Bagheria 24 novembre 2011 - E' una storia terribile, intrisa di violenza e di ignoranza e legata a costumi e retaggi culturali medievali, che è però accaduta oggi nel 2011 nella nostra "amata Bagheria" sotto i nostri occhi troppo spesso colpevolmente disattenti.
La cronaca di oggi ci parla di qusta bambina di Pristina di appena dodici anni con sei fratelli, che, orfana di madre e con un fratello gravemente malato in casa, fu "venduta" per duemila euro dal padre naturale, ad una famiglia di zingari, dove è stata costretta a sposare uno dei cinque figli quattordicenne del padre "adottivo".
Nei particolari della vicenda agghiacciante e nel drammatico racconto della bambina, c'è lo spaccato di quello che può essere stata la vita (se tale può definirsi) di questa bambina costretta a "sposarsi", segregata, impossibilitata ad uscire di casa, costretta a servire come una schiava, ad essere violentata oltre che essere oggetto delle "attenzioni" del nuovo "padre" e che alla famiglia di origine doveva far intendere di vivere una vita normale.
E tutto questo accadeva nella nostra "amata Bagheria, amena località a 13 chilometri da Palermo", .mentre noi spesso o volgiamo il nostro sguardo altrove o lo usiamo solo per manifestare il disprezzo per questi disgraziati che chiedono l'elemosina al semaforo, pensando in maniera egoistica che è gente che non ha voglia di lavorare, e senza neanche provare a interrogarci sui drammi che si possono celare dietro uno sguardo spaurito o un flebile sorriso.
Circa tre anni fa però la piccola trova la forza di rifugiarsi da una vicina che probabilmente intuiva cosa accadeva nella casa dei vicini e che l'accompagna subito in una casa protetta.
Adesso sono scattati gli arresti per il "marito" con l'accusa di violenza sessuale, minacce e riduzione in schiavitù, e indagini che possono preludere a provvedimenti più gravi nei confronti dei genitori "adottivi".
La lezione di questa vicenda di cronaca?
Cerchiamo di essere meno disattenti a quanto succede accanto a noi: non liquidiamo tutto con una alzata di spalle, e con un "sono fatti loro".
Quando una vicenda di queste viene alla luce sono fatti nostri, che ci interrogano sulla nostra vera umanità.
Angelo Gargano