Assolto l'uomo che, in seguito alla morte della figlia, aggredì un medico bagherese dell'Ospedale 'Cervello'

Assolto l'uomo che, in seguito alla morte della figlia, aggredì un medico bagherese dell'Ospedale 'Cervello'

cronaca
Typography


Un palermitano di 58 anni Paolo Minasola è stato assolto dall'accusa di 'lesioni personali', per aver tentato di strangolare un medico bagherese dell'Ospedale 'Cervello',

la dr.ssa Nenzi Varsellona perchè al momento era 'incapace di intendere  e di volere'

 La dottoressa Varsellona, dirigente medico dell’ospedale dell’Unità operativa di Ginecologia e ostetricia del Cervello, secondo l’uomo, sarebbe stata responsabile della morte della figlia ventenne, affetta da una grave forma di tumore all’utero. Il genitore della giovane si era convinto che il decesso fosse da imputare “alla scarsa capacita di cura del medico che l’aveva seguita nell’ultimo periodo”.

I fatti risalgono al 2011 quando il padre della ventenne decise di riportarla a Palermo da Milano, dove si era sottoposta a una serie di cicli di chemioterapia.

Tre giorni dopo il funerale l’uomo, “affetto da diversi anni da patologie psichiche, disturbi comportamentali e pulsioni emozionali scarsamente controllate", come documentato durante il processo, decise di salire su un taxi, anche perchè cieco, per andare al Cervello e chiedere conto e ragione alla dottoressa del perchè della morte della figlia.

Ma la richiesta di chiarimenti si era trasformata in un’aggressione.

Il 58enne, arrivato al cospetto della dottoressa, si è lasciato "trasportare dagli impulsi emotivi è si è scagliato al suo collo tentando di soffocarla".

Necessario l’intervento del personale sanitario, che ha strappato la donna dalle mani dell’uomo, poi allontanato e fermato dalla polizia. Il successivo processo è iniziato con l’audizione della dottoressa Varsellona, “la quale ha confermato di aver ricevuto le scuse dall’imputato, rinunciando all’azione di risarcimento del danno, rifiutando le scuse pubbliche, raccontando la sua versione dei fatti e chiedendo comunque la punizione del colpevole”.

L’avvocato dell’imputato, Fabio Trombetta, è riuscito a produrre la documentazione sanitaria con la quale ha potuto dimostrare la patologia psicotica del 58enne per la quale si era già sottoposto a diversi trattamenti.

“Ho chiesto - ha spiegato il difensore dell'imputato- una perizia per l’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del reato. Inutile l’opposizione del pubblico ministero, che il giudice ha rifiutato accogliendo la richiesta e nominando un perito per verificare lo stato psichico del 58enne”.

La perizia ha fatto “emergere che lo stato emotivo e di agitazione successivi al decesso della figlia, insieme ai disturbi comportamentali e al mancato controllo delle pulsioni già esistenti da molti anni, portarono - aggiunge l’avvocato - il mio assistito ad aggredire la dottoressa e che pertanto, al momento del fatto, lo stesso non era capace di intendere e di volere ai sensi di legge”.

A due anni e mezzo dall’inizio del processo il giudice ha assolto l’uomo dall’accusa di lesioni personali.