Cronaca

Nella mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 22 provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona, danneggiamento a seguito di incendio.

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Nella mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 22 provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona, danneggiamento a seguito di incendio.

La stragrande maggioranza riguarda persone già detenute. Alcune, però, erano ancora in libertà. Gli arrestati sono oltre che di Bagheria anche di Ficarazzi, Villabate e Altavilla Milicia.

Le indagini, condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo con il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia, hanno evidenziato la soffocante pressione estorsiva esercitata da temutissimi capi mafia che, dal 2003 al 2013, si sono succeduti ai vertici del sodalizio mafioso.

Il personaggio principale dell'indagine, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, è Pietro Giuseppe Flamia, soprannominato il porco. Oggi è detenuto, ma nel 2013, durante un lungo regime di semilibertà, si sarebbe mosso parecchio a Bagheria per gestire il racket delle estorsioni.

È l'anno in cui i boss del mandamento di Bagheria provarono a reagire al blitz che aveva portato in cella una trentina di persone. Un anno frenetico prima della seconda batosta. Nel 2014 una nuova retata dei carabinieri fiaccò le speranza di chi era rimasto fuori. L'indagine su Bagheria e dintorni, però, non era chiusa. Lo conferma il blitz dei carabinieri guidati dal comandante provinciale Giuseppe De Riggi.

Una cinquantina le estorsioni documentate grazie alla dettagliata ricostruzione fornita da 36 imprenditori locali che hanno trovato il coraggio, dopo decenni di silenzio, di ribellarsi al giogo del “pizzo”.

Lo scenario delle “imposizioni” si presenta estremamente ricco e variegato in quanto, se pur particolarmente attento al settore dell’edilizia, incideva su ogni remunerativa attività economica locale, dai negozi di mobili e di abbigliamento, alle attività all’ingrosso di frutta e di pesce, ai bar, alle sale giochi, ai centri scommesse.

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