale”, dal grido di allarme della Chiesa "Basta con i politici ai funerali dei mafiosi" alle grandi mostre su Renato Guttuso, dai momenti drammatici e terribili del 1982 legate alle stragi del" triangolo della morte",( una ventina di omicidi in poco meno di tre mesi nel triangolo Bagheria-Casteldaccia-Ficarazzi) alla grande gioia popolare per l’Oscar assegnato a Peppuccio Tornatore, da una grande vittoria sportiva come quelle che ci regala e ci potrà regalare nel futuro Anna Incerti, agli appelli dei presbiteri di Bagheria delle scorse settimane" La mafia è contro il messaggio evangelico" ( e che sta trovando, sia detto per inciso, molta più attenzione in Sicilia e in Italia che non a Bagheria) dalle fiction tv delle vicende di Michelangelo Aiello, al conferimento della cittadinanza onoraria all’Oscar della musica Ennio Morricone, dalle polemiche che un libro della Maraini come “Bagheria” ha sollevato, allorchè fu pubblicato nel 1992, alla grande mostra fotografica di Ferdinando Scianna “Quelli di Bagheria”.

Per finire con l’ultima “stecca” del consiglio comunale, vale a dire l’intitolazione dello stadio a Pasquale Alfano, peraltro uno stadio malmesso e fatiscente che sarebbe meglio demolire e trasformare in grande piazza e andarne a costruire uno più decoroso e secondo le concezioni moderne, da qualche altra parte.

Sono decine e decine insomma le occasioni che possono portare Bagheria al centro delle attenzioni dei “media”: bisogna capire, pertanto, una volta per tutte che in questi momenti o terribili o stupendi, Bagheria deve di mostrare di avere una classe dirigente che di fronte alle platee nazionali ci rappresenti degnamente.

Non dovrà più esistere un sindaco, che nel 1982, con i morti ammazzati davanti al Municipio di Bagheria dichiara all’inviato del “Times” di Londra che “mafia a Bagheria non c’è n’è, tant’è che i morti sparati davanti al Municipio erano di Casteldaccia”, o giocare con l’ipocrisia delle parole continuando, così come faceva la classe di governo democristiana degli anni ’70 e ‘80 a definire pudicamente , “cosa nostra” come “criminalità organizzata”.

La seconda è che dobbiamo, anche se ci infastidisce , ci sconcerta, ci umilia e ci addolora, abituarci a convivere con quel (pre)giudizio che pende sempre sui siciliani e su noi in particolare: di essere cioè considerati in qualche modo “figli di un dio minore”, come se fossimo dei pregiudicati che ogni volta che vengono fermati dalla polizia , debbono dimostrare di non essere li per li per compiere un delitto.

Purtroppo Bagheria e gli eventi recenti lo confermano continua ad essere una roccaforte della mafia,
in cui si elaborano strategie e delitti; e se è anche vero che il rapporto tra mafia e politica si è allentato se non proprio interrotto, pur tuttavia continuano a verificarsi e ne abbiamo dato conto in un altro articolo, fatti che non dovrebbero assolutamente accadere, perché il prezzo dei pregiudizi e degli errori o della inadeguata rappresentanza della classe politica, alla fine lo paga anche la comunità delle persone perbene

La terza lezione: la storia del proprio paese bisogna conoscerla, e saperla leggere e interpretare, in particolare chi attende alla poltica, anche se si è giovani o molto giovani: pensate un po’ se Obama, il nuovo presidente degli U.S.A., di fronte ad una domanda sull’aggressione in Vietnam di 40 anni fa o sul blocco militare di Cuba di 50 anni fa rispondesse: “ Ma cosa volete, io allora non ero neanche nato”.

Il Vietnam e i suoi orrori, Cuba e l’invasione della Baia dei Porci, fanno parte della storia ( anche ingloriosa) del popolo americano e chi governa quel paese alla bisogna se ne fa carico e ne risponde, anche fra cento anni.

Per questo nella nostra piccola storia,
non possono essere annegate nell’oblio, vicende molto più recenti la cui sottovalutazione rischia di offuscare la limpidezza di un percorso, che con tanta fatica la politica sta cercando di portare avanti, e che talora abbiamo criticato perché si nutre in certi casi purtroppo solo di giaculatorie e buone intenzioni.
Infine un ragionamento su sindaco, partiti e consiglieri.
Abbiamo spesso criticato l’approssimazione e la smania di protagonismo di Biagio Sciortino, quel volere essere sempre sotto le luci dei riflettori, ma stavolta gli diamo atto di avere, con un fermo colpo alla barra del timone raddrizzato tempestivamente con le parole e i passi opportuni una situazione grottesca e imbarazzante per l’intera comunità dei bagheresi.

E’ stato tra i primi ad intuire la ricaduta negativa che, sull’immagine di Bagheria e del consiglio rischiava di avere quel voto, e ad agire di conseguenza.

Apprezzabile anche lo sforzo e il coraggio dei partiti e dei consiglieri per una correzione in corso d’opera: credo che vada ascritto a loro merito l’avere mostrato pubblicamente l’umiltà e la mortificazione derivante dal doversi rimangiare una decisione presa.
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