Piscina in Zona Agricola. Silenzio assenso e tutela paesaggistica- di Antonino Cannizzo

Piscina in Zona Agricola. Silenzio assenso e tutela paesaggistica- di Antonino Cannizzo

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Le zone E sono le parti del territorio comunale destinate prevalentemente ad usi agricoli.

Non vi è dubbio che fino agli anni ’70 la loro individuazione all’interno degli strumenti urbanistici era legata, prevalentemente, all’utilizzo del suolo, al fine di consentire la coltivazione dei terreni. Dopo il “boom edilizio”, invece, le zone agricole iniziano ad essere considerate “vuoti necessari, o corridoi naturali tra zone edificabili con il fine di garantire quindi un equilibrio tra questi e i pieni edilizi.”

Occorre domandarsi, alla luce di quanto affermato, se in tali zone si possano realizzare anche delle opere non strettamente funzionali all’attività agricola quali, ad esempio, le piscine interrate.
Il Tar Palermo, con la sentenza n. 433 del 2019, ha affermato che una piscina costituisce, in generale, opera pertinenziale che non implica, per le sue caratteriste, il consumo dei suoli. 
Inoltre, anche da un punto di vista urbanistico, la realizzazione di piscine interrate in zona agricola è conforme alla disciplina di piano.
In tal senso, la giurisprudenza amministrativa riconosce pacificamente l’assentibilità della piscina realizzata in zona agricola, in quanto opera pertinenziale rispetto ad edificio residenziale. Ciò finanche in sede di sanatoria, il che a fortiori induce a ritenere legittima la sua realizzazione in sede di rilascio del titolo abilitativo (cfr. Tar Puglia sent. 931/2018).
Secondo il Tar Napoli, invece, la piscina è una struttura edilizia che trasforma permanentemente il sito di relativa ubicazione mediante il previo sbancamento, e, poi, la costruzione della vasca e non è qualificabile come pertinenza ma al contrario, è una nuova costruzione necessitante, appunto, del permesso di costruire (Tar Napoli sent. 527/2021).
La giurisprudenza amministrativa è pacificamente orientata nel definire la nozione di “pertinenza urbanistica” in senso più ristretto rispetto a quella civilistica (art. 817 c.c.).
Infatti, la qualifica di “pertinenza urbanistica” è applicabile solo ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, ma non anche ad opere che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera principale e non siano coessenziali alla stessa, tali , cioè, che non ne risulti possibile una diversa destinazione economica.
Invero, la pertinenza urbanistico - edilizia è configurabile allorquando sussiste un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce (ex multis, Cons. St., sez. VI, 13 gennaio 2020; id., sez. II, 22 luglio 2019 n. 5130).
Chiariti i profili urbanistici, occorre soffermarsi su quelli paesaggistici.
In merito a questi ultimi profili, nella sentenza in commento, il Tar Palermo ha affermato che la Soprintendenza, in riferimento alle opere da realizzare, può esercitare le sue prerogative solo ed esclusivamente con riferimento agli aspetti paesaggistici.
Va infatti rammentato che “la tutela paesaggistica, siccome garantita dall'art. 9 della Costituzione, si giustifica non per il dato fisico in sé, ma per i valori estetico-culturali di cui esso è portatore” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sentenza n. 150/2015).
Dunque, i poteri volti all’accertamento della compatibilità urbanistica e paesaggistica di un’opera, ancorché incidenti sul medesimo ambito territoriale, appartengono ad autorità diverse e soprattutto sono funzionali alla cura di interessi diversi (il primo all’ordinato governo del territorio, il secondo alla tutela della identità estetico-culturale dei siti).
Come già costantemente evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, un esercizio del potere paesaggistico avente contenuti unicamente urbanistici appare in contrasto con le finalità per cui il potere stesso è attribuito dalla legge all’amministrazione, in quanto si opera una sovrapposizione non consentita fra profilo paesaggistico e profilo urbanistico, di competenza di altre autorità.
In altre parole, la Soprintendenza non può escludere la realizzabilità di una piscina in zona agricola, e nel contempo richiedere lo spostamento della stessa in altra zona, senza fornire alcuna motivazione di natura estetica e paesaggistica; in tale circostanza, esprimerebbe delle valutazioni di natura urbanistica non attribuite dalla legge.

Avv. Antonino Cannizzo
Via B. Mattarella n. 58 – Bagheria
Cell. 333.3548759
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