Progetti di morte a Bagheria

Progetti di morte a Bagheria

cronaca
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Il periodico S in edicola  pubblica alcuni stralci delle dichiarazioni di Sergio Flamia che ci riconsegnano scenari di scontri tra le varie fazioni della cosa nostra bagherese che solo per poco non sfociano in omicidi che avrebbero insanguinato le strade di Bagheria come accaduto nell'ultima guerra di mafia del 1989.

In trasparenza si possono leggere due schieramenti : il gruppo tradizionalmente legato a Leonardo Greco ed al fratello Nicola e quello fedele a Nicolò Eucaliptus e al genero Onofrio Morreale, con i vari luogotenenti pronti a fare uso della violenza per mettere a tacere dissidi o riportare  all'ordine gli indisciplinati.

'A testa i l'acqua' per noi bagheresi è una espressione diffusa e fa riferimento al complesso sistema di condotte che attraverso degli snodi, valvole e gibbiuni ( 'a casuzza i cani' in contrada Serradifalco era uno di questi snodi), consentiva l'irrigazione degli agrumeti sino a quota 100 m. s.l.m.

A testa i l'acqua era la fonte, il luogo originario  da cui si dipartiva l'acqua 'ra Chiana' ( perchè proveniente un tempo dall'invaso di Piana degli Albanesi) insomma in senso traslato si intendeva dire la fonte del potere laddove esso traeva origine.

E Flamia riferisce di avere appreso chi fosse a testa i l'acqua in seguito ad una animata discussione tra Gino Di Salvo e Nino Zarcone, in tempi diversi capifamiglia di Bagheria.

Gino Di Salvo e Nino Zarcone- mette a verbale Flamia -. avevano avuto un battibecco in mia presenza.  Il che io li invito a chiarirsi a sistemare le cose perché già a quel tempo c'era odore che da un momento all'altro a Nino lo arrestassero... e si pensava che arrestassero anche a Gino, gli ho detto: vedete di chiarire, vedete di sistemare le cose prima che ‘nsamà (non sia mai n.d.r.)  a Dio, vi arrestano...”. E la risposta ricevuta sarebbe stata: “Si succieri cuosa, tu un u sai unni ha ghiri si nn'avissiru arristari? Ci rissi: no. Rici: a tiesta i l’acqua. Ci rissi: ma unn'è sta tiesta i l'acqua? Rici: nni Nicola Greco”.

Ma i mali riscussi  - secondo Flamia - avrebbero origine quando Gino Mineo reggente della famiglia sino al 2007 dà una robusta tirata di orecchie addirittura a Onofrio Morreale, genero di Eucaliptus e tesoriere della cosca bagherese, accusandolo di una gestione troppo disinvolta del fondi destinati alle famiglie dei carcerati.

Assieme a Carmelo Bartolone, sempre secondo il Flamia-pensiero,  il Morreale complotta di uccidere Gino Mineo, e chiede addirittura il permesso a Bernardo Provenzano per poterlo eliminare, perchè reo appunto  di avere usato toni duri nei suoi confronti: si fa un summit al villaggio Mosè (frazione di Agrigento) dove Nicola Greco al tempo risiedeva, in cui oltre a Nicola Greco avrebbero preso parte, Onofrio Morreale, Giuseppe Di Fiore e Giuseppe Comparetto, e dove si decide di trovare una soluzione 'politica' al conflitto.

Un ammonizione verbale per Gino Mineo, Bartolone fuori famiglia e la cassa della famiglia in gestione a Di Fiore.

Dopo l'arresto e la condanna a sette anni, Carmelo Bartolone avrebbe ricevuto in carcere a Livorno da Nicolò Eucaliptus durante la comune detenzione, l'incarico di “sistemare le cose a Bagheria” eliminando Nicola Greco e Giuseppe Di Fiore, e tale missione l'avrebbe comunicata a Flamia, di cui si fidava,  nei seguenti termini: 'mi rissi ri sistimari i cuosi senza fari scrusciu, senza fari rumuri, rici all'unicu che avieva ammazzari era Nicola Greco e a Pippinu u’ Ciuri”.

E siccome le voci e le confidenze dentro cosa nostra circolano velocemente arriva la sentenza di morte per Bartolone, reo di essersi allargato troppo; ad organizzare il piano - secondo il pentito - ci avrebbe pensato Gino Di Salvo, mentre gli esecutori avrebbero dovuto essere lo stesso Flamia e Nino Di Bella, che godendo della fiducia della vittima designata avrebbero dovuto consegnarlo con un tranello ai carnefici

'Gino Di Salvo decide di fare fuori Bartolone - così ricostruisce Flamia - ce ne dobbiamo uscire, lui di te si fida, me lo devi portare tu, lo porti tu, ci organizziamo... io già ho parlato pure con Peppino Di Fiore e Nicola Greco, mi rettiru u sta bene”).

All'omicidio avrebbe dovuto partecipare anche Salvatore Lauricella.

Flamia lo capì quando Lauricella gli chiese: “...Cu’ Carmelo che amu a fari? Io mi trovo tra due fuochi, uno: non vorrei ca chistu ( con riferimento a Gino Di Salvo n.d.r.) pienza ca io sugnu d’accordo cu’ Carmelo; due: ma quale omicidi, ca cca nni stannu arrestannu a tutto pi’ avutri cose, ogni minima fissaria che succede, ci dissi: i cose i sannu prima di nuatri, sti cose io i sacciu, iddi un i sanno... ci dissi”).

E Di Salvo, sulla base del racconto di Flamia, aveva pure trovato nel narcos canadese Juan Ramon Fernandez il killer disponibile a far fuori Bartolone.

La sorte di Bartolone sembrava segnata, anche perchè quelli presso i quali era andato a chiedere aiuto per eliminare la concorrenza, Giulio Caporrimo e a Palermo e Nicola Rizzo a Villabate, non appena messi a parte dei suoi progetti, li riferirono immediatamente a Nino Zarcone.

 Bartolone, fiutata l'aria,  il 13 dicembre del 2012 scompare, sottraendosi al regime della vigilanza speciale con obbligo di firma cui era stato sottoposto, e ricomparirà il 10 settembre dell'anno successivo al Pronto Soccorso dell'Ospedale civico di palermo per consegnarsi ai  militari di servizio, anche perchè nel frattempo era stato destinatario di un altro ordine di arresto nell'ambito della operazione 'Argo'