"Gli anni del manganello" - di M. L. Florio

"Gli anni del manganello" - di M. L. Florio

cultura
Typography
E’ una splendida giornata di primavera. Dopo il suo coraggioso intervento, il leader dell’opposizione lascia il Parlamento. E’ preoccupato e ai suoi compagni di partito dice, tra il serio e il faceto, di preparargli l’orazione funebre. Passano alcuni giorni.

E’ un pomeriggio di giugno, il giovane parlamentare esce di casa alle 4 del pomeriggio, saluta la moglie e si avvia.
Per strada una macchina nera con a bordo quattro individui tra cui Amerigo Dumini, un caporione fascista tra i più accaniti, lo segue. Il parlamentare viene preso, fatto entrare a forza in macchina e imbavagliato. Quattro picchiatori professionisti lo tempestano di botte e d’insulti e poi ci scappa anche una coltellata. Ben presto ci si accorge però che il poveraccio è agonizzante e che spira di lì a poco. Lo abbandonano quindi in aperta campagna dopo avere scavato una fossa di fortuna.


C’è anche il delitto Matteotti nel volume, ormai pressoché introvabile, di Walter Tobagi Gli anni del manganello”, edito nel 1973 dalla Fabbri.
Tobagi, giornalista intelligente e attento, scrupoloso nella ricostruzione dei fatti narrati, sarà ucciso a trentatré anni da terroristi di estrema sinistra. Nel libro, ripercorre il biennio di fascistizzazione dello Stato ricostruendo con dovizia di particolari l’efferatezza di alcuni omicidi eccellenti, tra cui quello di Giacomo Matteotti, la strage di Torino in cui furono trucidate 12 persone, l’aggressione a Giovanni Amendola e tanti altri fatti di sangue per lo più ormai, quasi del tutto, dimenticati.

Un biennio nero in cui, tra il 1924 e il 1926, prese il via in Italia, quel processo di distruzione democratica che portò il Governo Mussolini a trasformarsi, indisturbato, in una vera e propria dittatura. Nel novembre del ’26, alla fine di un lungo periodo costellato di delitti e soprusi di vario genere in un processo, ormai ultimato, di graduale perdita di ogni diritto democratico, il consiglio dei ministri potrà deliberare “la soppressione di tutti i giornali di opposizione, lo scioglimento di tutti i partiti e altre organizzazioni contrarie al regime.”


Ma è interessante e, ovviamente assai inquietante
, ripercorrere quel percorso di intorpidimento delle coscienze, di lenta agonia democratica in cui si può morire per aver difeso un’ idea di giustizia e libertà, in cui si può, tranquillamente, essere presi, di notte, dal letto dove si dorme con la propria moglie ed essere uccisi lì davanti ai suoi occhi. Anni di processi sommari, di confino, manganellate e olio di ricino, in cui le camicie nere agivano indisturbate e magari preservate nel loro santo operato da una improbabile Madonna del manganello, con santini allegati, protettrice delle gloriose gesta.

Bene ne scrisse anche Francesco Flora, intellettuale del tempo (Ritratto di un ventennio, riedito qualche anno fa dalle Edizioni della Battaglia con una bella prefazione di Maurizio Padovano) alla fine del secondo conflitto, denunciando vent’anni di prepotenze e abusi. Dove finirono poi tutti quanti? Che fine fecero i protagonisti di tanto dolore? Dumini, il caporione del delitto Matteotti, ad esempio, fu spedito in Africa e sopravvisse ai diciassette colpi di un plotone di esecuzione inglese (ne scrisse poi anche un libro dal titolo appunto: Diciassette colpi) salvo poi morire, nel 1967, per le ferite riportate da una caduta accidentale.

Alla fine del libro Tobagi ci regala, infatti, anche una sorta di dizionario enciclopedico dei protagonisti di quel terribile biennio. Intanto però l’Italia era rimasta orfana di tanti uomini eccezionali che avrebbero potuto dare nuovo corso ad un paese che divenne: prima una dittatura e poi una democrazia imperfetta e limitata. Un libro che farebbe piacere vedere ripubblicato, che necessita, specialmente di questi tempi, di essere letto, meditato, divulgato e che testimonia, infine anche la capacità d’inchiesta di un giornalismo serio ed etico che, malgrado tutto, ha lasciato comunque una piccola eredità di coraggio e speranza.

E da un giornalista ad un altro, ricordiamo il bel libro, presentato qualche giorno fa presso la libreria Interno 95, di Claudio Fava: I disarmati. Storia dell’antimafia: i reduci e i complici. C’è di certo una linea coraggiosa e invisibile che lega uomini e storie.
Non è un caso, infatti, che nel calendario dei Santi laici pubblicato da Beppe Grillo nel suo blog (apri e scaricalo da qui) accanto a Giovanni Amendola, ucciso dai fascisti nel 1926, ci sia anche Pippo Fava, coraggioso giornalista e scrittore ucciso dalla mafia venticinque anni fa. Quella volta, però, era una fredda giornata d’inverno.




recensione di Maria Luisa Florio
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.