Emanuele Tornatore sul naufragio dei migranti: dov'è tuo fratello?

Emanuele Tornatore sul naufragio dei migranti: dov'è tuo fratello?

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Certo, settecento corpi stesi a terra farebbero più impressione, invece si trovano dispersi in mare, quello stesso mare che unisce, quello stesso mare che rappresentava una speranza è divenuto sepolcro.
Settecento morti inghiottiti dal mare non indignano neanche, ci saremmo indignati anche per due cadaveri europei, italiani ancora meglio. 

La vita e la morte ci appartiene tutti, la vita e quindi la morte non guarda il colore della pelle, il Dio in cui si crede, il posto in cui si abita, il partito che si vota.

 Sono italiano per caso, per caso sono bianco, per caso ho ricevuto una educazione cristiana. Eppure davanti alla vita e alla morte, davanti al dramma, al dolore, alla tragedia, riusciamo a fare le differenze. Non riuscirò mai a capirlo, non riesco a comprendere perché tanta indifferenza dal perbenismo della nostra comunità, delle nostre famiglie e perché tanto odio da parte di chi fa lo sciacallo pur di avere voti e occupare un posto alla camera dei deputati. Con i morti e con la vita non si scherza, non ci si può approfittare, è indegno per chi lo fa, è indegno per chi lo accetta. 

Non sono settecento corpi, sono settecento vite spezzate, uccise, annientate dalla loro speranza stessa, dal bisogno, dalla necessita di sfuggire la morte, la guerra, la miseria. Settecento vite che si aggiungono a molte altre migliaia, sepolte non dal mare ma dal silenzio di chi ci governa dal basso e dall'alto, sepolti dal silenzio dell'ONU e della tanto decantata UE, silenzio dell'Impero Americano che pure con molta apprensione s occupa di portare la democrazia negli Stati che però sono sovrani. Questo silenzio affoga più del mare, raggela più dell'acqua tumultuosa nelle notti in cui si consumano le tragedie. 

Ci saranno le ennesime manifestazioni, l'ennesimo cordoglio, l'ennesima visita a Lampedusa, le ennesime dichiarazioni, e poi assistiamo allo scontro politico, alla organizzazione criminale che si organizzerà per fare profitto, allo scarica barile di responsabilità politiche e amministrative. 

E aspetteremo altri settecento morti, forse mille, duemila, ma chi se ne importa, tanto non sono i nostri morti, non sono i nostri bambini, sono sono le nostre donne e i nostri uomini. 

"Caino dov'è tuo fratello?" - chiedeva Dio e a quella domanda ferma, severa, ma ahimè retorica, Caino rispondeva con la superbia, con l'arroganza di chi sapeva di avere sbagliato, sapeva di avere la coscienza sporca: Sono io il custode di mio Fratello? Caino risponde alla domanda con un'altra domanda, la risposta di Caino spesso è la nostra risposta, è la risposa di chi chiude la porta di casa propria e tutto ciò che è fuori non conta.

Mi piace ricordare, l'Odissea e in particolare l'intervento di Nausicaa, figlia del re Alcinoo, la quale, alla vista del naufrago Ulisse, si rivolge alle ancelle con queste parole: "Fermatevi,ancelle,per favore.Dove fuggite al veder un uomo?Pensate forse che sia un nemico?Non c'è tra i mortali viventi,né mai ci sarà,un uomo che venga alla terra dei Feaci a portar la guerra:perché noi siamo molto cari agli dèi.[...] Ma questi è un infelice,giunge qui ramingo.Bisogna prendersi cura di lui,ora:chè vengono tutti da Zeus,forestieri e mendichi,e un dono anche piccolo è caro.Su,ancelle,date all'ospite da mangiare e da bere,e lavatelo prima nel fiume,dove c'è un riparo dal vento" e ancora il Libro del Deuteronomio, lo stesso Dio afferma :Non lederai il diritto dello straniero [...] ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha redento l'Eterno,il tuo Dio; 

Meditiamo, meditiamo, ma non rimaniamo in silenzio. il silenzio uccide sempre.

Emanuele Tornatore