Fu arrestato il 9 giugno del 2003 e rimase in carcere sino al 20 febbraio dell'anno successivo: erano i tempi in cui si parlò di accordi tra coop rosse e mafie e diversi esponenti politici e dell'imprenditoria vicini alle cooperative erano stati accusati di rappresentare una sponda per il disegno di pacificazione di Bernardo Provenzano.
Quasi tutti i personaggi coinvolti furono nel tempo del tutto scagionati, e il teorema sulle Coop rosse vicine alla mafia si squagliò come neve al sole, ed adesso anche l'ex sindaco di Villabate Nino Fontana, vicino alle coop agrumarie del tempo, condannato in primo grado a sette anni ed assolto in appello, viene ora 'riabilitato' con una sentenza della Corte d'Appello, che obbliga il MInistero dell'Economia a indennizzare con 60.000 euro l'esponente politico del Partito comunista del tempo.
A difendere Nino Fontana gli avvocati Nino Caleca e Michele Giovinco.
Seondo la sentenza della Corte d'appello già al momento dell'arresto e del primo interrogatorio di garagnzia Fontana aveva fornito tutti gli elementi per chiarire la sua posizione, rispetto alle accuse che lo vedevano a dire di alcuni pentiti in affari con Simone Castello, considerato dall'accusa uno dei postini di Provenzano.
Peraltro più di recente un pentito considerato da alcuni tribunali molto credibile, il ficarazzese Stefano Lo Verso, aveva raccontato che proprio un suo parente aveva dato alle fiamme ben due auto di Nino Fontana, al tempo in cui era consulente del comune di Ficarazzi, perchè si opponeva ad un piano urbanistico dell'allora capomafia di Ficarazzi.
A Fontana è stato cmunque riconosciuto l'indennizzo per l'ingiusta detenzione, mentre non è stata accolta la tesi del danno docuto alla pubblicità che allora ebbero i fatti, mentee per quanto riguarada le ripercussioni di natura psichica, familiare, morale e sociale non sarebbero state sufficientemente documentate.
Nino Fontana, ex vicesindaco di Villabate, indennizzato con 60.000 euro per ingiusta detenzione
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