Cronaca

 

La polizia ha tratto in arresto, nella zona di Altavilla, cinque malviventi per un maxi furto di rame che avrebbe anche potuto causare una tragedia. Si tratta di D.F.P., 28enne palermitano, F.P., 32enne palermitano, D.F.S., 36enne di Altavilla Milicia, C.M., 36enne di Altavilla Milicia e V.C., 20enne palermitano. Gli agenti del compartimento di polizia ferroviaria sono intervenuti quando hanno notato i movimenti sospetti di un uomo.

Il fatto è accaduto ieri sera, intorno alle ore 23. I poliziotti, avendo visto uno degli arrestati armeggiare con le chiavi inglesi, si sono nascosti per capire cosa stesse facendo, notando poi che l'uomo stava per rincongiungersi con quattro sodali, tutti particolarmente corpulenti. "Sono riusciti ad asportare - spiegano dalla Questura - e mettere fuori uso due casse induttive del peso da 230 chili cadauna".

Solo per rendere la portata del danno potenzialmente provocato, la cassa induttiva è quel dispositivo che segnala l’ingombro di un tratto di linea ferrata, eventualmente occupato da uno o più convogli, ed è per la gran parte di rame.

L’assenza del dispositivo avrebbe quindi privato il tratto ferroviario di un importante strumento di regolamentazione del traffico ferroviario, causando, nella migliore delle ipotesi, un sensibile rallentamento dei convogli. I cinque malviventi, alla vista degli agenti, hanno lasciato cadere in strada delle chiavi inglesi utilizzate per sradicare le casse induttive.

Ma il loro tentativo di fuga è stato vano. Stamani, in sede di “direttissima”, è stato convalidato il provvedimento di arresto
 


 


 

Il GUP di Termini Imerese Sabina Raimondo ha condannato a cinque anni Salvatore Calì, 63 anni, il bagherese che la vigilia dello scorso Natale intorno alle 19 accoltellò l'ex genero, che voleva trascorrere la serata prenatalizia con la figlia di sette anni.

L'imputato aveva scelto il rito abbreviato che ha consentito uno sconto di pena di un terzo rispetto ai sette anni e mezzo iniziali.

L'uomo aggredito era già separato dalla figlia di Calì ed i rapporti tra le famiglie erano sempre tesi: quella sera in piazza Madrice, la pretesa del genero di prendersi la bambina proprio la vigilia di Natale , fece scattare la molla dell'ira nel suocero che colpì ripetutamente a coltellate il genero, allontanandosi poi rapidamente dal luogo dell'aggressione.

Furono alcuni dei presenti a chiamare il 118 e subito dopo il ricovero si temette per la vita del giovane; per fortuna la permanenza in Ospedale fu di poco più di una settimana.

La sera stessa Calì si andò a consegnare ai carabinieri confessando quanto accaduto, cosa che ha avuto anche un peso nella determinazione dell'entità della pena.

Il difensore di Calì, l'avv. Emanuele Manfredi, ha preannunciato ricorso in appello; l'aggressore è stato anche condannato a pagare  una provvisionale di 10.000 euro, mentre l'entità definitiva del risarcimeto sarà definitoin un procedimento separato di fronte ad un Tribunale civile.

Hanno lavorato anche i giorni di Pasqua e pasquetta  i poliziotti del Reparto investigativo del Commissariato di Pubblica sicurezza di Bagheria per identificare i partecipanti alla rissa di venerdì scorso che, per il numero di partecipanti, per la violenza che l'ha contraddistinta, per l'ora in cui si è svolta ha suscitato paura, preoccupazione e allarme in chi è stato testimone oculare. 

Chi ha visto direttamente qualcosa parla di scene assurde con persone che si inseguivano e si picchiavano selvaggiamente con delle spranghe, mentre attorno la gente era terrorizzata, e pure un medico che cercava di portare soccorso ad uno dei feriti ha rischiato anche lui di essere coinvolto nella rissa.

La Polizia ha mostrato sin da subito la massima determinazione per individuare i responsabili di quanto accaduto e si ripromette di andare sino in fondo perchè fatti del genere non abbiano più ad accadere: non può passare il messaggio insomma che ci si possa fare giustizia da soli, con il rischio per di più di coinvolgere anche inermi cittadini.

Si può riassumere così l'opinione che circola negli ambienti investigativi.

Quattro i denunciati, tutti venditori ambulanti: si tratta di A.C, e P.G.C. rispettivamente padre e figlio 45 a 20 anni e di C.P.P. e A.C. di 26 e 50 anni, fra loro parenti; nessun legame di parentela tra aggressori e aggrediti, come in un primo momento la stessa polizia aveva pensato raccogliendo a caldo le indicazioni di qualcuno dei testimoni, in un  clima però di scarsa collaborazione da parte delle decine e decine di persone che avevano visto la scena.

La movimentata discussione, nata da ragioni di concorrenza commerciale, aveva avuto però un prologo in mattinata, allorchè uno dei duellanti  aveva schiaffeggiato un concorrente proprio presso il punto di vendita in vicinanza del sottopasso ferroviario; nel pomeriggio era quindi scattata la spedizione punitiva con l'animata discussione che ha preceduto lo scatenarsi della violenza, dove hanno avuto la peggio A.C. e P.G.C, che, per fortuna alla fine, non hanno avuto conseguenze più gravi.

I quattro sono stati denunciati per rissa, lesioni, e resistenza a pubblico ufficiale.


    


A dare l'avvio alla indagine la denuncia di un medico ed alla fine si è arrivati ad una  inchiesta che ha coinvolto ben ventinove persone e che oggi esita nel sequestro patrimoniale ai danni di Paolo Giambruno, direttore del Dipartimento di prevenzione veterinario dell'Asp e presidente dell'Ordine dei veterinari di Palermo. Il provvedimento è stato deciso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale, su proposta del procuratore aggiunto Dino Petralia e dei sostituti Calogero Ferrara e Claudia Bevilacqua. Giambruno risponde di"interposizione fittizia di beni aggravato dall'avere agevolato esponenti di Cosa nostra".

Per un lungo periodo e sino ad  una decina di anni fa, Paolo Giambruno ha prestato la sua opera come responsabile del Servizio veterinario del Distretto socio-sanitario di Bagheria.

Sulla base delle indagini dei poliziotti della Digos, Giambruno "da una parte è indagato per i reati di concussione, tentata e consumata, abuso d’ufficio, falso e truffa aggravata, commessi nell’esercizio delle sue funzioni; dall’altra evidenzierebbe cointeressenze a livello imprenditoriale, intrattenute dallo stesso funzionario pubblico con il noto esponente mafioso Salvatore Cataldo". Cataldo è un boss di Carini condannato nel 2012 per associazione mafiosa e attualmente detenuto. Nel corso delle indagini sarebbe emerso l'impegno di Giambruno per evitare che sui beni del mafioso si abbattesse la scure del sequestro. Le connivenze fra i due sarebbero state accertata tra il 2005 e il 2013.

Le indagini, avviate nel 2010, sono nate dalla denuncia di un medico veterinario del servizio sanitario pubblico che puntò il dito contro presunte illegalità commesse nella gestione del Dipartimento dell’Azienda sanitaria provinciale. E i telefonini di molte persone finirono sotto intercettazione. Oggi in ventinove hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini. Tra questi, numerosi funzionari e dirigenti dello stesso dipartimento veterinario, allevatori e amministratori di aziende, per reati che vanno dall’abuso d’ufficio, alla concussione, al falso ideologico, alla truffa aggravata fino al commercio di sostanze alimentari nocive.

Giambruno avrebbe favorito un allevatore, definito "senza scrupoli", che avrebbe voluto commercializzare capi di bestiame infetti,  bloccate però prima che finissero sul banco delle macellerie grazie al tempestivo intervento della Polizia Giudiziaria. Il funzionario tentato di favorirlo con la compiacenza di un veterinario dipendente dal servizio. Si parla anceh di presunte false certificazioni rilasciate dal Dipartimento veterinario per consentire ad una azienda di prodotti dolciari di Carini e ad una di prodotti ittici di Lampedusa di poter esportare i rispettivi prodotti all’estero.

Sono finiti sotto sequestro, conti correnti, titoli bancari, Penta Engineering Immobiliare srl con sede a Palermo, Unomar Srl di Carini, Marina di Carini srl con sede legale a Palermo. Gli intrecci economici tra Cataldo, Giambruno e alcuni familiari del direttore veterinario sarebbero stati ricostruiti analizzando la mole di documenti sequestrati nel corso delle perquisizioni a casa e nell'ufficio di Giambruno: atti di compravendita di beni mobili e immobili, cessione di quote societarie, verbali di assemblee, atti costitutivi e statuti di società che si occupano di compravendita immobiliare e vendita di barche, documentazione finanziaria e bancaria.


 

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