Natale Tedesco è stato grande italianista, raffinato critico d'arte, acuto analista della cultura siciliana, poeta, uomo dalle robuste passioni civili. È impossibile separare l'uno dall'altro questi aspetti della sua complessa personalità.
Negli anni del dopoguerra, a Napoli, che fu la sua prima città, cominciò a fare politica nel partito comunista accanto a Giorgio Napolitano. Come capitava agli intellettuali comunisti dell'epoca impegno scientifico e passione civile li ha vissuti come facce diverse della stessa medaglia. Già da studente universitario mentre era impegnato nella politica militante frequentava la severa scuola di uno dei più grandi filologi europei, Salvatore Battaglia.
Quella di Natale è stata una vita densa di affetti, di cultura, di relazioni umane. Sapeva essere autorevole e amicale, amava parlare di sé, dei suoi libri, delle sue analisi storiche e letterarie, era un seducente affabulatore delle sue avventure umane. Caratteristiche che, grazie al suo stile da gran signore, attraevano chi veniva in contatto con lui. Perché Natale fu un seduttore di anime umane. Non a caso ha avuto molti allievi importanti. Per dirla con un ossimoro, fu un simpatico Narciso positivo. Un Narciso che non respingeva ma attraeva. Un Narciso attento ai problemi degli altri. Una singolarità in Natura.
Mi piace ricordarlo con una poesia che scrisse nel 2002 e che dà il senso della sua avventura umana.
Mentre la vita ancora insiste,
la morte sa che è sua l'ultima
battaglia e metterà suggello
al viaggio che ormai prevede
la stazione dell'addio.
Ma che sarebbe questa fine
senza una nascita, i giorni
vividi del ricordo,
le albe, i meriggi, le sere
quando ci si addormenta sicuri
del mattino che verrà?
Forse nel tramonto è breve
la luce, ma nella vita, no.
La morte è un momento
che piangiamo dopo;
la vita ci addolora accanto,
ma è una compagna
implacabile.
È l'autoritratto filosofico di Natale Tedesco. Detto in maniera più prosaica, sono le nostre vite a dare un senso alla nostra morte e non viceversa. La morte, anche se spetterà ad essa «l'ultima battaglia», è pur sempre «un momento che piangiamo dopo». La vita invece, anche se «ci addolora accanto», rimane «una compagna implacabile».
Prof. Franco Lo Piparo
Nella foto di copertina Franco Lo Piparo con Umberto Eco