Cronaca

Le indagini dei Carabinieri inerenti l’omicidio di URSO Vincenzo, attinto da colpi di arma da fuoco, esplosi da ignoti nel centro abitato di Altavilla Milicia, nella notte del 24 sul 25 ottobre 2009, continuano senza sosta.

Gli elementi di novità sono rappresentati dall’individuazione di nuovi testimoni, emersi solo in questa fase delle indagini, le cui precise indicazioni in ordine alla ricostruzione della dinamica dei fatti e alla identificazione degli esecutori materiali del delitto, sono ritenute dagli investigatori di primaria importanza.

Le testimonianze raccolte appaiono straordinarie in riferimento ai numerosi reperti raccolti nel corso dell’approfondito sopralluogo scientifico, condotto nell’immediatezza, la stessa notte dell’omicidio, sulla scena del crimine, dai Carabinieri della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale di Palermo.

I reperti sono poi stati inviati presso il R.I.S. Carabinieri di Messina per gli accertamenti di competenza.

Inoltre appaiono determinanti le ultime ore di vita dell’URSO, sulle quali è massima l’attenzione degli investigatori, impegnati in una certosina opera di ricostruzione attraverso le molteplici testimonianze raccolte, incrociate con i numerosi video acquisiti presso i sistemi di video-sorveglianza, relativi ad esercizi commerciali, presenti nella zona.

Infatti è stato acquisito un video che mostra l’arrivo della giovane vittima a casa, luogo ove avrà luogo l’agguato, a bordo della propria autovettura, un SUV di grossa cilindrata. Pochi secondi dopo, di ritorno sulla stessa strada, vengono ritratti i killer, che si allontanano dal luogo del delitto, a bordo di una utilitaria, oggetto di furto qualche giorno prima nella vicina Santa Flavia e ritrovata poche ore dopo l’omicidio, abbandonata, nei pressi del campo sportivo di Altavilla.

 Proprio questo video, inedito sino a qualche giorno fa, e da poche settimane giunto nella disponibilità dei Carabinieri, può rappresentare un elemento di svolta nelle indagini. Attualmente sono al lavoro i militari della Sezione Grafica e Fonica del R.I.S. di Messina, che stanno trattando il video con speciali filtri e programmi di grafica digitale, al fine di esaltare i lineamenti della persona alla guida del veicolo.

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Inoltre, sono al vaglio altre immagini relative a sistemi di video-sorveglianza collocati nei pressi del luogo ove è stata rinvenuta la macchina utilizzata dagli assassini e poi abbandonata: non si esclude che possa essere stato ripreso il veicolo con il quale i killer si sono allontanati.

Proprio la macchina, provento di furto, utilizzata dal commando omicida, rappresenta un ulteriore, significativa pista, che gli investigatori dell’Arma stanno seguendo in questi giorni con determinazione; infatti all’interno della veicolo, il personale del R.I.S. ha rinvenuto reperti strettamente collegati con il delitto, quali i guanti in lattice utilizzati dagli assassini, un mozzicone di sigaretta, nonché un’impronta digitale non riconducibile ai proprietari del mezzo, prova certa che i killer hanno commesso degli errori.

Altro argomento di interesse è rappresentato dall’arma del delitto, una pistola verosimilmente semiautomatica, a tutt’oggi mai individuata. Il sequestro di alcuni bossoli, trovati a terra, sulla scena del delitto, appare comunque determinante per ricondurre l’arma, in caso di eventuale rinvenimento, all’omicidio.

Per quanto riguarda le prime ipotesi investigative formulate all’indomani del delitto, per le quali è stato sospettato LOMBARDO Francesco, ex-suocero della vittima, attualmente ristretto in carcere poiché tratto in arresto il 30 ottobre del 2012, dalla Squadra Mobile della Questura di Palermo per il reato di estorsione ai danni di un noto ristorante di Altavilla Milicia , il “VILLA NOSA”, sito nel quadrivio della località Sperone, gli investigatori stanno procedendo ad una nuova e più approfondita analisi degli alibi forniti dallo stesso LOMBARDO e dai suoi familiari.

Infine, sempre in ordine al movente, sebbene le indagini proseguano a 360°, viene data una particolare attenzione al contesto mafioso locale, soprattutto in riferimento all’occupazione della vittima, un imprenditore edile, in società con il fratello, Pietro INCANDELA, e con uno zio, l’omonimo Vincenzo URSO, attivo nel settore delle compravendite immobiliari, in ascesa nel comprensorio bagherese, dunque attivo in un settore economico da sempre al centro degli interessi delle famiglie mafiose.

Ovviamente, laddove un’ipotesi di questo tipo trovasse conferma, appare evidente che un delitto di questa portata non può essere stato portato a compimento senza l’autorizzazione del mandamento mafioso di Bagheria, dal quale dipende il territorio di Altavilla Milicia.

Palermo, 29 marzo 2013

 

Fonmte  Ufficio Provinciale Stampa dei Carabinieri

Dalla  mole di intercettazioni che vanno pubblicando i giornali viene fuori quanto in buona sostanza si pensava e/o si sospettava: al Coinres esisteva un consolidato sistema di "autocontrollo" che consentiva nei fatti ad ognuno di fare quello che gli passava per la testa.

I controlli sulle presenze, sugli straordinari, sui consumi di carburante, sulle ore di impiego dei mezzi noleggiati per le emergenze, erano demandati all'interno e funzionavano come un colabrodo.

Ne fanno fede le numerose intercettazioni riportate sul Giornale di Sicilia di oggi in cui Antonino Di Bella, per tutti Nino, arrestato l'altro ieri assieme  a Diego Lo Paro, impartiva disposizioni al titolare del distributore di carburante Erg di via Consolare, su chi e di quanto poteva approvvigionarsi, pur senza essere autista  dei mezzi autorizzati, secondo le indagini.

Ascoltami dice Di Bella al titolare "sta venendo u Pirainu dagli 20 litri di nafta" oppure "se viene Maria Pia mettici la benzina" o ancora "sta vinennu u muzzicatu dagli 20 euro".

Talvolta era il titolare della pompa a chiamarlo per farsi autorizzare " Quà c'è uno che vuole 5 euro di nafta glieli posso dare? "e ad un altro: "Se non me lo dice Nino non te ne metto benzina".

Bisognerà ora vedere in quali mezzi venisse erogato questo carburante, se nei mezzi del Coinres o in vetture private, come sostiene l'accusa.

Ma anche sulle ore di lavoro dei mezzi Bi Bella interveniva per suggerire: "Il bobcat l'hai scritto ogni giorno? tutto il mese gli devi far fare compresi i festivi" oppure "Scrivi a palicedda, che la palicedda deve lavorare come ha lavorato sempre".

Le presenze sul luogo di lavoro al Coinres, solo ora vengono certificate con un foglio di presenza che viene quotidianamente inviato ai Carabinieri, ma sino a qualche tempo fa i controlli erano inesistenti, perchè svolto da personale interno che era costretto a chiudere un occhio, e più spesso li chiudeva tutti e due.

Di Bella al telefono: "Sono in giro , non passo dall'autoparco firmami la giornata a me  e a mio figlio". O un interlocutore che rivolto a Di Bella  dice:" Io non salgo NIno, Onofrio te l'ha detto di firmare?".

O l'altro che commenta "io è da ieri sera che sono all'Ospedale"; ma secondo i riscontri dei Carabinieri risultava al lavoro.

nella foto l'auto della moglie del sindaco Biagio Sciortino bruciata nell'estate del 2009, periodo caldo delle agitazioni nel Coinres.

C'è anche questa frase tra le centinaia di intercettazioni che i carabinieri della Compagnia di Bagheria, agli ordini del maggiore Francesco Tocci, hanno fatto assieme  a tutta una serie di azioni investigative, per capire cosa succedeva al Coinres, e perchè queste "emergenze spazzatura" erano così puntuali e si risolvevano sempre allo stesso modo, e cioè con un esborso di centinaia di migliaia di euro per la collettività per il noleggio di mezzi con estrema urgenza,  con una perdita di immagine che non aveva prezzo, e con gli operai che non pagavano neanche con un'ora di trattenuta settimane di astensione dal lavoro.

I Carabinieri iniziarono oltre due anni fa con un interrogatorio-fiume del direttore generale Riccardo Incagnone che durò due gioni interi, acquisirono una mole enorme di documenti  e  quando ebbero le idee chiare iniziarono il loro lavoro che ha portato agli arresti dell'altro ieri, di Antonino Di Bella, sorvegliante del Consorzio e di Diego Lo Paro, da sempre responsabile amministrativo del settore rifiuti a Bagheria.

A Bagheria l'avevano capito e lo dicevano tutti: soltanto una indagine giudiziaria avrebbe portato un pò di trasparenza nel Coinres, e ci auguriamo, anche un pò di pulizia in più nei comuni del Coinres.

La frase intercettata si riferisce al fatto che il sindaco Biagio Sciortino voleva convincere i commercianti del corso a rispettare gli orari di conferimento, e la passeggiata con Nino Di Bella, vero  dominus del consorzio come lo definiscono i p.m. nelle carte dell'inchiesta, avrebbe potuto servire all'uopo.

La Procura sostiene che Di Bella fosse espressione della consorteria mafiosa locale, ma il GIP Michele Alaimo non ha accolto l'imputazione di associazione mafiosa per Di Bella, e contro questa mancata imputazione i p.m. Marzia Sabella e Francesca Mazzocco si preparano ad interporre appello.

Si capisce bene che la vicinanza o meno a cosa nostra di Di Bella non è un dettaglio di poco conto.

Probabilmente - obietta il GIP- veniva così percepito, per alcuni modi di fare tipicamente mafiosi,  ma mancherebbe l'elemento dell'affiliazione a cosa nostra. Ci sarebbe inooltre una intercettazione del boss Pinuzzo Scaduto, arrestato nell'operazione Perseo che in una circostanza lo definisce dispregiativamente "munnizzaru e magnaccia"

Non v'è dubbio però che Di Bella era o sembrava il vero sovrastante del Coinres a Bagheria, ed era la figura di riferimento non solo per l'ex sindaco Biagio Sciortino, ma anche per l'attuale sindaco Lo Meo.

Per la sua disponibilità soprattutto, per l'autorevolezza che aveva tra gli altri dipendenti, anche se c'era uno zoccolo duro che spesso lo contestava.

Va subito precisato che Biagio Sciortino non risulta tra gli indagati; ma i rapporti con Di Bella erano pressocchè quotidiani e questa vicinanza dava a  Di Bella, che talvolta non si tirava indietro dallo svuotare personalmente  cassonetti e raccogliere sacchetti di spazzatura, per far fare bella figura ai sindaci, indubbi autorevolezza e prestigio.

Era lui che si incavolava perchè quelli che scioperavano ( si fa per dire) volevano impedire a chi ne aveva voglia di lavorare, (" perchè i cristiani che lavorano non ci devono andare a dire di non lavorare: non lavorano loro però non ci devono rompere i c...ora mi siddio vero caro Biagio"), e questo lo portava spesso in rotta di collisione con gli operai estremisti del Coinres, che era solito affrontare vis a vis, quelli che volevano spesso completamente paralizzare il servizio, impedendo anche lo svuotamento dei cassonetti sistemati davanti alla sedi sensibili, quali Poliambulatori, scuole, chiese, caserme ecc...

Succedeva spesso anche di notte che Di Bella difendesse  con la sua presenza mezzi e uomini del Coinres allorchè venivano intercettati dagli scioperanti che avrebbero voluto costringerli a sospendere il servizio.

Ma il ruolo di Di Bella è autorevole anche quando si tratta di decidere livelli retributivi, ruolo rilevabile da questa intercettazione"..perchè Biagio vuole sapere da me quello che deve scrivere(...) Biagio me l'ha fatta leggere e poi l'abbiamo strappato, perchè Biagio non firma se non la leggo io".

Ed anche Lo Paro, gerarchicamente superiore di Di Bella, mostrava reverenza, ed alle rimostranze di Di Bella. "Io non mi possso accontentare di un livello basso nella posizione che ho, le persone sanno quello che vi ho fatto..." così rispondeva: "Tu comandi Nino, siccome la responsabilità massima ce l'ho io, te lo faccio un ordine di servizio, che tu lo devi dirigere il traffico là e con tuo figlio là..."

E' un groviglio di interessi opachi e di illegalità in cui uomini in divisa , imprenditori e privati cittadini stringono accordi illeciti  per aggirare le norme e per violare il territorio , quel territorio che la Regione ha chiamato i forrestali, peraltro  in gran numero,   a proteggere.

Proprio le guardie forestali sono quelle che nel nostro territorio di Bagheria Santa Flavia e Altavilla sono quelli che "unni virinu eunni sbirinu".

Indagini iniziate con grandi squilli di tromba e finite in una bolla di sapone, e cose gravi che balzano sotto gli occhi di tutti, coperte e tollerate.

Oggi La Repubblica e il Giornale di Sicilia pubblicano stralci delle intercettazioni dell'indagine che ha portato all'arresto in carcere di Pietro Rammacca e Rosario Spataro, rispettivamente di 50 e di 49 anni; mentre ai domiciliari sono andati i loro colleghi Domenico Bruno e Giovanni Fontana. Ai domiciliari anche un imprenditore di Ventimiglia Rosario Azzarello.

Nell'indagine sono finiti anche il comandante del Distaccamento e il suo vice che la Procura ha chiesto di allontanare dal servizio.

Questo uno stralcio di una intercettazione tra Pietro Rammacca e Rosario Spataro, con il soldi ancora freschi estorti ad un costruttore di Bagheria: "Tieni quà - dice Spataro - questi però li dobbiamo dividere" e poi aggiungeva (...) "lui voleva tirare per due - trecento! Gli ho detto , ma che minchia devi fare, ti devi fare sputare in faccia? prendi 500 eruo e glieli regali".

Ed ancora un imprenditore che riferendosi alle guardie diceva:" Sono troppo manciatari: Sono sproporzionati: "Non hanno fondo, non hanno dignità, non hanno limite".

Ed Azzrello che spiega al suo interlocutore: " Non è che puoi fare mangiare solo il piccolo , poi il grande dice, minchia quà un lavoro del genere, io niente?"

L'indagine coordinata dai sotituti Caterina Malagoli e Alessandro Picchi, ha disvelato un gran numero di abusi edilizi. 

La Procura per altri cinquere imputati aveva chiesto l'arresto che il GIP non ha concesso.

Indagati a piede libero sono infatti Giovanni Coffaro, 51 anni di Villabate e Filippo Azzarello di 49, di Ventimiglia

Era stata chiesta, ma non è stata concessa la sospensione dal servizio di pubblico ufficiale per Pietro Riccobono, ispettore di 52 anni e Luigi Salvatore Matranga, 55 anni,  commissario del Distaccamento di Bagheria.

Indagato anche Rosario Abbate per avere realizzato opere abusive con la copertura di Pietro RammaccaMaurizio Monastero che avrebbe gestito con Rammacca un giro di scommesse clandestine.

Ed ancora Giovanni Cicala e Carmelo Francesco Cascino, rispettivamente proprietario e direttore dei lavori di una abitazione, e che avrebbero versato duemila euro a Rammacca e Spataro..

Salvatore Testa che avrebbe dato cinquemila euro a Rammacca, Bruno e Coffaro.

Gaspare Calò, ispettore del corpo, perchè avrebbero omesso di  denunciare tre colleghi.

Tommaso D'India, Vincenzo e Francesco Lima, che si sarebbero rivolti a Riccobono, Spataro, Matranga e Fontana, per convincerli a non denunciare opere opere abusive realizzate dai fratelli Lima.

RIPORTIAMO  LE  INTERCETTAZIONI  COSI'  COME  PUBBLICATE   DA  LIVESICILIA

Tutto inizia a bordo di una Bmw X3. L'imprenditore Rosario Azzarello parla con un amico. Un tale Giacomino. Sulla macchina gli agenti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile hanno piazzato una microspia. Più che una conversazione viene fuori quella che i magistrati definiscono “la chiave di lettura dell'intera vicenda che ritrae una situazione di diffusa illegalità”.

Una vicenda in cui, scrive il giudice per le indagini preliminari Angela Gerardi, emerge lo “scarso se non inesistente senso del dovere e indegno esercizio del potere che interessa alcuni componenti dell'ufficio del distaccamento di Bagheria del corpo forestale responsabili del costante mercimonio della funzione pubblica (Pietro Rammacca, Rosario Spataro, Giovanni Coffaro, Giovanni Fontana e Domenico Bruno), di irresponsabile comportamento da parte di altri (Pietro Riccobono, Gaspare Calò e il comandante Luigi Matranga) nell'ambito di un quadro complessivo estremamente sconfortante”.

Tutto parte, dunque, dalla conversazione del 10 aprile 2011, quando Rosario Azzarello spiega il meccanismo all'amico: “... al grosso gli dai la pastella più grossa, il piccolo fa finta che non sa niente... lo sanno tutti e due che hanno mangiato e non si infamano l'uno con l'altro”. E così che Azzarello ha potuto prelevare abusivamente del materiale inerte in campagna per la sua impresa edile senza doverlo comprare in una cava regolare.

Poi, Giacomino fa riferimento ad un soggetto in particolare. Lo chiama il “baarioto”: “... perché quel cornuto di baarioto... minchia questo è pericoloso... cerca sempre di mangiare... ma sono sproporzionati questi che vengono ogni tanto da te... . “... troppo, troppo non hanno fondo, non hanno dignità - rincara la dose Azzarello - niente non hanno limite... e chi viene da te Pietro o Giovanni?”.

Identificati dalle indagini in Pietro Rammacca e Giovanni Coffaro.

Le richieste dei forestali sarebbero state pressanti. “... che ti pare che dovrei lavorare per loro... mio fratello a Natale era incazzato e non gli ha dato niente”, dice Azzarello.

Giacomino conosce bene, però, il rapporto costi-benefici. “... se tu fai calcoli... mi fai dire cinquecento euro l'anno, per loro, mille euro, ma deve essere proprio a fare il porco, ma non di più, o Dio, di queste mille euro quanto te ne fanno risparmiare volendo, volendo è così se poi ti fottono lo stesso è un altro discorso...”. Meglio pagare per stare tranquilli e non fare la fine di un imprenditore. Azzarello: “Tu lo sai che a Catalano gli devono fare levare tutto il rifiuto dalla strada?... i soldini doveva uscire hai capito?... prendeva venti mila euro...”. Se si paga si evitano guai e si ottiene il via libera per prelevare indisturbati il materiale che serve nei cantieri. “... io siccome volevo andare là alla Traversa (contrada Traversa a Ventimiglia di Sicilia ndr), ho detto se lui... lo capisci, passava non passava, se eri là nella zona... va...”, spiega Azzarello a Pietro Rammacca che risponde: “... ci puoi andare tanto noi siamo qua”. Lo informa, dunque, dei suo spostamenti.

Altro episodio è quello che riguarda Giovanni Cicala che ad Altavilla Milicia avrebbe costruito una villetta abusiva. Si sarebbe messo d'accordo con Pietro Rammacca e Rosario Spataro, solo che ha ricevuto in cantiere la visita inaspettata di Pietro Riccobono e Giovanni Coffaro. Cicala: “Io ti posso dire che gli ho dato 2000 euro per voi. Hai capito Piè”. Ramacca: “... lascia perdere questo discorso, lui se lo è negato”.

Poi rivolgendosi al collega Spataro aggiunge: “... minchia, per telefono mi fa per voi io a lui...”.

Nel corso dell'inaspettato controllo uno degli operai, Carmelo Francesco Cascino, ha chiamato Ramacca perché l'agente Riccobono “dice che deve mettere i sigilli”.

E così Rammacca contatta Riccobono. “Minchia, io vedi che con te mi sono messo sempre a disposizione e tu lo sai... non è che io ti ho detto mai... ti ho detto mai no, ti dico sempre fai tu”.e Riccobono di rimando: “Lo so pure io, mi sono messo sempre a disposizione con te e tu lo sai bene”.

I due si rinfacciano le omissioni commesse in passato: “Minchia io mi sono inghiottito l'altra volta la piscina, quello che è venuto Camillo, mi sono inghiottito... pure io mi sono messo a disposizione con te e lo sai bene...”.

La situazione sembrava essersi risolta ed invece precipita poche ore dopo quando una pattuglia del distaccamento della Forestale notifica a Cicala una convocazione in ufficio per l'indomani.

Cicala è furente. “... ora la bomba la faccio saltare io, Pietro (Rammacca ndr)... perché ora faccio nomi e cognomi”.

Rammacca tranquillizza Cascino. Avrebbe parlato con i suo colleghi per sistemare i verbali: “... vedono di dargli una mano magari alcune cose le mettono o per meglio dire fanno i verbali dove si dice che che diciamo che è tutto finito”.

L'8 novembre Luigi Matranga e Gaspare Calò vanno a mettere i sigilli alla casa di Cicala. E in macchina si dicono convinti che ci sia del marcio sotto.

Matranga. “Perché lui Rammacca ha chiamato Spataro ieri sera e gli avrà detto, minchia andiamoci a ridare di nuovo i soldi che questi ci denunciano”.

Denuncia mai presentata. “Tutti sapevano che la casa di Ciacala era abusiva, avevano pure apposto i sigilli al cantiere, ma - scrive il Gip - i lavori sono stati regolarmente portati a termine”.

La casa è stata completata.

Altro episodio riguarda un immobile costruito a Bagheria. Nel cantiere abusivo si fanno vivi Rammacca e Spataro. Cosa si sono detti lo spiega lo stesso Rammacca al collega: “Tieni qua, questi li dobbiamo dividere, però dice 'dimmi che devo fare perché vedo che il tuo collega è incazzato con me', gli ho detto ma fai a lui un regalo ' e dimmelo tu, gli do duecento euro? A chi devi fare ridere con duecento euro Aiello ma prendi cinquecento euro e glieli regali. Gli ho detto noi siamo per aiutare il povero anche perché noi gli ho detto con gli stipendi non possiamo campare più”.

Ad un certo punto Matranga parlando con Calò dimostra, secondo l'accusa, di avere intuito il gioco sporco dei colleghi. In particolare di Rammacca: “Io l'ho capito questo discorso da quando lui si prendeva a quello, suo compare, se lo portava in servizio, si prendeva la macchina... era per fare tutte queste cose qua. Lui si fermava sui posti con la macchina di servizio”. Poi il comandante del distaccamento di Bagheria del Corpo forestale della Regione concludeva: “... fino a quando non c'è qualcuno a cui gli gonfia la minchia e lo denuncia vero”. "Nonostante i proclami Matranga - si legge nell'ordinanza - non ha mai presentato una denuncia né ha mai segnalato i comportamenti dei suoi subordinati”.


 

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