Quando nacque il vino Corvo e altre storie...

Quando nacque il vino Corvo e altre storie...

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Riparte lo speciale "Bagheria, il territorio e i protagonisti, nella storia e nella letteratura", con uno stralcio tratto dalla pubblicazione di Giovanna Bongiorno, dal titolo Gli Alliata Principi di Villafranca e Duchi di Salaparuta - La ruta e la vite, edito da Kronos nel 2001.


Uno squarcio su Cateldaccia ed i suoi più immediati confini territoriali, fino a trovare quell'intreccio sacro e profano di ambientazioni, famiglie, leggende, così tipico della nostra tradizione culturale.


(…) "Questo sviluppo non fu certo casuale quanto, invece legato ad un aspetto assolutamente strutturale ed innovativo, per l'Isola, che vide realizzate, per la prima volta, e proprio dai Borboni, le due fondamentali arterie di comunicazione che abbiano mai servito, sino a tempi recentissimi la Sicilia.
Fu, infatti, grazie alla costruzione di queste due strade la Messina Marine e la Messina Montagne, che si avviarono i primi trasporti delle merci su carri, sostituendo gli accidentati ed impervi percorsi sui quali, sino ad allora nell'isola, avevano viaggiato, a dorso di mulo, uomini e cose, con grandissima difficoltà per i commerci e gli scambi.

(...)

Queste considerazioni ci sembrano indispensabili per disegnare quel quadro di rapporti, di elementi e cambiamenti, culturali ed economici , nei quali venne a innestarsi la vicenda della nascita della Casa Vinicola Corvo, del Duca di Salaparuta, che, forse, non casualmente si colloca, temporalmente e storicamente, intorno al 1824, quando, (.....) probabilmente, abbandonata, per prudenza , la propria partecipazione alla vita politica, Giuseppe Alliata di Villafranca e la moglie, Agata Valguarnera, spostarono, forse, il baricentro della loro vita produttiva nella villa di Bagheria, mantenendo quello della vita di relazione e della mondanità a Palazzo Villafranca.


Negli anni intensissimi della loro vita, Don Giuseppe Alliata ed Agata Valguarnera, legati non soltanto dal matrimonio ma, ancor più saldamente, da un affetto pieno di complicità, ebbero dieci figli e dimorarono spesso nella villa bagherese che, tra l'altro, costituì, durante gli anni tempestosi dell'impegno pilitico del principe, un sicuro e tranquillo rifugio, lontano dai tumulti palermitani, nei momenti più cruenti che fu dato loro di vivere.
In particolar modo, dopo l'esilio toscano, Giuseppe Alliata aveva incominciato a seguire l'andamento dei vasti vigneti delle sue proprietà di Casteldaccia, tra i quali si contavano quelli dell'ex feudo del Ciantro della Cappella Palatina, con le contrade del Corvo e della Traversa, in vicinanza del fiume Milicia, che si estendevano dalla zona più vicina al mare sino alle falde del Monte Cane.


Villa Valguarnera non distava molto da queste contrade ed era attrezzata di imponenti magazzini destinati a tinaie e bottaie, ove il mosto ed il vino, stivativi ad ogni vendemmia, venivano, poi, venduti sfusi.
I mosti più generosi, per qualità e quantità, arrivavano alla villa dai vigneti della contrada Corvo, nelle cui "Case Vecchie" si procedeva, dopo il raccolto, direttamente alla pigiatura delle uve.
Stando a quanto tramanda la tradizione popolare locale, questo toponimo, Corvo, deriverebbe dalla presenza in quei luoghi, di un pennuto gracchiante e chiassoso i cui schiamazzi turbavano la pace arrecando fastidio alla gente.
Visti vani tutti i tentativi di sbarazzarsi di questa creatura imprendibile e petulante pare che qualcuno suggerisse di rivolgersi ad un santo monaco, con fama d'esser un novello San Francesco, in grado di dialogare con gli animali.


Il sant'uomo svolse egregiamente il compito affidatogli e raccolse le proteste del corvo che lagnava d'esser tenuto in pessima considerazione dagli uomini, proponendo, in cambio del proprio silenzio ed in riparazione della pessima fama attribuitagli dal genere umano, che si desse il suo nome a quella contrada dove allignavano prodigiosi vigneti.
Il monaco accettò l'onesto scambio, e ritrovata la quiete, i contadini di quelle terre si dedicarono alla cura di quei magnifici vigneti dai quali, il principe Giuseppe trasse anche la denominazione del vino che, più tardi, avrebbe reso celebri il marchio dei duchi di Salaparuta e le loro produzioni vinicole.

Se, però, vogliamo lasciare questo aneddoto alla favolistica popolare, chiariamo, per la verità storica, che questa contrada, destinata a divenire molto nota con l'avvento del vino prodotto dall' Alliata di Villafranca, sin da tempi remoti, quand'era ancora una landa incolta, veniva citata in atti e contratti con lo stesso toponimo di oggi " Contrada Corvo", e talvolta come "Petra di lu Corvu", essendovi, in quel luogo, un alto sprone di roccia sul quale sovente stavano, e stanno, appollaiate numerose colonie di questi volatili diffusissimi in Sicilia.
Il vino che davano le uve di questa contrada, pare fosse, diversamente dagli altri vini siciliani, di media gradazione, di corpo leggero, di gusto morbido e fruttato, una assoluta novità per una terra adusa a produrre, quasi esclusivamente, pesanti vini da taglio."*

* Tratto dal volume "Gli Alliata Principi di Villafranca e Duchi di Salaparuta - La ruta e la vite", di Giovanna Bongiorno. Le immagini sono prese dallo stesso libro: l'acquarello ritrae l'antico baglio di Cateldaccia, opera di Felicita Alliata di Villafranca; la donna in foto è Sonia Alliata Duchessa di Salaparuta.
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