Sciascia venti anni dopo: attualità e vitalità di un grande scrittore

Sciascia venti anni dopo: attualità e vitalità di un grande scrittore

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Di quanto ci manchi oggi Sciascia ha ben scritto nei giorni scorsi lo scrittore Marcello Benfante dalle colonne de La Repubblica di Palermo: un lutto, forse, ancora non del tutto elaborato. Intellettuale rigoroso, onesto, lucido, a volte anche spietato, nell’analisi di una società sempre più a democrazia limitata, l’autore de "Il giorno della civetta",

polemista coltissimo, non sempre facile, da sempre ha preteso lettori attenti-anche ai particolari- e ha fatto discutere, dibattere e animato la cultura dell’ultimo mezzo secolo.

La straordinaria vitalità di Sciascia a vent’anni dalla sua scomparsa, oggi è quanto mai sorprendente.

Molti scrittori non riescono, essendo, forse, la loro opera strettamente legata al momento storico vissuto, ad essere così vivi come lo scrittore di Racalmuto, che viene, infatti, continuamente citato e suscita ancora dibattiti quando non vere e proprie polemiche.

Parlare oggi di Sciascia, a vent’anni dalla morte, rileggerlo, appare quanto mai importante per riuscire a meglio comprendere e analizzare questi tristi e oscuri tempi. A lui, che aveva denunciato il malaffare, la corruzione ai livelli alti degli apparati (che ancora, invano, si cerca di scoperchiare), a lui che all’attività di scrittore aveva affiancato l’impegno in prima persona, questi tempi non avrebbero fatto, forse, l’effetto amaro che fanno a noi.

A Sciascia, infatti, si riconosce una capacità d’analisi ai limiti della preveggenza.

Anche la vedova Borsellino, dopo anni di amare polemiche, in merito al famoso articolo sui professionisti dell’antimafia, gli riconobbe che “aveva già capito tutto e in anticipo”. Anche in quel caso si trattava, proprio qui nella patria del familismo amorale, di semplice rispetto delle regole prima di tutto: senza arbitrarietà, nel bene e nel male. Il passo decisivo per quell’educazione alla democrazia che ancora oggi stentiamo ad avviare e consolidare.

La conditio sine qua non al divenire, finalmente, cittadini ed elevarsi, in mezzo a tanti, troppi mezzi uomini o quaquaraquà, alla condizione di uomini, che, per citare Rousseau, ancora oggi troppi “pochi uomini sanno adempiere” .

Sabato la Pro Loco di Casteldaccia lo ricorda nei propri locali alle 18.00 con una serie di conversazioni-intervento di Maurizio Padovano, Maria Luisa Florio, Mariolina La Monica e Concetta Giamporcaro. Vincenzo Mancuso curerà la parte musicale, mentre Dora Turco leggerà alcuni brani di opere dello scrittore.

 

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