C'è anche questo nei verbali delle dichiarazioni di Sergio Flamia e che vengono via via pubblicati sugli organi di informazione. Il Giornale di Sicilia in particolare riferisce di una impresa bagherese che realizzava impianti di illuminazione, e che per un certo periodo curò anche la manutenzione degli impianti elettrici bagheresi, portata al fallimento dal taglieggiamento operato dalla mafia.
Questo 'privilegio' però venne pagato molto caramente: Mimmo Toia il titolare dell'impresa, che dirigeva una attività che generava lavoro e fatturati importanti ha dovuto ripianare con 400 milioni i debiti del Bagheria calcio, ed è stato costretto a campare con tre milioni al mese per almeno 10 anni il boss Pino Scaduto, oltre a dover cedere per pochi spiccioli alla stessa famiglia Scaduto un magazzino a Ficarazzi del valore di 300.000 euro.
L'ultima fonte potenziale di reddito rimastagli, una sala di trattenimenti in località 'Traversa', aveva tentato di strappargliela secondo l'accusa Francesco Raspanti, uno degli arrestati nell'operazione Reset.
Mimmo Toia ha resistito perchè per lui quel ristorante, pur se indebitato, può rappresentare l'ancora di salvezza; anche se la 'ripartenza' malgrado i sacrifici che sta affrontando assieme ai suoi figli si sta rivelando più difficile del previsto.
Un'azienda bagherese ridotta sul lastrico per finanziare la squadra di calcio e cosa nostra
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