In ricordo dell’avvocato Pippo Zelfino due anni dopo- di Salvatore Fricano

In ricordo dell’avvocato Pippo Zelfino due anni dopo- di Salvatore Fricano

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In questo sito era stato cortesemente pubblicato un articolo in ricordo dell’avv. Pippo Zelfino. Era il 17 maggio 2019: https://www.bagherianews.com/attualita/20904-in-ricordo-dell-avv-pippo-zelfino-di-salvatore-fricano.html.

Avevamo raccolto molte firme per poter intitolare una piazzetta a questo bagherese illustre. Sono passati quasi due anni dalla raccolta delle firme! Scriviamo adesso rammaricati del fatto che ancora la nostra richiesta non ha avuto un riscontro positivo. 

Un iter che sembrava lineare, con le aspettative di tanti della comunità bagherese. Ricordiamo, fra gli altri, i più conosciuti e ‘iconici’:
• Il profondo e serafico don Francesco Maria Stabile, maestro anche di convivenza civile,
• L’energico padre e prof. Salvatore Lo Bue, attuale cappellano della chiesetta di Villa Palagonia,
• Il vulcanico e multitasking Biagio Sciortino, nonché ex-sindaco,
• Il navigato prof. Masino Di Salvo, intenditore di cinema e presepi,
• Il signorile ma fumantino ing. Giuseppe Tedesco, fratello di Natale, noto studioso di Letteratura.

Ricordiamo anche Ferdinando Scianna, che ha fotografato l’avvocato in modo splendido, nel pieno della sua armoniosa signorilità (foto che potete trovare nel volume ‘Quelli di Bagheria’) e che peraltro compare come copertina di questo articolo.
Padre Lo Bue e i fratelli Tedesco inoltre sono stati abitatori pro-tempore di Villa Palagonia, luogo di riferimento per le attività di servizio civico e religioso del nostro avvocato. E seguono tanti altri che avevano apposto la firma e comunicato gli estremi del documento di riconoscimento, in fiduciosa attesa di una risposta positiva e in tempi celeri.
In realtà abbiamo atteso invano una risposta. Abbiamo raccolto, certo, impegni di assessori (alle politiche sociali, etc) e di segretari comunali, propositi, bozze di delibere, passaggi di consegna, un bel po’ di ‘poi vedremo’, ‘si, sentiamoci’, ‘incontriamoci a Palazzo Butera’, che, dopo un iniziale ingenuo entusiasmo di condivisione della causa, hanno gettato nello sconforto chi scrive.
Esco quindi dal riserbo che dovrebbe appartenere a chi normalmente è rispettoso delle istituzioni tutte, dato che le intende costruite solo per migliorare e orientare la comunità verso orizzonti alti. Il mio grido è direttamente proporzionale al nulla di fatto che si è raccolto.
All’ennesimo ‘ci sentiamo sabato’ (inteso come sabato scorso, 20 febbraio) a seguito di una mia molto discreta telefonata, come da accordi, il sindaco in carica mi risponde: ‘ti richiamo io’. Provate a indovinare, mi ha richiamato? Ovviamente no.
Allora basta! Mi tocca prendere il notebook e battere rabbiosamente sui tasti l’impotenza dinnanzi a questa incompetenza, per me comune cittadino, indecifrabile. Fossimo stati in altri tempi, avrei utilizzato penna d’oca, diverse carte stropicciate per la rabbia e inchiostro rosso sangue, ma i tempi sbiaditi in cui viviamo mi impongono l’asetticità del computer… E’ quasi una violenza che mi auto impongo perché penso che la mia inclinazione fondamentalmente non attizza i fuochi, semmai li spegne. Ma la misura è colma!
Nonostante le migliori intenzioni profuse da Pina Provino, consigliere comunale, che aveva preso a cuore la causa e proposto in varie occasioni interventi per far muovere l’iter dell’intitolazione, non abbiamo ottenuto nessun risultato. Ringrazio qui Pina. Penso che ci accomuni il senso di frustrazione dinnanzi ai misteri dell’amministrazione.
Prima di far emergere questo sfogo avevo pensato l’ennesima soluzione soft. Chiamare un mio caro parente che ha rapporti amicali con il sindaco per perorare la causa. Ma poi mi sono detto: perché devo farlo? Questa umiliazione non può continuare. Deve trovare uno snodo chiaro, in ogni caso. Non stiamo chiedendo la luna. Abbiamo chiesto semplicemente di rispettare la memoria di un cittadino ammirato e vantato in vita e, prima che il tempo dissolva ogni cosa, di rinominare una piazzetta in suo nome.
Chi scrive non è, non lo è stato, e non sarà un questuante che deve bussare alle porte di chicchessia.
Altre intitolazioni, lo sappiamo, hanno avuto un iter più veloce. Chi ha competenza presso l’ufficio toponomastico del Comune lo sa benissimo. Quindi non possiamo addossare la responsabilità alla sola macchina burocratica!
E’ arrivato il momento di alzare la voce per chiedere se l’amministrazione vuole procedere oppure no. Se è NO lo dicano, si assumano la responsabilità e soprattutto spieghino a tutti noi il perché del rifiuto.
Aggiungo che se anche l’amministrazione provvederà ad arrivare alla conclusione, intitolando la piazzetta al compianto avv. Zelfino, guarderò con occhi di ghiaccio e cercherò, con lo sguardo, di trafiggere il cuore di pietra dei notabili. Impresa temeraria, lo so, a rischio fallimento: tanto la pietra è più dura del ghiaccio!
Il nostro intento, mio e dei firmatari, che sono centinaia, è quello di onorare con la memoria un uomo notevole. Che la cara memoria sia l’unica arma disponibile che abbiamo, è noto alle persone sensibili. Conoscete, voi che leggete, altri armi? Io no.
Non volevamo che si rinnovasse lo scempio al quale abbiamo assistito, subito dopo la sua morte, con la diaspora dei suoi amatissimi pastori del presepio. Anzi volevamo ricompensarlo, a nome di tutti, anche dei responsabili di quello scempio, con un atto d’amore. Con una memoria, appunto. Pubblica oltre che privata.
Che sia una memoria pubblica, a questo punto, possiamo dire che non è necessario.
Questo sfogo non è un esercizio di stile, anzi! Le parole escono impastate con la rabbia di chi ha preso consapevolezza che non può fare nulla. Non rivediamo il testo per renderlo più digeribile. Sicuramente ciò può essere possibile, ma non è necessario. Il succo è quanto detto.
Mi sia però permesso rammentare quanto diceva Orazio (cito a memoria, perché non mi do il tempo di verificare):
“Grazie, o Dei, di avermi concesso la possibilità di provare sdegno”.
Cali il sipario, dunque! Quando Dio lo verrà, cofani funebri conterranno i nostri simulacri. Le tombe appartengono a tutti noi. Vogliamo sperare però non nella stessa misura, con buona pace della lezione del principe Totò.
Che l’avvocato Pippo Zelfino continui a riposare nell’eternità.

Salvatore Fricano, cittadino

P.S. Ringraziamo per lo spazio che ci è stato concesso in questo giornale.

Foto di copertina tratta dal libro "Quelli di Bagheria" di Ferdinando Scianna 

 

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