Cronaca minima dalla città in ferie:"astrattu", l'oro rosso

Cronaca minima dalla città in ferie:"astrattu", l'oro rosso

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Non ci capitava da tempo di vedere, dentro il paese, quello spettacolo che fino a qualche decina di anni fa colorava di vita e di rosso le nostre piazzette, i bagli, tutti gli slarghi, le strade più ampie in specie se avevano una buona esposizione al sole.
Era la stagione “r’astrattu”:


Materia prima essenziale, l'astrattu, per piatti succulenti e indimenticabili, conditi con il sugo e insaporiti con la salsiccia, il "sasizzuneddu" , i "pittinicchi", tocchetti di carne con attaccato l'osso e/o il grasso.
Pomodoro, sole e sale, gli unici ingredienti r'astrattu.
Le operazioni che un tempo coinvolgevano la vita e le giornate di intere famiglie cominciavano di primo mattino.
Il pomodoro si comprava la sera prima, perché già al mattino presto se ne iniziava la lavorazione.
Si cominciava con il togliere i peduncoli dal pomodoro, che poi si lavava ed si faceva un po’ asciugare.

Poi si spremeva dentro un recipiente, "u passaturi", formato da due elementi: la parte inferiore era un contenitore di legno a forma di parallelepipedo sostenuto da quattro piedi di legno, aperto nella parte rivolta verso l'alto, laddove si andava ad incastrare una griglia metallica, che era anch’essa attaccata ad una cornice di legno che andava a combaciare perfettamente con il contenitore.
Il succo attraverso i fori della griglia , che avevano dei bordi irregolari che favorivano la spremitura del pomodoro, filtrava nel raccoglitore sottostante.
Poi il liquido rosso fluente si metteva in dei tegami, da dove si faceva passare attraverso un "crivo" (crivello) di crine finissimo per trattenere i semi del pomodoro, e poi si "stendeva" nelle “maidde”, tavole rettangolari, che erano state realizzate assemblando quattro-cinque listelle di legno di legno di un paio di cm. di spessore, di 20 cm. di larghezza, per due metri di lunghezza.
Le maidde venivano riscaldate con la semplice esposizione al sole; poi via via che evaporava l’acqua, il succo si veniva asciugando.
Le maidde venivano poggiate su sostegni di fortuna: sedie, casse per limoni, le stesse cassette vuote in cui c’era stato il pomodoro.
Quando il succo era ancora fluido, le maidde dovevano essere perfettamente parallele con il terreno, quando il succo diventava più asciutto e concentrato si mettevano in posizione obliqua, anche per sfruttare la migliore esposizione al sole, e dimodochè i raggi fossero il più possibile a perpendicolo.
A quel punto, via via che si anndava asciugando,si raccoglieva il succo di più maidde e si concentrava in un numero sempre minore di maidde.
Gli uomini generalmente sovrintendevano alla spremitura del pomodoro, le donne a "stenderlo", a manipolarlo e a “stringerlo”.
Queste ultime operazioni andavano avanti e per l’intera giornata, sino al tramonto, gestite da almeno due-tre persone, donne in genere,che la sera si riducevano con la schiena rotta e rosse come peperoni.

Era questa, peraltro, l’operazione decisiva: dopo avere aggiunto del sale, girare e manipolare continuamente il succo con le mani e le dita a disegnare ghirigori, curve, volute, archi, (verrebbe da dire disegni astratti), per favorire l’evaporazione, e poi valutare il momento in cui “stringere”, cioè quando riportare in una sola maidda il succo steso in tre, quattro o più maidde.
Quando il succo era ancora molto fluido, questa operazione di spostamento si faceva semplicemente raccogliendo il succo in tegami asportandolo dalle maidde semplicemente con le mani, quando il succo diveniva più concentrato e corposo si impugnava la “rasca” una semplice tavoletta di legno.

Hanno ispirato, queste scene, alcune foto straordinarie di Scianna , quadri di Guttuso e qualche scena dei film di Tornatore.

C’erano quindi gli uomini di famiglia che generalmente spremevano, le donne che stendevano, manipolavano e stringevano il succo di pomodoro, e noi ragazzini cui venivano affidati compiti meno impegnativi, quali per esempio gettare continuamente acqua in strada, con un tubo o con secchi, perché il passaggio dei carretti un tempo e delle auto poi sollevava polvere.

Oppure ci toccava spostare i sostegni su cui poggiavano le maidde che continuamente dovevano stare ad inseguire il sole,.

Un tempo erano giornate speciali, con noi ragazzini a leccare continuamente il succo dolcissimo, e poi a sera assaggiare l’astrattu che era rimasto incastrato nelle fessure delle maidde

La sera si pesava, l’astrattu, per valutare quanto aveva “ ittatu” il pomodoro, vale a dire la resa, che mediamente si aggirava tra il dieci e il dodici per cento.

Ottanta-cento chili di pomodoro rendevano da dieci a dodici chili di astrattu.


Adesso la gran parte delle famiglie, l’astrattu continuano a farlo, ma nelle case di campagna, dove spazi e sole c’è n’è tanto.
Per questo ci siamo meravigliati nel vedere proprio ieri in Via Pola di fronte al Capitol, delle donne che stavano facendo l’astrattu come un tempo lungo le strade del paese.




La foto scattata nell'Agosto del 1973 è di Angelo Restivo

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