Cronaca

Il fatto accadde nel febbraio del 2010, allorchè Patrizia Pisciotta, quarantenne casalinga di Ficarazzi, al culmine di una lite furibonda colpì con una gomitata allo stomaco il marito Ciro Gallo, con il quale i rapporti erano incrinati da tempo.

In seguito alla caduta il marito sbattè il naso contro lo spigolo di una porta del bagno morendo subito dopo: la donna si è sempre difesa sostenendo che la gomitata era stata involontaria, tesi condivisa dalla Procura che  aveva chiesto il non luogo a procedere per la donna, che qualche giorno dopo il fatto era stata prima arrestata e subito dopo rilasciata.

M il GIP Piergiorgio Morosini, ha ricostruito la vicenda diversamente da come prospettato dalla donna: i rapporti tesi all'interno della coppia sarebbero stati all'origine di una lite molto aspra, culminata con la gomitata, per niente involontaria, che fece cadere il marito, non in avanti come sostenuto dalla donna, ma contro la cornice della porta del bagno provocandone la morte.

E questo secondo il GIP è rilevabile sia dalla presenza di una lesione nella parte alta del setto nasale, che dall'assenza di ferite al volto compatibili con uan caduta in avanti, come rilevato dall'autopsia.

Non una casuale caduta quindi, conseguente ad una accidentale gomitata, ma un colpo inferto nel bel mezzo di una  discussione molto accesa, testimoniata anche dal fatto che alcune unghie delle dita della donna erano spezzate.

Per questo Il GIP Morosini ha sentenziato che la Pisciotta dovrà affrontare il processo con l'accusa di omicidio preterintenzionale.

Avevano partecipato ad una forma di protesta sindacale astenendosi dal lavoro perchè avanzavano richieste pertinenti: essere coordinati dai capisquadra, poter disporre della D.P.S., e cioò dotazione personale di sicurezza, guanti, mascherine, scarpe, attrezzi per l'attività di lavoro.

La loro protesta è stata legittima e non configura alcun reato, anche perchè il diritto di sciopero è cosituzionalmente garantito: lo ha deciso il GIP Lorenzo Jannelli che ha prosciolto i 52 operai che il 23 e 24 aprile del 2010 si satennero senza preavviso dal lavoro e furono denunciati all'autorità giudiziaria per assenza ingiustificata.

A difendere i dipendenti del Cnsorzio dell'ATO PA4 gli avvocati Alessia Alessi, Vita Rocca, Rosalia Zarcone, Salvo Priola, Cinzia Manzella.

Naturalmente l' astensione dal lavoro provocò una grave emergenza nella raccolta dei rifiuti che proprio alla vigilia di un lungo ponte primaverile si accatastarono per le strade cittadine.

Questi tutti  i nomi dei dipendenti Coinres prosciolti:

Onofrio Arato, Francesco Briguglia, Pietro Calì, Marco Campagna, Antonio Cannata, Fabrizio Carlino, Nicola Castelli, Alessandro Comito, Salvatore Comparetto, Francesco Costanza, Vincenzo Costanza; 

Salvatore D’Asta, Angelo D’Amaro, Angelo Di Piazza, Antonino Di Salvo, Carmelo Di Salvo, Giuseppe Di Salvo, Giuseppe Dominici;

Fabrizio Gargano, Salvatore Greco, Alberto Grella, Giuseppe La Bianca, Antonino La Licata, Giuseppe Lanza, Salvatore Lo Medico, Giovan Battista Lo Monaco;

Benedetto Maggio, Filippo Mannino, Giovanni Mantini, Giuseppe Martorana, Emilio Matera, Antonino Morana, Antonino Nocera;

Pasquale Pezzino, Francesco Rammacca, Antonino Ribaudo, Giuseppe Sardina, Ciro Scardina, Sebastiano Sicomoro, Agostino Sorce, Giuseppe Sorci, Salvatore Sorci, Saverio Sorci;

Biagio Tomaselli, Alessandro Tomasello, Pietro Tripi, Antonino Tripoli, Cosimo Tripoli, Giovan Battista Valenti, Giovan Battista Viola, Marcello Zappavigna.

 

I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Palermo, in servizio di vigilanza all’interno della locale area portuale per la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti, nell’ambito dei controlli doganali effettuati sulle merci in uscita dal territorio comunitario, hanno fermato e sottoposto a controllo un container destinato all’esportazione in Africa Occidentale e, precisamente, in Ghana.

I finanzieri, insospettiti per l’assoluta genericità del carico formalmente dichiarato nella bolletta doganale d’esportazione, ovvero “masserizie varie”, hanno approfondito il controllo richiedendo alla locale Dogana, prima di consentire che il container lasciasse il nostro Paese, di sottoporre a cosiddetta “visita doganale” il carico, ossia di procedere all’ispezione dello stesso previa rimozione dei sigilli apposti sul mezzo di trasporto, guidato da un extracomunitario, come previsto dalla normativa doganale.

Dopo aver rimosso un mucchio di oggetti usati e di scarso valore economico, ovvero mobili da cucina e scatoloni pieni di indumenti usati, frigoriferi, materassi, sacchi di scarpe e quant’altro, tutti incastrati in maniera certosina allo scopo di ostruire la vista sulla parte retrostante del carico, i militari sono riusciti a crearsi un varco pervenendo alla scoperta di alcuni veicoli che, ovviamente, non figuravano tra i beni riepilogati nei documenti ufficiali.

Grazie ad un rapido riscontro dei numeri di telaio dei mezzi di locomozione rinvenuti, ossia un SUV e due moto (tra cui una potente Ducati), tutti seminuovi, privi di targhe e con ancora le chiavi appese, i militari ne hanno constatato la provenienza delittuosa. Infatti, tutt’e tre i mezzi di trasporto sono risultati oggetto di furti perpetrati nel corso degli ultimi quindici giorni nella città di Palermo.

Il cittadino extracomunitario, reticente nel fornire indicazioni sulla provenienza della merce destinata all’estero, è stato denunciato alla locale Procura della Repubblica di Palermo per il reato di ricettazione.

Le indagini sono ancora in corso per risalire all’individuazione di altri soggetti coinvolti nel traffico illecito scoperto dai militari della Guardia di Finanza in servizio al porto.

Guardia di Finanza - Comando Provinciale Palermo
 

Un colpo di pistola alla nuca, poi le fiamme per distruggerne il corpo. Così è stato ammazzato Antonino Zito, 32 anni, pregiudicato palermitano. L'autopsia, che è stata eseguita mercoledì  pomeriggio, servirà a confermare la prima ricostruzione, e cioè che si è trattato di una vera e propria esecuzione.

Le impronte digitali, la presenza di un tatuaggio sulla schiena, e una incisione sulla fede che portava la dito sono stati gli eleenti che hanno portato rapidamente, già tre ore dopo il ritrovamento, all'dentificazione del cadavere carbonizzato ritrovato nella stradina che porta all'abbeveratoio Spuches al confine dei territori di Bagheria e Santa Flavia

 Zito era uscito di casa martedì mattina, ed i familiari non ne avevano denunciato la scomparsa,. malgrado di notte non fosse rientrato. E ieri, quando i carabinieri sono andati a trovarli per dargli la terribile notizia sono stati reticenti.

Zito che abitava nel rione Falsomiele, Era stato scarcerato ad aprile scorso dopo due anni trascorsi in cella. La sua fedina penale era macchiata da una sfilza di reati: spaccio di droga, ricettazione e rapina. In carcere c'era finito tre volte fra il 2008 e il 2010. L'ultima volta era stato accusato di fare parte di una banda che assaltava Tir. Libero grazie all'indulto non aveva perso tempo per rimettersi nel giro della criminalità. E' nel mondo della droga che i militari della compagnia di Bagheria e del Nucleo investigativo del Comando provinciale cercano risposte al delitto efferato. 

Un altro indizio - la rottura del femore della vittima - fa ipotizzare che Zito potrebbe essere stato pure picchiato. Poi, il colpo di grazia sparato con un'arma di piccolo calibro e la decisione di infierire sul corpo con le fiamme.

Dalle indagini non risulta che Zito avesse legami o contrasti con personaggi di Cosa nostra.

 

 

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