Cronaca

Chiediamo un aiuto ai nostri lettori: è stato ritrovato un paio di settimane fa in corso Umberto, davanti la gioielleria Scaduto, un sacchetto di carta delle dimensioni di un libro contenente decine e decine di fotografie che riportano la storia di due generazioni di una famiglia rumena.

Le foto erano avvolte in un foglio di carta che porta l’intestazione di Emergency e in cui si dà conto di una visita medica internistica, di una diagnosi e della conseguente prescrizione medica.

Il foglio reca la firma che riteniamo di un medico FARACI GIOVANNI

Su questo foglio c’è scritto un nome TOMA LENUTA ANISOARA di anni 53 di nazionalità rumena: noi pubblichiamo due foto che pensiamo possano essere quella della donna che ha smarrito con le foto una parte della storia della sua famiglia; immagini che pensiamo le sono particolarmente care e che costituiscono per lei emigrata, il legame più forte con la propria famiglia e la propria terra.

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Per questo vi chiediamo con forza: chiunque possa contribuire a farci avere informazioni su questa donna che presumibilmente vive a Bagheria o nelle vicinanze , si metta in contatto con noi perché chi le ha trovate possa restituirle questo bagaglio di memorie.
Vi ringraziamo in anticipo per la collaborazione. Potete informarci o tramite mail o tramite cellulare

angelogargano@email .it
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cell. 333 8961059
 

Oltre 600mila euro sono stati sequestrati a Massimiliano Ficano, 36 anni, appartenente alla famiglia mafiosa di Bagheria, arrestato nel 2009, insieme ad altri 10 soggetti ritenuti fedelissimi di Bernardo Provenzano; nei suoi confronti erano stati contestati i reati di associazione mafiosa, ricettazione e detenzione di armi, per aver gestito le attività estorsive della cosca e per aver favorito la latitanza del boss e per questo era stato condannato a 8 anni e 8 mesi di reclusione.

Sequestrati un appartamento, un appezzamento di terreno e automezzi, nonché un'impresa di autodemolizione in Bagheria, la "Ficano Leonardo"dove, come emerso nel corso delle indagini che hanno portato al suo arresto nel 2009, erano state intercettate le conversazioni sul giro delle estorsioni e rinvenute, illegalmente detenute, pistole, fucili mitragliatori kalashnikov, silenziatori e munizionamento.

Nel corso della stessa operazione il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo in esecuzione di provvedimenti emessi al termine di complesse indagini economico-patrimoniali, dal Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione. ha operato un altro sequestro che ha interessato un imprenditore palermitano di 60 anni, Benedetto Marciante appartenente alla famiglia mafiosa dell’Acquasanta - Arenella e vicinissimo ai Galatolo, membri storici di detta “famiglia”; per conto di questi ultimi, l’imprenditore ha svolto il ruolo di “prestanome” per l’intestazione fittizia di alcuni beni della “cosca” ed era stato pertanto arrestato, lo scorso anno, a seguito di articolate indagini sviluppare dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo, appunto, per il reato di intestazione fittizia.

Nei suoi confronti sono stati sequestrati, parimenti perché ritenuti finanziati con fonti d’illecita provenienza, un’attività commerciale di prodotti per la casa in Palermo, zona Tommaso Natale, ed un immobile nel quartiere Monte Pellegrino di Palermo, per un valore complessivo di circa 1.500.000,00 euro.


 

E’ stato un detenuto modello nel periodo in cui scontava la condanna a 13 anni e quattro mesi, perché ritenuto esponente di spicco di cosa nostra.

Ha potuto usufruire dello sconto di pena che la legge prevede per i detenuti modello, e cioè tre mesi per ogni anno di pena detentiva; nel suo caso uno sconto di oltre due anni.

E’ stato pertanto liberato Giuseppe Guttadauro, aiuto chirurgo al Civico di Palermo, la cui vicenda si era intrecciata con quella di Mimmo Miceli il consigliere comunale suo amico, che frequentava la sua abitazione in cui il ROS aveva piazzato delle microspie.

Secondo l’accusa era stato proprio il presidente della Regione Totò Cuffaro che per questa accusa sta scontando una condanna a sette anni, ad avere informato Guttadauro della presenza della microspie, tramite Miceli.

Le indagini su Guttadauro, arrestato nel 2001, si arenarono perché il medico fece bonificare la propria abitazione di Via De Cosmi a Palermo.

Ma da quella indagine prese l’avvio quella che portò poi in carcere il tycoon della sanità isolana Michele Aiello e i marescialli del ROS e della DIA, Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro
 

Quelle ricchezze non erano di Bernardo Provenzano, non erano frutto di riciclaggio di denaro mafioso, ma frutto di una attività imprenditoriale legittima che nel caso di Giacinto Scianna, il maggiore dei fratelli, datava sin dal 1968.

I beni che erano stati posti in due occasioni sotto sequestro e il cui valore ascende ad oltre tre milioni di euro sono stati restituiti ai fratelli Giacinto e Antonino Scianna, entrambi imprenditori bagheresi.

La sentenza è stata emessa dalla Corte di Appello del Tribunale di Palermo presieduta da Daniele Marraffa.

Antonino Scianna era difeso dagli avvocati Antonio Impellizzeri e Santi Magazzù, mentre il fratello Giacinto dagli avvocati Francesco Inzerillo e Giovanni Aricò.

La loro vicenda giudiziaria aveva suscitato a Bagheria parecchio scalpore, in considerazione del fatto che i fratelli Scianna era una delle imprese più note a Bagheria che oltre a lavorare nel settore dell'edilizia residenziale,( immobili realizzati dll'impresa Scianna sono in via Mattarella, in via Città di Palermo, in via Angiò ecc..), aveva avuto anche rapporti con la pubblica amministrazione perchè aveva curato sino al 1993 la manutenzione di strade e fognature.

La vicenda aveva avuto inizio nel novembre del 1997, allorchè in seguito alle accuse del pentito Barbagallo, era stato arrestato Giacinto Scianna, che aveva poi patteggiato di fronte al Tribunale di Caltanissetta in un primo procedimento una pena di sette anni; nell'inchiesta era stato anche coinvolto il boss nisseno Piddu Madonia, anche lui assolto in questo processo perchè il "fatto non sussiste".

L'accusa era di avere riciclato capitali di Bernardo Provenzano, in particolare tramite l'immobiliare "La Pineta s.r.l." cui il GIP di Caltanissetta aveva apposto i sigilli di sequestro nel 2002.

In atto in una parte dell'immobiled e"La Pineta" sono ospitati gli Uffici della Polizia Municipale e della Guardia di Finanza

Gli imputati erano tornati per la seconda volta in appello dopo che la Cassazione aveva annullato la prima sentenza di appello "con rinvio": appello in cui Giacinto e Nino Scianna erano stati condannati rispettivamente a dodici e a nove anni, mentre Madonia era stato condannato a 14 anni; anche a Madonia nel 2007 erano stati sequestrati immobili  e quote di società.

Nel corso dei procedimenti giudiziari, alle originarie accuse di Barbagallo si erano aggiunte quelle di due pentiti della "mafia del Vallone", Ciro Vara e Calogero Pulci, oltre a notazioni che sui fratelli Scianna, in sedi e momenti diverse, avevano fatto Nino Giuffrè e Leonardo Messina.

Accuse che non hanno retto al vaglio processuale di appello.

Nella foto un degli immobili dissequestrato in via Mattarella

 

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