Cronaca

Sono  un centinaio i lavoratori delle tre società edili confiscate all'ex tycoon della sanità Michele Aiello, e che orami da tempo immemore in cassa integrazione chiedono di essere riavvati al lavoro in una serie di cantieri che sono lì per lì per essere aperti.

Alla testa del corteo colorato dalle bandiere rosse, che ha percorso via Dante, corso Butera e corso Umberto sino alla sede comunale lo striscione con la scritta 'Lavoro e legalità' e i delegati sindacali Santo Bologna, Franco Macaluso della Fillea CGIL provinciale ed i dirigenti della Camera del Lavoro di bagheria.

Qualcosa sul fronte delle commesse  si è già mosso, una piccola partecipazione alla costruzione della strada da Bolognetta a Lercara, ma si resta in attesa di cose ben più corpose, quali il completamento del padiglione in costruzione a  villa Santa Teresa, che dovrebbe ospitare il Polo oncologico pediatrico ed il cui rallentamento è dovuto alle incertezze del piano sanitario regionale ed al rapporto con l'Istituto Rizzoli di Bologna; è bloccato però il mattatoio di Partinico, e la crisi del comparto dell'edilizia abitativa ritarda anche il progetto di realizzare su un'area di via Libertà di proprietà dell'azienda, degli appartamenti destinati ad edilizia residenziale.

Dal 2013 ad oggi si è andato avanti con la cassa integrazione, che peraltro da tre mesi non viene pagata, ma i lavoratori lo dicono da tempo e senza mezzi termini: "Basta con gli ammortizzatori sociali, vogliamo il lavoro produttivo".

Dopo il corteo cittadino, nell'aula consiliare si è svolto un confronto serrato tra i lavoratori che hanno rappresentato la loro difficile condizione e  l'amministrazione nella persona del sindaco Patrizio Cinque, che a conclusione ci ha dichiarato: "Innanzitutto ringrazio i lavoratori per la maturità e la consapevolezza con cui stanno affrontando questo passaggio difficile in una situazione generalizzata di crisi economica; per quanto mi riguarda penso di prendere contatto con il Prefetto, per sollecitarlo a fare pressioni nei confronti dell'INPS, per liquidare a questi lavoratori la cassa integrazione pregressa."

Farò - conclude Patrizio Cinque - tutto quanto è in mio potere per cercare di sbloccare e rendere più celere il percorso che dovrebbe portare all'apertura e alla realizzazione di lavori anche all'interno del nostro comune. Comprendo il dramma di queste famiglie e non mi risparmierò per trovare una qualche soluzione ai loro problemi"

Mercoledì 25 marzo scandendo lo slogan "L’unico ammortizzatore sociale che riconosciamo è il lavoro”, scenderanno in piazza a Bagheria i lavoratori delle aziende edili confiscate ad Aiello.

Lo grideranno  a gran voce gli edili della Fillea Cgil che domani a Bagheria manifesteranno per una giornata di mobilitazione di tutti i 114 dipendenti di Ati Group, Edimar ed Ediltecna, le tre aziende di Bagheria confiscate alla mafia, appartenute a Michele Aiello. Cgil Palermo e Fillea chiedono all’azienda in amministrazione giudiziaria di far ripartire i lavori nei cantieri fermi ormai da più di un anno, rimasti inattivi da quando, con la confisca definitiva, il patrimonio della società è stato estrapolato e ceduto allo Stato. 

L’azienda, entrata in crisi, ha dovuto mettere gli operai in cassa integrazione e malgrado le diverse commesse in corso, e l’acquisizione di nuove commesse, tra cui quelle di recente affidate dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati, i cantieri sono rimasti inattivi e in questo momento lavorano solo 10 operai edili su 80 (dei 114 fanno parte anche 17 metalmeccanici e 8 impiegati). Il sindacato ha chiesto un incontro con l’Agenzia per superare gli ostacoli che intralciano la riattivazione delle opere interrotte.

Il concentramento è domani alle 9.30 in via Dante, 70, angolo via città di Palermo, sede dell’azienda. Verso le 10 il corteo proseguirà per corso Butera e corso Umberto, per raggiungere il Comune. Nell’aula consiliare si terrà un’assemblea con i lavoratori, alla quale sono stati invitati il sindaco, il presidente del consiglio comunale e i capigruppo.

Chiediamo che ripartano i lavori per il completamento di Villa Santa Teresa, la costruzione del mattatoio di Partinico e il cantiere interrotto dentro il Policlinico - dichiarano il rappresentante della segreteria Cgil di Palermo Mario Ridulfo e il rappresentante della Fillea Cgil Franco Macaluso - A maggior ragione dopo la firma del contratto con la Bolognetta-Lercara, un importante ma piccolo affidamento che non risolve il problema di tutti i 114 dipendenti, resta il problema degli altri cantieri fermi da mesi che tardano ad attivarsi. La situazione è sempre statica e le difficoltà quotidiane dei lavoratori invece aumentano. C’è una grande attesa e queste speranze vengono poi disilluse”. 

Fermi del tutto sono l’ampliamento di Villa Santa Teresa, iniziato nel 2013, e la commessa del Policlinico (non legata alle opere di ammodernamento in corso). Il lavoro per la realizzazione del Mattatoio di Partinico, appaltato dalla Provincia nel 2001 a un’altra azienda è stato affidato all’Ati Group successivamente, dopo un periodo di blocco. Impegna attualmente solo 3 operai e i lavori di avanzamento non procedono. Altri 3 operai del gruppo lavorano per conto dell’Agenzia per i beni confiscati in un supermercato di Castelvetrano. Ati Group inoltre ha un contratto con Villa Santa Teresa per 4 lavoratori impiegati nel settore delle pulizie.

Da quando il patrimonio è stato confiscato, sono iniziati i problemi di liquidità perché le banche non hanno concesso più credito all’azienda. Oggi a tutela del bene ci sono solo i lavoratori e i mezzi, in parte obsoleti. E’ iniziata una crisi che ha fatto chiudere i cantieri malgrado le diverse commesse in grado, se portate avanti, di dare lavoro e reddito aggiungono Ridulfo e Macaluso Più volte abbiamo denunciato i limiti della normativa, concentrata sulla gestione dei beni. Per le poche aziende che arrivano alla confisca definitiva non c’è la stessa attenzione. Abbiamo sollecitato l’Agenzia, unitamente all’amministrazione giudiziaria. Domani si riunisce il direttivo. Chiediamo di dare al più presto seguito alla nostra richiesta”.
 

Gianluca Califano e Salvatore Benigno, entrambi bagheresi di 22 anni, arrestati il 21 febbraio scorso con l'accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso sono stati scarcerati.  Lo ha deciso il Tribunale del riesame che li ritiene imputabili solo del reato di danneggiamento, che, essendo un reato che prevede una pena massima inferiore a tre anni, rende  inapplicable la misura cautelare in carcere.

Ai due ragazzi gli investigatori arrivarono  analizzando le immagini delle telecamere del negozio di macchine agricole preso di mira lo scorso agosto. Un mese prima la stessa attività commerciale era stata bersaglio di un altro tentativo di incendio che aveva danneggiato la saracinesca, ed il titolare aveva negato di avere ricevuto richieste estorsive. 

Per l'accusa, si era trattato di un chiaro messaggio intimidatorio in perfetto stile mafioso, organizzato da Pietro Flamia.

Solo che a Flamia, in manette dopo l'operazione Reset del giugno scorso, questo episodio estorsivo non è stato contestato. E neppure sono emersi contatti fra Flamia e i due indagati. Da qui la decisione del Riesame di annullare l'arresto dei due indagati, che erano difesi dall'avvocato Riccardo Bellotta.

Resta il dubbio sul movente del danneggiamento. Se i due giovani sono gli autori e la mafia non c'entra bisogna accertare cosa li abbia spinti ad appiccare le fiamme servendosi di liquido infiammabile.

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Gianluca Califano                                             Salvatore Benigno

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