Alfabeto baarioto 3: A sasizza ra Baarìa e i cani ra Milicia - di Mimmo Aiello

Alfabeto baarioto 3: A sasizza ra Baarìa e i cani ra Milicia - di Mimmo Aiello

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Fino a non molti anni fa non era difficile incontrare palermitani che venivano a Baarià "pi farisi a spisa": soprattutto nelle carnezzerie baariote, il sabato pomeriggio,

numerosi buongustai s'arricampavano , con famiglia al completo, p'accattari carni e sasizza .
A sasizza baariota era rinomata per vari motivi: perché era tutta ri puorco, cioè senza nessuna aggiunta di carni bovine;
perché "a facievano ri ravanti", nel senso che il cliente concordava "cu chianchieri", spesso specializzato solo a fari sasizza, le migliori parti del porco, i condimenti ( cu finocchio o senza finocchio ‘granato ,da non confondere con il seme dolce dell'anice da cui si fa u zammò ;
per la pulizia "ri vuredda" , che una volta venivano preparati dagli intestini del maiale, dal grosso spessore, opportunamente sciaquati, rivoltati, strusciati ad arte con il coltello e infine salati.

Adesso "i vuriedda pa sasizza"sono sottili, arrivano da non si sa dove e quasi sempre sono di ovino, ovviamente già preconfezionati.
Infine se il carnezziere era "in sì" macinava anche la carne suina col coltello, "supra u cippu", e "a ‘nsaccavanu" a mano: e i "cadduozzi" separati con lo spago e non con la raffia come a Palermo.

"Chista sì ca è sasizza"-  esclamavano ammirati i palermitani.
Giustamente anche in Baarìa di Tornatore non poteva mancare "l'abbanniatina ra sasizza": quella classica baariota Che bella sta sasizza! "Tutta ri puorco è!"

lì usata anche come sberleffo per il gerarca , "ca parieva tuttu iddu , mentre passiava 'nno stratunieddu."
Per anni , ogni sabato pomeriggio, aiutavo i miei genitori ‘na carnezzeria, e , non volendo mio padre che io mi istruissi all'uso del coltello ( a ttia i manu ti siervono pi scriviri!) venni assegnato all'arte della preparazione ra sasizza, meno rischiosa per le dita di uno studente.
Dietro il bancone di marmo conobbi u Zzu Pietru Tornatore , amico dei vecchi carnezzieri baarioti (fra i quali mio nonno Minico); era ormai anziano e malato ma non aveva perso lo spirito e l'arguzia della gioventù.
U Zzu Pitruzzu trasieva e s'assittava nno sgabiellu o lato ru tritacarni e parlava con piacere ed era piacevole ascoltarlo.

Poi scoprii che era stato attore e scrittore di teatro, che era andato a Napoli nel 1939 per seguire la carriera artistica e poi aveva creato una compagnia di teatro famosa nel secondo dopoguerra.

Una malattia lo rese invalido ma cercò sempre di lavorare per non essere di peso ai tanti che lo aiutarono.
Mi raccontò di quando al cine teatro Nazionale, durante il fascismo, un attore (forse era lui stesso ma non lo disse) cantava "Un'ora sola ti vorrei" rivolto , con il braccio, verso il ritratto del Duce che faceva bella mostra sul palcoscenico e i fascisti gli gridavano "Occhi vuota ta tagghiamu ssa manu! "
Anche questo ricordo baarioto abbiamo ammirato in Baarìa di Giuseppe Tornatore: l'attore ( che viene sollevato di peso dai militi in camicia nera era interpretato dal napoletano Vincenzo Salemme) poi lo rivediamo senza un braccio!
"U zzu Pitruzzu però i vrazza l'avieva tutti rui ", da ragazzino aveva fatto "u picciotto ri chianchiere" per quasi tutti gli anni Venti , spesso raccontava della leggenda dei cani della Milicia: secondo la tradizione, durante e dopo la Festa della Madonna della Milicia, i cani randagi scomparivano .
C'era chi diceva che venivano ammazzati e macellati dai carnezzieri palermitani che vendevano la carne nelle macellerie improvvisate per le "schiticchiate" e tavolate durante la festa ‘a Milicia.

Insieme a tanto vino, sulle "tannure" enormi si arrostiva sasizza in quantità e di dubbia origine. I palermitani come i cinesi. Viri chi cuosi!
U Zzu Pietro spiegava che un fondamento c'era ma che i cani, per fortuna loro e nostra, non c'entravano per niente.

Allora i cani partecipavano attivamente alla vita del paese e dei paesani: o randagi o da caccia o da guardia o da compagnia i cani c'erano sempre.
A quanto pare i carnezzieri baarioti andavano in carovane di carretti alla Milicia con tutta la carne ( con i maiali ancora tutti interi ) che ritenevano sufficiente e, nel caso la vendita andasse oltre ogni previsione , e qualcuno rimaneva senza materia prima si favorivano l'uno con l'altro , in modo "ca u nome ra sasizza baariota un si pierdieva."

Invece i palermitani , al bisogno , ammiscavano carne e tutto quello che con la sasizza non c'entra , e non ci deve entrare , cioè polmoni, cuore, coratelle, grassi vari ... tanto c'era u vino...; u zzu Pietru , che era addetto al tritacarne manuale e ne girava la manovella per giorni e giorni , vedeva tutto ed era contento di fare parte della corporazione baariota : chiddi ra sasizza tutta ri puorco ma bella però!
Ancora non ho dimenticato le risate dei clienti, baarioti e palermitani, ai racconti di Pietro Tornatore.

Certo di fronte ai frigo della carne del supermercato stu tiatru non può accadere. Che tristezza! Quanto và na putìa...

NOTE   A   CHIARIMENTO  delle ESPRESSIONI   DIALETTALI

Arricamparisi Il verbo starebbe per raccogliere o tornare a casa ma in baarioto significa anche presentarsi per qualcosa o da qualcuno in modo anche inaspettato ,all'improvviso.

Accattari Dal normanno acater ( fr.acheter),comprare. Si dice pure di chi partorisce :accattari un picciriddu

Salsiccia in siciliano Sasizza, dal francese saucisse, e dal latino salsicia cose salate.

Zammù, da zambucu /sammucu ,sambuco,( in baarioto anche zammò, è un ‘essenza, a base di semi di anice ( pimpinella anisum) che aromatizza l'acqua mentre il cosidetto seme di finocchio"‘granato" è un'altra specie( foeniculum vulgare), tipica della montagna e che viene raccolta e stagionata, dal forte aroma e si usa per le carni di maiale. Si pensa che in origine lo zammò si facesse con il sambuco.

Budella, in siciliano vudeddu o vurieddu, dal latino botellus-salsiccia.

"Cippu",  in italiano ceppo. Pezzo di tronco cilindrico, che stava o sul bancone o sostenuto da un treppiedi di legno, su cui si "spezzava" la carne

In Italiano rocchio, cadduozzo cioè porzione cilindrica di legno o altra materia viene dallo spagnolo carozo , torsolo di pannocchia oppure dalla metatesi di cazzoddu-cazzu ( non c'è bisogno di spiegare oltre)

Ra-fia o raffia,filo lungo e resistente della Palma del tipo Raphia originaria dell'Africa tropicale: il termine sembrerebbe creato dagli Arabi che hanno introdotto in Europa i tessuti di rafia; in campagna si usava per gli innesti.

Vanniari , annunziare un bando, gridare la merce da vendere, da bannu,bando, forse dal gotico bandujan,dare un segnale; anche abbanniari, abbanniatina l'atto dell'abbanniari. Sulle "abbanniatine" si potrebbe scrivereun saggio: per le immagini usate , per le assonanze, per i fantasiosi giochi di parole. Ricordo un venditore di coltelli, praticamente eterno, che una volta stava in piazza poi si spostò all'uscita dell'autostrada: "M'ammazzu, m'ammazzu" - abbanniava. Ma questa è un'altra storia.

 

" ca pareva tuttu iddu" Modo di dire a proposito di chi si sente particolarmente importante per l'aspetto, il portamento; si dice di persona vanesia ed egocentrica.

Pietro Tornatore detto Pitruzzu,di Carmelo Tornatore e Filippa Santacroce, nacque a Bagheria nel 1909 e morì nel 1978. Su Pietro Tornatore troviamo un volume Opere teatrali, Il Paese , Bagheria 1985, che contiene alcune sue commedie e una Prefazione del compianto Francesco Carbone, interessante figura di scrittore e organizzatore culturale, vicinissimo alla cultura baariota. Poi c'è una raccolta di poesie "Sprizzi,spruzzi,sprazzi," reperibili presso la Biblioteca Comunale. Inediti ancora i racconti e altre cose. Il fratello di Pietro, Ignazio, tanto si adoperò per la pubblicazione delle opere.

Trasiri, entrare,dal latino transire, entrare oltre

Assittarisi porsi a sedere

" Schiticchiata" Convito amichevole, forse dal greco teìchos, muro di città e con prefisso s- fuori le mura.Il Giarrizzo propone anche l'incrocio col il latino escaticulum, esca, mangiata

Tannura,   voce araba che significa fornello portatile

 

 

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