Stimati ottocento milioni i beni confiscati ad Aiello

Stimati ottocento milioni i beni confiscati ad Aiello

cronaca
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E' una cifra da iscrivere nel Guinness dei primati, la confisca del patrimonio di Michele Aiello che viene fatto ascendere a ottocento milioni di euro.

La sentenza è di qualche giorno fa, ma è stata notificata  l'altro ieri nel carcere milanese di Opera, dove si trova da una settimana per accertamenti sanitari ( secondo quanto riferito da uno dei suoi avvocati, avrebbe perso quindici chili di peso), al tycoon della sanità siciliana che sta scontando una condanna in appello di quindici anni e sei mesi inflittagli nel processo "Talpe in procura".


La sentenza è stata emessa dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presidente Cesare Vincenti, giudici a latere Guglielmo Nicastro ed Emilio Alparone.

I legali di Aiello hanno annunciato che interporranno appello.

Cliniche , appartamenti, auto e bache di lusso, ville, terreni, quote societarie e conti correnti milionari: le cifre riportate dai giornali oscillano dai 90 ai 250 milioni di somme depositate presenti solo nei 151 conti correnti confiscati.
E non solo i beni realizzati dopo l'ingresso nel lucroso mondo della sanità, ma anche quelli acquisiti in precedenza quando Michele Aiello e il padre Gaetano, costruivano stradelle interpoderali e ristrutturavano chiese e conventi in mezza Sicilia, con i cosiddetti cantieri scuola.

Il p.m. Ferrara che ha sostenuto l'accusa ha dichiarato:" Abbiamo dimostrato che la creazione delle fortune di Aiello era di origine illecita, ecco perché abbiamo ottenuto prima il sequestro ed ora la confisca dei beni. Fina dalla creazione del suo impero economico ha avuto il sostegno del boss Bernardo Provenzano e di tutta cosa nostra corleonese."

Si è aperta già la discussione su chi dovrà gestire le strutture sanitarie e la galassia di società nel momento in cui negli altri due gradi di giudizio la sentenza dovesse essere confermata.

Vi risparmiamo l'ipocrisia delle dichiarazioni di compiacimento di quei politici siciliani con incarichi nazionali, che, allorchè Aiello era ben saldo in sella, facevano la fila dietro la porta del suo ufficio per chiedergli cortesie e favori.


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