Inaugurata la stagione estiva del Teatro Massimo di Palermo

Inaugurata la stagione estiva del Teatro Massimo di Palermo

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Venerdì 15 giugno, in concomitanza con l'inizio di Manifesta 12, si è aperta la stagione estiva del Teatro Massimo con la rappresentazione 'Bintou Were, A Sahel Opera', opera completamente africana su libretto di Wasis Diop e Koulsy Lamko e musica di Ze Manel. Il componimento è nato in seguito a un concorso organizzato dal Prince Claus Fund, fondazione dedicata alla memoria del Principe Claus d'Olanda.

'Bintou Were, A Sahel Opera' parla del viaggio di Bintou Were, ex bambina soldato incinta, che dall'Africa, martoriata da carestie e guerre, cerca riparo in Europa. Insieme alla donna un popolo silenzioso in cerca di serenità e stabilità, ma anche gente senza scrupoli, pronta a lucrare sulla pelle dei connazionali.
L'opera, interamente recitata e cantata in lingua africana, rappresenta un interessante punto di vista sulla questione migratoria, da qualche anno così cara a tanti italiani.
Dopo i recenti fatti relativi ad Aquarius, le dichiarazioni del nostro Ministro dell'Interno, i rimproveri francesi, l'indifferenza maltese, l'apertura spagnola e le coraggiose prese di posizione di alcuni sindaci del sud Italia (in primis quella del sindaco di Palermo Leoluca Orlando), Bintou Were sembra riportare l'attenzione su ciò che è veramente importante: la dignitosa forza di un continente che non vuole lasciare la propria terra, ma è costretto a farlo.
Il viaggio intrapreso dalla donna e dal suo popolo è un viaggio pieno di insidie e difficoltà, costellato da fatiche e dolori, in cui si incontrano loschi personaggi rappresentati nell'opera dall'emblematica figura di un passeur che, promettendo un passaggio sicuro verso la 'fortezza Europa', cerca di arricchirsi ai danni dei viaggiatori, senza fornire un aiuto concreto.
Bintou Were, donna giovane ma saggia, è una madre che lotta per il futuro del proprio figlio, sacrificando la propria vita per questa causa, è una donna coraggiosa e carismatica, è una migrante (o 'clandestina', come qualcuno preferirebbe appellarla) spaventosamente simile a tutte quelle donne e quegli uomini che cercano di migliorare la propria vita e quella della propria famiglia.
Bintou Were è ognuno di noi, è la nostra determinazione nell'inseguire i sogni, la nostra caparbietà che ci spinge ad andare avanti nonostante le ingiustizie del mondo. Come si faccia ad odiare e respingere la parte migliore di noi stessi, non l'ho mai capito. Come si faccia a stare, invece, dalla parte di chi predica l'intolleranza e la chiusura, l'ho capito bene. È la paura che ci spinge a farlo; la stessa paura che muove migliaia di persone da un continente ad un altro. La sola differenza tra noi e il popolo di Bintou Were (mi si passi in questa circostanza il dualismo, che pare piacere tanto) è che noi abbiamo preferito combattere la paura con l'odio, loro con la speranza.
La battaglia che la nostra generazione sta portando avanti è molto più profonda e significativa di qualsiasi difesa territoriale; si tratta di una battaglia di cui, tra qualche anno, saremo chiamati a dare spiegazioni e che, al momento, stiamo miseramente perdendo.

Stefania Morreale