Cronaca

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Non c'è traccia di Salvatore Coletta, 15 anni, e dell'amico Mariano Farina, di 12, spariti il 31 marzo 1992 a Casteldaccia: le ricerche che, su mandato dei pubblici ministeri Francesca Mazzocco e Marzia Sabella, erano state effettuate un  ventina di giorni fa sulle ville di contrada Celso sul lungomare di  Casteldaccia, allorchè Carabinieri, Vigili del fuoco , Sommozzatori avevano scandagliato pozzi, cisterne, serbatoi, e piscine in disuso, alla ricerca di qualche traccia utile che potesse disvelare il mistero dei due ragazzini di Casteldaccia, non hanno sortito alcun risultato.

E' probabile che con questi adempimenti infruttuosi su questa storia cada per sempre il silenzio, a meno che, qualche clamorosa e veritiera rivelazione, getti un fascio di vera luce su un episodio ormai consegnato come una delle peggiori pagine della storia della criminalità del nostro territorio. 

In fondo era quello che aveva desiderato la mamma di Salvatore Colletta “Spero che non trovino nulla; voglio continuare a sperare che mio figlio sia ancora vivo.", aveva detto Carmela La Spina, che non ha mai smesso di sperare che un giorno il proprio figlio possa ritornare.

Negli anni '80 alcune di quelle ville erano state abitate da boss della mafia palermitana. Un pentito ha raccontato che nelle residenze di Masino Spadaro, Michele Greco e Filippo Marchese, all'inizio degli anni Novanta, si svolgevano summit alla presenza di Bernardo Provenzano.

In quegli anni killers e rampolli di cosa nostra nella striscia di territorio tra il fiume Milicia e il fiume Eluterio facevano il bello e il cattivo tempo.

In quella zona del Celso accompagnati in motorino da un amichetto erano stati visti per l'ultima volta Salvatore e Mariano.

L'ipotesi che ebbe più credito nell' immediato occorso del teribile fatto fu che i ragazzini avessero  visto cose o persone che non avrebbero dovuto vedere, o, cosa ancora più probabile avessero sottratto, magari per gioco, qualcosa che si trovava o sulla spiaggia o nelle  ville di qualche boss che si era vendicato in maniera spietata dell'intrusione e della mancanza di rispetto di quei due ragazzini.

Oltre che l'insistenza dei genitori di Colletta e del loro avvocato, era stata la dichiarazione di una donna già vicina ad un uomo che frequentava ambienti mafiosi.che avrebbe fatto riaprire questo capitolo delle indagini.

In un primo momento si era cercato anche in territorio di Bagheria, su un muro di cemento a ridosso di una strada, ma anche in questo caso niente che potesse offrire anche il benchè minimo appiglio che potesse fare riavviare le indagini in una direzione precisa.

 


 

Un' indagine avviata nei mesi scorsi orientata a localizzare Vincenzo Cappello, 34enne, originario di via Ponte Parco, a cavallo tra i comuni di Monreale ed Altofonte, aveva consentito ai militari di stringere il cerchio attorno al pluripregiudicato, gravato già dallo scorso gennaio da un ordine di esecuzione per un cumulo di pene ammontante nel complesso a 3 anni di reclusione e più di 2000 euro di multa per furti aggravati ed altri reati.

Il giovane, peraltro tossicodipendente, si era sottratto alle ricerche, preferendo darsi alla macchia piuttosto che affrontare il carcere. L’episodio non è nuovo: già il 31 ottobre 2011, a conclusione di un’operazione analoga, i militari lo avevano raggiunto e bloccato sul corso principale di Balestrate mentre era fermo all’interno di un bar. Dopo un breve periodo di reclusione era stato rilasciato grazie all’indulto, tornando alle abitudini di sempre e finendo vittima di ulteriori condanne.

Questa volta però Cappello aveva completamente cambiato zona, preferendo sistemarsi al centro di Bagheria, abbastanza vicino comunque all’abitazione materna di Altofonte ove poteva ricevere sostegno logistico ed appoggio economico, ed aveva anche irrobustito le cautele per evitare di essere individuato, cambiando scheda sim al proprio telefonino di frequente ed utilizzandone sempre di intestate ad utenti fittizi, impiegando vetture insospettabili, di cui l’ultima intestata ad una ragazza, probabilmente legata a lui da un rapporto ancora da chiarire.

altPeraltro durante la latitanza, armato di pistola, aveva tentato di rapinare due donne nella loro abitazione di via Corpo di Guardia, poi si era dato alla fuga: determinante il contributo della più giovane delle vittime che, collaborando con le forze dell’ordine, ha consentito di riconoscere nel catturando l’autore del reato, così consentendo l’emanazione di un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte del GIP presso il Tribunale di Palermo che lo ha individuato quale colpevole anche di questo ulterirore misfatto.

Nel tardo mattino del 3 maggio i militari lo hanno poi definitivamente localizzato in un parcheggio di un noto locale per ricevimenti in via Circonvallazione ove era impiegata peraltro la moglie del fratello, anch’egli detenuto.

All’intimazione dell’alt da parte di una pattuglia inviata a verificare la sua presenza il Cappello, alla guida di una Panda, ha immediato innestato la marcia, tentando di investire i militari che ne sono usciti, fortunatamente, con solo lievi ferite, poi si è dato ad una rocambalesca fuga facendo perdere le proprie tracce, nonostante si fosse alzato in volo anche un elicottero dell’Elinucleo di Boccadifalco per individuarlo. (elicottero segnalato nei giorni scorsi sopra il cielo di Bagheria ndr)

Ritenendo certo che si fosse andato a rifugiare nel suo nascondiglio, un’abitazione in via Carà 24 di Bagheria, le operazioni per circondarlo sono scattate subito con l’immediato, compatto ausilio dei Carabinieri di Bagheria.

In poco tempo la zona è stata cinturata ed isolata, poi l’irruzione nella palazzina a tre piani: Cappello si era rifugiato sul terrazzo all’ultimo piano nel disperato tentativo di sottrarsi ancora alla cattura. Nella perquisizione successiva è stato trovato in possesso di un coltello a serramanico e, nascosta sotto un tappettino della Panda che aveva impiegato per la fuga, di una pistola a salve modificata per camerare il calibro 7,65 con 3 proiettili.

Cappello ha dunque terminato la sua latitanza nelle camere di sicurezza della caserma di Monreale, dalle quali è stato poi tradotto all’Ucciardone: oltre ai provvedimenti da cui era già gravato vanno ora ad assomarsi i reati derivanti dalla sua condotta durante la fuga, dalla resistenza a pubblico ufficiale alle lesioni fino al porto illegale di arma da fuoco alterata e clandestina.

ufficio stampa provinciale Carabinieri

E’ stato da poco catturato dai Carabinieri della Compagnia di Bagheria, il quarto componente della banda di rapinatori seriali, RANDAZZO Antonino nato a Palermo, cl. 1993, nullafacente, incensurato; abitante in Ficarazzi (PA), Comune alle porte di Palermo.

Il giovane, che dalle prime ore dell’alba di ieri era riuscito a sfuggire alla cattura, poiché non presente al momento dell’irruzione nell’abitazione residenziale, sicuramente braccato dai Carabinieri e stanco che gli investigatori non mollavano e gli erano col fiato sul collo, si è dovuto arrendere ai militari che lo stavano arrestando. Anche per quest’ultimo componente della banda, si sono aperte le porte della Casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo.

Alle prime luci dell’alba, di ieri, i Carabinieri della Compagnia di Bagheria e gli Agenti della V Sezione della Squadra Mobile della Questura di Palermo avevano dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP Dr. Giovanni Francolini presso il Tribunale di Palermo, richiesta dai Pm Dr.ssa Amelia Luise e Dr. Luca Battinieri, nei confronti di quattro giovani palermitani.

Gli arrestati sono stati ritenuti responsabili di avere commesso una serie di rapine, dieci in tutto, in un brevissimo lasso di tempo, compreso tra marzo e luglio 2012, in Palermo, Bagheria, Ficarazzi e Bolognetta, in danno di istituti di credito, uffici postali, supermercati e gioiellerie, talvolta con modalità violente. Inoltre, i malviventi si sono spesso avvalsi di un minore, denunciato a piede libero, per realizzare le rapine.

Il provvedimento restrittivo scaturisce dalle risultanze di una complessa attività investigativa, che ha visto impegnati per sei mesi gli Agenti della sezione Antirapine della Squadra Mobile della Questura di Palermo e i Carabinieri della Stazione di Ficarazzi.

Gli Investigatori hanno concentrato la loro attenzione sul modus operandi delle rapine, che nello specifico agivano nei luoghi presi di mira a viso scoperto, seguendo sempre lo stesso iter criminoso, ossia uno dei rapinatori scavalcava il bancone e minacciava verbalmente il dipendente al fine di prelevare il contante presente, mentre gli altri complici, restavano in ausilio, avendo cura di monitorare quanto accadesse attorno e di mantenere aperta la porta automatizzata.

Determinante ai fini delle indagini si è rivelato l’esame dei filmati estrapolati dai sistemi di video-sorveglianza degli esercizi commerciali rapinati, che gli investigatori hanno posto a confronto con le immagini pubblicate dai giovani rapinatori sui propri profili del social network “facebook”.

altCiò ha consentito di individuare la gang di giovanissimi malviventi, alcuni dei quali legati da uno stretto rapporto di amicizia, dediti in forma seriale ed esclusiva alla commissione di rapine, quale mezzo di mantenimento di un dispendioso tenore di vita e del loro essere “trendy”.

I servizi di pedinamento condotti nel corso delle investigazioni hanno accertato infatti che i rapinatori frequentavano locali alla moda della movida palermitana, indossando abiti griffati, abbigliamento del quale non si privavano neanche in occasione della perpetrazione delle rapine, si muovevano alla guida di costose motociclette BMW e di scooter di grossa cilindrata.

Uno degli elementi che ha inchiodato, difatti, “uno degli amici di rapina” è stato proprio il suo “bomber” very cool, ovvero il giubbino colorato, indossato dallo stesso nell’ambito di più rapine ed individuato nei fotogrammi estrapolati dagli impianti di video sorveglianza e rinvenuto nell’ambito di una perquisizione.

Peraltro proprio nel corso di una perquisizione domiciliare a casa del RANDAZZO, effettuata dai militari dell’ Arma, finalizzata al rinvenimento degli abiti indossati durante le rapine, il giovane si lamentò rappresentando di avere gravi problemi di salute, per le lesioni riportate a seguito di un grave incidente stradale, che lo limitavano nella capacità di movimento.

In realtà i video acquisiti restituiscono una realtà diametralmente opposta: RANDAZZO appare agile, deciso e dinamico nella realizzazione dei colpi.

I giovani, tutti originari dello “Sperone”, nel quartiere Brancaccio, avevano individuato nel centro storico di Palermo, zona via Libertà e dunque il salotto-bene della città, e nella periferia est del capoluogo, le aree predilette per la commissione delle rapine, anche in virtù delle numerose vie di fuga esistenti, forti delle presunzione di non poter essere riconosciuti, motivo per il quale si muovevano a volto scoperto.

Il provento totale delle rapine commesse ammonta alla somma complessiva di 50 mila euro circa.

Questo l’elenco completo degli arrestati:

1. CUCINA Marco nato a Palermo, cl. 94, nullafacente, incensurato;

2. RANDAZZO Antonino nato a Palermo, cl. 93, nullafacente, incensurato;

3. D’AGOSTINO Alessio nato a Mazara Del Vallo, cl. 93, nullafacente, pregiudicato;

4. ALFANO Marco Giuseppe nato a Palermo, cl. 90, nullafacente, pregiudicato.

nella foto Randazzo Antonino

Palermo, 04 maggio 2013

 

Quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere ad opera di Carabinieri di Bagheria e agenti della Squadra Mobile di Palermo nei confronti di quattro giovani accusati di essere dei rapinatori seriali. 

Gli arrestati sono ritenuti responsabili di dieci assalti ai danni di banche, uffici postali, supermarket e gioiellerie tra Bagheria, Ficarazzi e il capoluogo, avvenuti nel periodo compreso tra marzo e luglio dello scorso anno.

Il bottino totale delle rapine ammonterebbe a circa 50 mila euro.

I componenti della banda, che agiva con modalità particolarmente violente, si sarebbero avvalsi anche della complicità di un minore, denunciato a piede libero. 

Il provvedimento restrittivo, emesso dal Gip del tribunale di Palermo Giovanni Francolini su richiesta dai Pm Amelia Luise e Luca Battinieri, scaturisce da una complessa attività investigativa che ha visto impegnati per sei mesi gli agenti della sezione antirapine della Squadra Mobile di Palermo e i carabinieri di Ficarazzi.

Gli investigatori hanno concentrato la loro attenzione sulla tecnica utilizzata dai rapinatori, che agivano a viso scoperto e sempre con le stessa modalità: uno dei banditi scavalcava il bancone e intimava al dipendente di consegnare il contante in cassa, mentre gli altri complici controllavano la situazione mantenendo aperta la porta automatizzata.

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Questo l'elenco dei colpi messi a segno dai malviventi:

1 - Ufficio Postale Agenzia 14, via Ferrari Orsi a Palermo, eseguita nel giugno 2012;

2 - CREDEM, via Marchese di Villabianca a Palermo, eseguita nel marzo 2012;

3 - UNICREDIT, di Ficarazzi in piazza Macchiarella, eseguita nel marzo 2012;

4 - UNICREDIT, di Ficarazzi in piazza Macchiarella, eseguita nel maggio 2012;

5 - SUPERMERCATO CONAD, via Ugo La Malfa in Ficarazzi , eseguita nel giugno 2012;

6 - GIOIELLERIA TOSCANO, via Roma in Bolognetta, eseguita nel giugno 2012;

7 - BANCA INTESA SAN PAOLO, piazza Unità d’Italia a Palermo, eseguita nel giugno 2012;

8 - UNICREDIT, di via Libertà a Palermo, eseguita nel giugno 2012;

9 - MONTE DEI PASCHI DI SIENA, Bagheria – Frazione di Aspra, eseguita nel luglio 2012;

1^ - MONTE DEI PASCHI DI SIENA, via Marchese di Villabianca a Palermo, eseguita nel luglio 2012.

Nella foto gli arrestati, da sx verso dx: Alessio D'Agostino, Marco Giuseppe Alfano, Marco Cucina. Il quarto componente della banda N.A. è tutt'ora ricercato

VAI AL VIDEO DEI COLPI MESSI A SEGNO

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