Il gioco delle tre carte- di Ezio Pagano

Il gioco delle tre carte- di Ezio Pagano

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“Questa vince e questa perde, questa perde e questa vince, dov’è l’asso?”. Niente paura, non parlo di scommesse, ma di fantapolitica: quella di Salvini & Di Maio, dove loro vincono comunque, e noi perdiamo sempre.

In questi giorni ho riletto un mio articolo pubblicato su Bagherianews dal titolo “I nuovi bulldozer”, e per quel che vale, mi sono complimentato con me stesso, anche se mi son detto: perché continuo a scrivere di queste cose, se nessuno dei destinatari pare essere interessato? 

Adesso mi occuperò di una questione a me molto cara e vi chiedo: secondo voi, una foto con l’amico macellaio, due carrozzine per diversamente abili, la rimodulazione delle strisce blu o la potatura di quattro alberi, tutte cose utili, sono compiti inderogabili per un Sindaco? E s’è sì, chi dovrà allora occuparsi dei grandi problemi della nostra identità? Si, ho detto della nostra Identità! Perche l’Identità di una città è cosa importante che rappresenta quell’insieme di valori formali originati da beni materiali e immateriali, visibili e invisibili del territorio, e in quanto tale ne determinano l’humus in ogni cittadino. A Bagheria, questi valori iniziati in tempi remoti con Padre Francesco Castronovo, fondatore della scuola pubblica locale si sono tramandati sino ai nostri giorni con Peppuccio Tornatore, regista Premio Oscar, passando per Buttitta poeta, Guttuso pittore e Scianna fotografo, per citare solo nomi illustri. Poi ci sono i beni architettonici e naturalistici, ma anche le necropoli e tanto altro.
Alla luce di tutto ciò, e mettendo da parte i discorsi da caffè, la strada maestra per la politica identitaria è già tracciata: quella del turismo culturale, dove la Cultura con la “C” maiuscola e il “Museo Guttuso” sono in pectore i più “titolati”. Cosicché, avere le idee chiare sul “Museo Guttuso” è fondamentale se si vuole trasformarlo in locomotiva della città. Per questo motivo metterò il dito sulla piaga, dicendo ch’è necessario impegnarsi per sviluppare un progetto espositivo degno di questo nome. Occorrerà quindi puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità com’è stato fatto in passato, trasformando lo spazio di Villa Cattolica da mero magazzino di quadri in un luogo espositivo d’eccellenza di opere d’arti.
Solo dopo si potrà parlare di street foof a Bagheria: dello “sfincione” bianco, della “vastedda” con la ricotta, del Beer & Pork, del Verdello Fest e di tutte le altre leccornia che si vuole, certamente utili se come corollario di un grande progetto per il rilancio della Città. Al contrario dannosi, perchè potrebbe trasformare l’aristocratica Bagheria in un quartiere popolare periferico della Città metropolitana di Palermo, dove chi verrà a Bagheria lo farà solo con l’intento d’ingozzarsi di cibo di strada e magari prendersi una sbornia con birre scadenti. Se così fosse: ahinoi, povera Bagheria!

In copertina: Bagheria street food. Nella foto un mangiatore di sfincione: uno come tanti altri. L’aristocratica Bagheria. Nella foto due grandi pensatori: Peppuccio Tornatore e Ferdinando Scianna.

 

 

 

 

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