Tra i 16 indagati per truffa all'ASP di Palermo anche 3 dirigenti bagheresi

Tra i 16 indagati per truffa all'ASP di Palermo anche 3 dirigenti bagheresi

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L’indagine era stata avviata allorchè il 19 maggio del 2011 manager Salvatore Cirignotta aveva denunciato alla Procura l’esistenza di false determine di pagamento intestate a ditte che fornivano all’ASP servizi di cura del verde e di manutenzione.

A quella denuncia segui una indagine dei sostituti Claudia Bevilacqua e Maurizio Agnello e portata avanti dai Carabinieri del Nas e dalla Guardia di Finanza che hanno sequestrato una serie di documenti presso gli uffici di via Cusmano il cui esame ha portato alla luce un sistema di fatturazioni false o gonfiate per una valore di oltre due milioni di euro.

Ora a distanza di nove mesi è arrivata ai sedici indagati di cui sinora non erano stati resi noti i nomi, un avviso di proroga delle indagini.

La procedura consente che in questa fase dell’indagine gli iscritti nel registro degli indagati possano presentare memorie difensive che saranno valutate dai magistrati inquirenti; solo allora scatteranno le eventuali richieste di rinvio a giudizio o di archiviazione.

In cima all’elenco l’attuale direttore amministrativo Antonino Candela e il suo predecessore il bagherese Vincenzo Barone, dei quali risulta la firma sui mandati di pagamento.
Ad essere nel mirino degli inquirenti l’Ufficio Appalti e forniture, con l’attuale direttore Vincenzo Lo Medico, bagherese, e il suo predecessore Francesco Giosuè; Giovanni Mineo, bagherese anche lui, già direttore del servizio di Economato ed il suo successore Salvatore Rubino.

Ed ancora Francesco Leone, Andrea Arnone addetto al budget, Giuseppe Ganci e Antonino Bartolone.
Nell’occhio del ciclone anche sei dipendenti dell’Ufficio Economico-finanziario, che si occupa della liquidazione delle determine.
Si tratta del capodipartimento Vincenzo Siragusa; di Vincenzo Canzone e Caterina Pilara, già capiservizio della contabilità;  dei collaboratori Giuseppe Cappello, Angelo Faranna e Vincenzo Di Dia.

Il sistema truffaldino veniva realizzato, stando alla ricostruzione dei CC.  E dei finanzieri, in due modi diversi.

Nel primo caso veniva usato lo stesso numero di protocollo per due diverse determine di liquidazione, l’una afferente a servizi o pagamenti legittimi e l’altra intestata a ditte che non avevano realizzato alcun servizio.

In altri casi venivano “riciclati” numeri di protocollo di determine di liquidazioni precdedentemente annullate.

Compito degli inquirenti è ora quello di individuare con precisione le varie responsabilità e connivenze.

Ad oggi non risultano indagati i titolari delle ditte che fornivano i vari servizi.

Notizia ripresa dal quotidiano “La Repubblica” ed. Palermo