Cronaca

Gli incendi sono scoppiati poco dopo le 17 del pomeriggio di sabato, quando in Clinica erano presenti solo il custode e pochissime altre persone: nelle due trazzere laterali che contornano la Clinica e risalgono verso il monte Catalfano, è stato dato fuoco a due aree, in cui in pochi minuti per il forte vento di scirocco e la presenza di sterpaglie ed erbacce le fiamme si sono levate alte.

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I Carabinieri del Gruppo di Monreale hanno dato esecuzione al decreto di sequestro dei beni ai fini della confisca, emesso dal Tribunale di Palermo-Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti di SALPIETRO Vincenzo di Trabia, del figlio SALPIETRO Sebastiano e del genero TERESI Antonino, in atto detenuti.

La misura è scaturita a seguito degli accertamenti patrimoniali effettuati dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale e della Sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Palermo, che hanno proposto alla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo il sequestro dei beni intestati a SALPIETRO Vincenzo ed ai suoi familiari, a seguito delle indagini convenzionalmente denominate Camaleonte, con le quali si disarticolava una vasta associazione mafiosa facente capo all’allora latitante Salvatore RINELLA, già reggente del mandamento mafioso di Trabia, poi catturato nel marzo 2003 dai militari nel suo covo di Palermo, illustrando nel contempo la mappa criminale dell’articolazione criminale.

Pertanto, il Tribunale-Sezione M.P., sulla base di un processo indiziario presunto da quelle investigazioni, nonché sulla base della sproporzione tra i redditi dichiarati ed il notevole patrimonio immobiliare posseduto dai predetti, ha disposto il sequestro dei sottonotati beni:

· nr. 13 appartamenti;

· nr. 05 magazzini e box;

· nr. 38 terreni agricoli;

· nr. 05 conti deposito a risparmio;

· nr. 01 rapporti di credito presso istituti bancari;

per un valore complessivo di circa 1.500.000 di euro.

Palermo, 28 settembre 2012

Fonte Ufficio Stampa Provinciale dei Carabinieri

Ancora una rapina a mano armata a Bagheria: intorno alle 19.30 di giovedì 27 settembre, poco prima quindi dell'orario di chiusura, due giovani hanno fatto irruzione nella Farmacia Filippo Bonanno di via Mattarella.

Uno dei due, secondo le descrizioni di circa 25 anni,  di altezza media, e con il volto travisato da occhiali da sole, ha puntato la pistola contro i quattro-cinque clienti che in quel momento si trovavano all'interno e contro gli impiegati e i titolari, tenendoli sotto tiro.

L'altro che sembrava più giovane è andato subito dietro il bancone ed ha razziato dalla cassa circa 400 euro: subito dopo i due sarebbero scappati su una moto di colore nero tipo Piaggio Liberty, stando a quanto hanno riferito alcuni testimoni, facendo perdere le loro tracce.

La polizia chiamata subito dopo il fatto, ha fatto i rilievi e raccolto le testimonianze per tentare di risalire agli autori del gesto.

Ormai quello di rapine effettuate anche con modalità gravi, e cioè l'uso di armi da fuoco e percosse, soprattutto quando le vittime sono soggetti deboli o anziani stanno diventando nel nostro territorio una emergenza quotidiana.

E non è solo il disagio sociale a provocare questa esplosione di criminalità, perchè talvolta gli autori di questi fatti sono persone "normali" nel senso che svolgono regolari attività lavorative.

La Polizia invita i cittadini a segnalare tempestivamente auto o individui sospetti soprattutto di sera e di notte, e di collaborare anche con le testimonianze nella identificazione  dei malviventi.

E' una vera e propria holding di imprese, con interessi in tutti settori, dall'edilizia privata a quella pubblica, porti, aeroporti, autostrade, reti idriche e fognarie, alberghi e residence. Valore stimato 25 milioni di euro. La polizia di Trapani ha messo le mani su quella che ritiene essere una sostanziosa fetta del patrimonio occulto dell'ultimo boss superlatitante di Cosa nostra, quel Matteo Messina Denaro al quale polizia e carabinieri danno la caccia da vent'anni.

A gestire in maniera più o meno occulta le 14 aziende delle quali il questore di Trapani Carmine Esposito ha ottenuto dal tribunale sezione misure di prevenzione il sequestro di buona parte delle quote era Vito Tarantolo, un imprenditore edile di 66 anni di Erice, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine, già arrestato a luglio del 1998 e poi condannato per favoreggiamento ad un anno e mezzo di reclusione. Condanna che non lo ha mai allontanato dai vertici di Cosa nostra trapanese, prima il vecchio boss Vincenzo Virga, poi Francesco Pace, ora Matteo Messina Denaro. Una contiguità di cui negli anni hanno parlato collaboratori di giustizia attendibili, da Giovanni Brusca a Vincenzo Sinacori ad Angelo Siino.

Secondo il certosino lavoro della Divisione anticrimine della questura di Trapani guidata da Giuseppe Linares e del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Trapani, le aziende delle quali Tarantolo era amministratore di fatto si sono aggiudicate negli anni appalti per decine e decine di milioni di euro. Su tutte la Co.ge.ta alla quale dal 2003 al 2006 sono andati i lavori di recinzione dell'aeroporto di Punta Raisi per 2 milioni e 600 mila euro. Un appalto per il quale i boss palermitani chiesero a Tarantolo il pizzo, richiesta alla quale l'imprenditore rispose coinvolgendo i boss trapanesi.

Formidabile riscontro è stato trovato nei "pizzini" sequestrati al boss Salvatore Lo Piccolo nel covo di Giardinello al momento del suo arresto. In tre di quei pizzini la cui paternità è stata attribuita al boss Messina Denaro, a Lo Piccolo veniva posta la questione del pizzo alla Co. ge. ta controllata da Tarantolo. E un intervento analogo sarebbe stato operato dal capomafia trapanese nei confronti della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo che avrebbero ugualmente chiesto all'imprenditore una tangente per lavori svolti nel suo territorio per il rifacimento del depuratore.

Complessivamente, negli ultimi dieci anni la holding di Tarantolo si sarebbe aggiudicata appalti per più di 50 milioni di euro. Tra gli appalti ricostruiti dalla polizia la sistemazione delle banchine del porto di Trapani e il rifacimento di quello di Castellammare, ma anche l'appalto Anas per le barriere di sicurezza della tangenziale di Parma. E ancora i lavori per la rete fognante di Erice, ponti e strade.

La sezione misure di prevenzione del tribunale ha disposto il sequestro anche di 82 beni immobili, 33 tra auto, furgoni e mezzi meccanici, 37 tra conti correnti e rapporti bancari e due società già sottoposte ad amministrazione giudiziaria.
(27 settembre 2012)

repubblica.it 

nell'immagine l'identikit della polizia scientifica di Matteo Messina Denaro

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