La 'prima' all'Excelsior di 'Libera Me'

La 'prima' all'Excelsior di 'Libera Me'

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Il Cinema Excelsior è stracolmo per la prima di Libera Me, l'ultima fatica dei registi Piero De Luca e e Massimiliano Aiello su soggetto e  sceneggiatura di Sarah Iles.

Un lungometraggio, 1h e 20' la durata, che ha già ottenuto un prestigioso riconoscimento al Los Angeles Cinema Fest, come migliore produzione indipendente.

Diciamo subito che il film ha luci e ombre, e non è per restare in equilibrio, ma è proprio così: alcune cose ci sono piaciute, addirittura affascinato, altre non ci sono piaciute o forse noi non le abbiamo capite, partendo in ogni caso dal presupposto che non abbiamo alcun 'titolo' particolare per esprimere opinioni se non quelle del semplice fruitore dello spettacolo.

E le diciamo proprio perchè crediamo che Iles, Aiello e De Luca e tutto il cast, attori e collaboratori, abbiano dato vita ad una esperienza unica e straordinaria; ma proprio per questo quelli che noi riteniamo limiti e insufficienze vanno prese per quello che sono, e cioè uno stimolo ad andare avanti ed a fare sempre meglio.

Partiamo dalle cose belle e convincenti: le riprese, le ambientazioni  e soprattutto il montaggio.

Certo hanno facile gioco i due registi Massimiliano Aiello e Piero De Luca, ad affascinarci con luoghi già di suo irresistibili, le riprese del Faro di Capo Zafferano, la dolcezza dei declivi dele nostre campagne, il mare 'nostrum', il sole che filtra tra gli alberi in un gioco di luci e ombre, virtuosimi che magari fanno un pò cerimonia di nozze, però sono belle comunque.

E questo è importante per un film che va all'estero.

Forse talvolta la ricerca dell'effetto è troppo insistita, pensiamo alla sequenza del faro-labirinto, o troppo ricercata al punto da essere leziosa e manierista, sono nei però comunque perdonabili.

La sceneggiatura e i dialoghi di Sarah Iles sono scarni ed essenziali, e secondo noi non è un pregio: film con lunghissimi silenzi li possono fare, non ce ne vogliano registi e protagonisti, solo grandi registi con grandissimi attori. Pensiamo ad Antonioni, a Bergmann, ma anche al più recente Balla coi lupi o ad altri film dedicati all'ambiente e alla natura.

Lasciare la protagonista per tanti lunghissimi, interminabili minuti in balìa della videocamera non è stata probabilmente una buona scelta. Il film sia pure nella 'lentezza' dei tempi necessari per descrivere mutazioni di stati d'animo e di umori avrebbe potuto e dovuto avere ben altro ritmo.

La protagonista Sabrina, interpretata dall'esordiente Fabiola Rigano (foto di copertina), è brava sì, però non ha, a nostro avviso, la maturità recitativa, per reggere la complessità del personaggio che è stata chiamata ad interpretare, sconta quindi  l'inesperienza sua ed anche una direzione su questo punto carente.

I primi piani insistiti ed i lunghi silenzi richiedono nel protagonista una complessità interiore ed una forza interpretativa che solo grandissimi attori o attrici con grande esperienza sanno esprimere. 

altQualche difficoltà abbiamo avuto  in certi momenti a capire e a seguire la trama del film, un pò scolastica anche se su una problematica attuale: ad un primo tempo in cui sembrava che la ragazza fosse vittima delle piccole quotidiane vessazioni di un compagno egoista, possessivo, autoritario ed anche un pò manesco, che considera gli altri  alla stregua di poltroncine, segue però un secondo tempo, in cui si accentuano una serie di elementi che portano lo spettatore a pensare che in realta sia lei, Sabrina, una sorta di squilibrata mentale: voci, visioni strampalate, allucinazioni, incubi, tentativi di suicidio, una creatura che perde i contatti con il mondo che le sta attorno e che vaga stranita da un posto all'altro.

Un passaggio troppo brusco da un clima di serenità e dolcezza ad uno di tensioni e paure, ed una conseguenza, lo scatenarsi del subconscio di lei, troppo sproporzionato rispetto alla causa, le 'cattiverie' del compagno.

E nella trama solo casualmente e forse anche troppo artificialmente vengono episodicamente 'fiondati' elementi del subconscio che risalgono forse alle violenze subite nell'infanzia ed alla ricaduta nel baratro dei suoi incubi, con il richiamo ad alcuni simbolismi un pò ingenui, pensiamo al braccialetto ad anelli o alle visioni dell'uomo barbuto, Maurizio Gagliardo.

Lodevole il contributo degli attori, anche se va detto che un gradino più in alto degli altri ci sta il protagonista, Alessandro Fricano Gagliardo; la sua è stata un'interpretazione non esente da pecche, (in qualche passaggio del film non trova le corde giuste), però di carattere e complessivamente convicente, lo rivedremo certamente e volentieri.

Tra gli altri attori, Maurizio Gagliardo, Stefano Picone e Martina Scardina e Angela Misuraca, una citazione la merita certamente quest'ultima.

La coppia Max Aiello-Piero De Luca (foto interno pagina) è ormai matura per il grande salto: l'impressione finale, anzi la nostra certezza è che, se i due registi riuscissero a mettere le mani su una bella storia, una eccellente sceneggiatura, e magari su un pò di finanziamenti, potrebbero realizzare qualcosa di grande e di veramente importante

Abbiamo lasciato volutamente alla fine il giudizio sulla colonna sonora per la quale vale un solo aggettivo: straordinaria. L'autore, Marcello Salamone, è un vero talento. Le musiche sono la vera spina dorsale del film, l'elemento che riesce a tenere assieme i vari momenti e a dare quel senso di unità e coerenza logica a tutta l'opera.

Si replica il 13 maggio.

Angelo Gargano