In ricordo di un amico - di Angelo Gargano

In ricordo di un amico - di Angelo Gargano

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Caro Michele perdonaci: per non aver trovato al tuo funerale, nè io, né gli amici a te più cari e vicini, la forza di ricordarti con due parole. Temevamo che l'emozione (e le lacrime) ci avrebbero impedito di dire cose importanti che su di te andavano dette sceverate dall'emozione del momento.

Perché caro Michele il tuo piccolo posto nella storia  della nostra comunità te lo sei conquistato di diritto, ed accanto ai grandi non sfigurerai, anche perché di tanti di costoro sei stato apprezzato amico.
Scriviamo queste cose anche per ricomporre un mosaico, per intrecciare fili, come già dicemmo in altra occasione, che contribuiscano alla (ri)costruzione della nostra identità, che è fatta di eventi condivisi della nostra storia, di architetture, di ville settecentesche, di balate e di murales, di piccoli e grandi segni lasciati sul territorio, ed anche, ahimè, di sfregi che da soli ci siamo fatti: "l'abusivismo edilizio" per tutti.

Anche questi fanno parte della nostra identità, ma dobbiamo come dicono gli esperti "rielaborarli".

Identità, certo paesana, che è fatta anche di storie di uomini e donne che con la loro grandezza artistica, Buttitta, Guttuso, Scianna, Tornatore (tutti peraltro tuoi grandi amici ), o con la loro vita e con l'esempio quotidiano che hanno dato, (Peppino Speciale, Graziella Vistrè, ecc...), o anche con la loro marginalità sociale ( penso a Pietro Lanza), hanno lasciato un segno nella nostra comunità.

Uomini e donne che possono, a buon titolo, essere considerati "personaggi", in qualche modo simbolo e rappresentativi di Bagheria.

E tu appartieni a buon diritto a questa categoria.

Chi era Michele Toia ?

Per me era innanzitutto uno di quegli amici da (di ) sempre che si possono contare sulle dita di una mano sola. Prima semplice conoscenza e poi amico da oltre quaranta anni, trenta dei quali vissuti accanto ( scala A/2 e scala A/3) in quel "complesso la Sicilia", da lui lestamente ribattezzato "amplesso la Sicilia" per via delle torme di "nutrichi" che, oggi adulti, in quegli anni nascevano e crescevano.

Ma non è questa (o non è solo questa) la ragione che ci spinge a scriverne.

Michele Toia era un figlio legittimo di questa città, (che ha pregi e contraddizioni,) ma per cultura e atteggiamento cittadino del mondo, onesto innanzitutto, dotato di intelligenza critica (spesso ipercritica), di solidissime basi culturali, di eccellenti letture, appassionato e competente di cinema, appassionato e competente di musica, appassionato e competente di tradizioni locali e popolari, innamorato della forza della parola..

Coltivava anche altre passioni che la sua grande umanità lo portava a condividere: l'andar per funghi, la pesca (anche subacquea), la ricerca di cibi genuini, la buona tavola ( era una eccellente forchetta), le dotte discussioni, la battuta pronta e mordente, la citazione colta, magari in latino, le litigate con gli amici, ed un tempo ormai lontano le mitiche, perché introvabili, "nazionali senza filtro".

Una delle sue passioni era il lavoro che per oltre trent'anni presso l'Università di Palermo lo portò a costruirsi una professionalità e una competenza che tutti gli riconoscevano e delle quali andava giustamente, e talora, come in tutto, un pò "eccessivamente" fiero; amava pensare che le sue conoscenze, la sua esperienza avrebbero trovato il giusto riconoscimento.

Lo trovarono per il rotto della cuffia.

Michele Toia fu un intellettuale a tutto tondo: quello che un tempo si definiva un "intellettuale organico", perché riusciva a coniugare l'amore e la frequentazioni degli studi e delle arti con l'impegno politico e sindacale che perseguì con una dedizione e un disinteresse assoluti.

Fu impegnato in politica, fu impegnato nel sindacato, fu presidente del Circolo di cultura "l'Incontro", fu promotore e partecipe di una miriade di iniziative e di associazioni culturali, di musica e di cinema soprattutto.

Gli piaceva "allargarsi"a Michele, magari scherzando, ed era per questo che con lui, tutti gli amici facevamo storiche "litigate", su tutto e su tutti.

Michele Toia era un carattere "contro", e non solo perché le vicende della vita lo avevano costretto a remare controcorrente, ma perché era uno che non si accontentava della prima verità, che voleva capire, che chiedeva spiegazioni, che voleva convincersi.

In politica innanzitutto con noi e diremo perché; poi sulla musica classica o lirica, su film e registi, su letteratura e scrittori, su tradizioni, usi, costumi, termini, espressioni popolari, insomma su tutto, naturalmente con chi ne aveva competenza.

Ma nessuna delle "litigate", che poi erano scontri epici solo verbali e ad alto volume, giocati talvolta in punta di fioretto talvolta a colpi di spadone, portò mai Michele a rompere un'amicizia con chicchessia.
Michele Toia non aveva sempre un buon carattere.

Anzi in certe occasioni aveva proprio un caratteraccio, ma le polemiche anche asperrime con lui avevano al fondo sempre dei contenuti veri, e di qualunque cosa si parlasse alla fine ci guadagnavi sempre qualcosa che magari non sapevi prima, ti arricchivi insomma.

Era uno che non "sentiva" gli altri ma era capace di  "ascoltarli": li osservava, li indagava, pronto a coglierne nel carattere e nell'espressione pregi e difetti, pronto a rubare termini strampalati, parole espressioni e modi di dire anche involontariamente comiche o paradossali, costruzioni sintattiche illogiche, nonsense, veri e propri neologismi sconclusionati ma efficaci ( famoso "l'apice della cepice" del caro "Giummo" Tomasello ).

Erano il suo cavallo di battaglia, ne faceva una vera e propria raccolta, bastavano a riempire le lunghissime serate a tavola d'estate o d'inverno, straordinarie quelle con Peppino Speciale, animavano e condivano le giocate al poker nei periodi delle festività, erano l'argomento preferito di ogni nostro incontro conviviale e non.

Era curioso Michele, non si accontentava mai della prima risposta anche nelle cose banali, figuriamoci in quelle importanti: sempre voleva sapere e capire, ed era capace dopo anni di rinfacciarti una contraddizione o una bugia, sia pure piccola, rifilatagli dieci anni prima.

In politica fu coscienza critica, etica e rigorosa, non si accontentò mai degli slogans e delle frasi fatte, non accettò mai riti e liturgie; non condivise mai scelte demagogiche ma preferì essere contro, in minoranza sì, ma a difendere la sua opinione.

Proveniva dalla sinistra laica, libertaria e socialista di Riccardo Lombardi, e dentro il PCI non si trovò mai completamente a suo agio.

Il centralismo democratico, le decisioni prese per la ragion di partito, le mezze o le doppie verità, non riusciva a digerirle.

E mi riferisco in particolare al grande dibattito interno al partito di Bagheria negli anni '80, quelli dell'abusivismo edilizio dilagante.

Michele non accettò mai la posizione di un partito allora stretto tra la necessità di tutelare gli "abusivi" e quella di tutelare la legalità e l'integrità del territorio: il partito scelse i primi, e non solo per mera convenienza politica.

Una scelta poi rivelatasi anche elettoralmente non pagante. Michele quella presa di posizione del partito non ce la perdonò mai.

Ma con Michele non si era mai tranquilli: si ragionava , ci si confrontava su tutto: sulla politica, sulla televisione, sull'etica, sulla letteratura, sul cinema , sulla buona cucina, sull'etimologia di un vocabolo, sulle origini di un modo di dire, su un caso delle declinazioni latine se imperativo o ablativo; e mai furono discussioni banali, sempre attraversate dalla sua arguzia, condite dal suo motteggiare, ravvivate dalle sue citazioni, dai suoi ricordi, e da aneddoti che magari sapevamo a memoria, perché dopo decenni anche noi celebravamo i nostri riti e le nostre liturgie.

Era un eccellente affabulatore, Michele: talvolta raccontava storie vere, talvolta come i veri e consumati narratori per rendere una storia unica e avvincente ci metteva del suo.
Ma il risultato era sempre sorprendente.

A casaccio peschiamo in un album dei ricordi ormai sovraccarico, che ci è tanto caro, ma che ci pesa tanto proprio ora che se ne è andato: l'andar per funghi, con Michele dall'occhio lungo che cercava sempre di fregarti; la "traina" miracolosa di un ormai lontanissimo pomeriggio con i "tonnarelli" a inseguirci dietro la lancia; le sue nozze d'argento che festeggiammo a Polizzi a Villa Chiaretta; Lampedusa, San Vito, e le scoppiettanti giocate ( e relativi litigi) al poker sotto le feste, e gli interminabili duelli dialettici sulle etimologie, sulla declinazione di un caso in latino, i ricordi delle comuni esperienze di chierichetti e daglie! con quel "Dies irae" o con le varie tonalità del "Tantum ergo...".

Per anni, per decenni, e sembrava che sarebbe durato sempre.

Caro Michele, mi piace pensarti al momento del commiato, malgrado le sofferenze, tirare fuori il tuo sorriso-ghigno e congedarti dalla vita con la paradossale battuta di sempre:" Tolgo il disturbo, non ho motivo di ringraziare".

Ed invece proprio l'ultima volta che fosti in grado di interloquire, e parlando di quello che ancora sembrava un problema serio ma non gravissimo, mi dicesti: "Io invece motivi per ringraziare il Padreterno, ne avrei tanti, perché malgrado la mia menomazione, ho condotto una vita semplicemente straordinaria e gratificante sotto tutti i punti di vista".

E' proprio vero, caro Michele, una vita straordinaria: anche perché con la tua vita onesta, con la tua intelligenza vigile, con le tue riflessioni critiche, con il tuo voler andare al di là di quello che appare, con il coinvolgimento nelle tue passioni e talvolta con il tuo "caratterino", hai lasciato un segno incancellabile sulla vita di tanti tra quelli che ti abbiamo conosciuto e voluto bene.

In chiusura un impegno: non ti dimenticheremo.

Riusciremo a trovare i tuoi tanti amici, e i tuoi tantissimi estimatori e conoscenti, opportunità e momenti per poterti adeguatamente ricordare.

 

La foto di copertina è uno scatto  di   FERDINANDO   SCIANNA

 

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