Cronaca

Nel week-end, i Carabinieri della Stazione di Casteldaccia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di D’ANGELO Antonio, nato a Carrara il giorno 11 agosto 1992, residente a Palermo, in vicolo Vitrano, pregiudicato, per reati di tentata rapina e lesioni.

Il provvedimento restrittivo, emesso dal GIP del Tribunale di Termini Imerese, D.ssa Angela LO PIPARO su richiesta del Sostituto Procuratore Dott. Francesco GUALTIERI, scaturisce dalle risultanze investigative raccolte dai militari dell’Arma, a seguito della tentata rapina subita da un 59enne di Casteldaccia, avvenuta nella serata dell’8 novembre 2013.

La vittima, mentre percorreva a piedi la via Lucania, veniva aggredito alle spalle da un ragazzo a volto scoperto che, dopo averlo colpito al volto con un pugno provvisto di una nocchiera del genere vietato, aveva tentato invano di sottrargli la catenina d’oro, dandosi alla fuga dopo aver con questi ingaggiato una breve colluttazione. La vittima, pur stordita e ferita dalla violenta aggressione riusciva a fornire informazioni decisive ai Carabinieri, per la ricostruzione dei fatti, quindi in grado di riconoscere senza ombra di dubbio il rapinatore nel D’ANGELO Antonio.

D’ANGELO alla vista dei Carabinieri, non opponeva alcuna resistenza alla sua cattura e nel corso della mattinata è stato associato presso la casa circondariale “Cavallacci” di Termini Imerese a disposizione dell’Autorità Giudiziaria mandante del provvedimento restrittivo.

 

Dalle prime luci dell’alba, in provincia di Palermo tra i comuni di Partinico e Borgetto, militari della Compagnia Carabinieri di Partinico hanno dato esecuzione a 3 misure di custodia cautelare (una in carcere e due ai domiciliari), emesse dal GIP del Tribunale di Palermo, Dott. Fernando SESTITO, su richiesta della locale DDA (indagine coordinata dal Proc. Agg. Vittorio TERESI, e dai Sost. Proc. Francesco DEL BENE e Alessandro CLEMENTE), nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso nella fittizia intestazione di beni (artt. 110 cp., 12 quinquies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella Legge 7 agosto 1992 n. 356). 

Sono finiti in manette, VALENZA Benedetto, condotto presso l’istituto di Pena di Palermo, SCROZZO Filippo e GIAIMO Giuseppe, sottoposti agli arresti domiciliari.

L’operazione è una costola delle indagini convenzionalmente denominate “Benny” e “Benny 2”, condotta dai Carabinieri di Partinico e Monreale, conclusesi nell’anno 2009 e 2012 con l’arresto di diversi imprenditori, operanti nel settore della produzione e trasporto di calcestruzzo, prestanomi di VALENZA Benedetto, quest’ultimo imprenditore di Borgetto nel settore della produzione e fornitura di calcestruzzo, figlio di Salvatore e nipote di Erasmo, esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Borgetto nonché vittime, il 21.04.1983, di lupara bianca poiché uomini d’onore legati al gruppo di Gaetano Badalamenti.

VALENZA Benedetto, sebbene non condannato per 416 bis, è da sempre ritenuto vicino alla locale consorteria mafiosa capeggiata dalla famiglia VITALE tanto che, nel 2001, era possibile confiscarne l’impero industriale. E’ dunque acclarato che VALENZA Benedetto sia stato negli anni ‘90 l’imprenditore di riferimento nella produzione di calcestruzzi delle famiglie mafiose dei VITALE e dei BRUSCA e che le sue imprese siano state agevolate nel libero mercato, raggiungendo una posizione di monopolio grazie alla protezione di “Cosa Nostra”.

Operazione “Benny 3”

L’indagine “BENNY 3” ha avuto origine nel mese di maggio 2012 quando i Carabinieri della Compagnia di Partinico, dimostrando capacità di penetrazione info-operativa sul territorio, avevano percepito che VALENZA Benedetto avesse ricominciato ad occuparsi della fornitura di calcestruzzo.

Nel frattempo, infatti, era sorto in via Dommartino n. 26 di Borgetto un nuovo impianto di calcestruzzi denominato “Euro Calcestruzzi di SCROZZO Filippo & C. snc”. Gli accertamenti esperiti dagli inquirenti consentivano di accertare che tale attività, formalmente intestata a SCROZZO Filippo, ex-dipendente della ditta di calcestruzzo “Camilli Flora”, fosse di fatto gestita da VALENZA Benedetto. La compagine societaria risultava composta oltre che cha da SCROZZO Filippo, socio amministratore titolare del 50,50 % delle quote societarie, anche da GIAIMO Giuseppe che vantava il 49,50 % delle quote.

Gli elementi raccolti nella fase iniziale, che lasciavano intravedere già un’ ipotesi di falsa intestazione di beni, venivano avvalorati successivamente anche dalle rimostranze dell’amministratore giudiziario, custode dei beni sequestrati al VALENZA, che segnalava:

· la nascita di questo nuovo impianto proprio in un’area dove in passato operava un altro impianto di calcestruzzo denominato “Calcestruzzi s.p.a.”;

· la presenza tra i soci della ditta “Euro Calcestruzzi snc” di SCROZZO Filippo, ex-dipendente di VALENZA Benedetto;

· l’incasso da parte di SCROZZO di taluni crediti vantati dalla società “Camilli Flora”, sebbene la citata ditta si trovasse sotto amministrazione giudiziaria ed il predetto non avesse alcun titolo giuridico a farlo.

L’indagine quindi s’intensificava avvalendosi anche di attività tecniche, oltre alle dichiarazioni di alcuni operatori economici nel settore della produzione e fornitura di calcestruzzi e conglomerati bituminosi, che consentivano di confermare le ipotesi investigative.

VALENZA, in totale spregio della legge e delle ripetute condanne, aveva infatti avviato un nuovo impianto di produzione calcestruzzi intestato al suo ex-collaboratore SCROZZO Filippo e a GIAIMO Giuseppe, ma di fatto gestito da lui, e con tale impresa aveva rapidamente riconquistato la fetta di mercato della commercializzazione del calcestruzzo, persa a seguito del sequestro pregresso dei suoi impianti.

Tutti gli imprenditori della provincia palermitana e trapanese si rivolgevano a “Benny” per gli ordini, per concordare il prezzo e il trasporto delle forniture di calcestruzzo, offrendo così indiscutibile conferma del suo ruolo di dominus nell’attività imprenditoriale della “Euro Calcestruzzi”.

Nei vari colloqui intercettati, emergeva la costante presenza di Benny presso l’impianto di Borgetto mentre discuteva con i fittizi titolari, SCROZZO e GIAIMO, di fatture e pagamenti ricevuti in assegni da clienti per la fornitura del calcestruzzo. Il potere di controllo esercitato dal VALENZA sull’impianto di Borgetto emergeva, altresì, dalla circostanza che i vari imprenditori si rivolgevano esclusivamente a lui per contestare i prezzi e i pagamenti ed erano propri i suoi fidati collaboratori, SCROZZO e GIAIMO, che rimandavamo il cliente alla decisione di VALENZA per dirimere tutte le controversie economiche.

VALENZA Benedetto, dimostrando di conoscere gli strumenti investigativi e le tecniche d’indagine a disposizione degli inquirenti, per occultare la posizione di assoluto controllo dell’impianto di calcestruzzo aveva adottato l’escamotage di farsi assumere quale geometra presso la ditta Cucinella di Partinico, impegnata nella commercializzazione di ferro, la cui produzione è sempre abbinata, nella realizzazione di opere edili, a quella del calcestruzzo.

Con tale stratagemma l’indagato, non solo si adoperava nella commercializzazione del ferro, rispettando così il “contratto di lavoro”, ma talvolta si occupava per alcuni clienti del pacchetto completo, fornitura sia di ferro che di calcestruzzo.

La spiccata caratura criminale del VALENZA emergeva, altresì, quando intercedeva per orientare le scelte delle ditte edili per l‘acquisto del calcestruzzo, come accadeva nel luglio del 2012 quando un’impresa edile di Partinico si era già accordata per l’acquisto del calcestruzzo con la ditta Luigi IMPASTATO di Carini.

In tale circostanza GIAIMO Giuseppe invitava con insistenza l’imprenditore a rinunziare alle forniture di IMPASTATO a favore di quelle dell’impianto di SCROZZO. A seguito del suo rifiuto giungeva in cantiere anche VALENZA Benedetto che, rammaricatosi per il mancato accordo, aveva offerto un prezzo più vantaggioso per conto della ditta di Borgetto.

L’imprenditore, per effetto dell’intermediazione di Benny, aveva eseguito gli ordinativi presso la ditta di SCROZZO. Il ruolo direttivo veniva oltremodo confermato dai numerosi pedinamenti eseguiti dai Carabinieri che confermavano la costante presenza di Benny nell’impianto di calcestruzzo di SCROZZO.

 

SEQUESTRO “EURO CALCESTRUZZI”

Con il provvedimento cautelare è stato, altresì, disposto il sequestro preventivo della società e del complesso aziendale della “Euro Calcestruzzi di SCRZZO Filippo & C. snc, sita a Borgetto (PA) via Dommartino snc, per un valore di circa 400.000 euro. Le indagini esperie hanno consentito di dimostrare la manifesta sproporzione tra il valore dell’impianto di calcestruzzo e la capacità reddituale di VALENZA Benedetto, avuto riguardo anche ai lunghi periodi di detenzione sofferti dall’indagato, che hanno evidentemente precluso la materiale disponibilità di acquisire le risorse finanziarie idonee ad avviare un impianto di calcestruzzo ed a gestirlo in via ordinaria, come in effetti avvenuto, dimostrando così di avere attinto a risorse finanziarie abilmente occultate e sfuggite quindi ai procedimenti di prevenzione instaurati nei suoi confronti.

ARRESTATI

1. VALENZA Benedetto, nato a Borgetto (PA) il 4.9.1962, residente a Partinico (PA);

2. SCROZZO Filippo, nato a Palermo il 13.2.1957, residente a Borgetto (PA);

3. GIAIMO Giuseppe, nato a Borgetto (PA) il 20.12.1965, ivi residente.

 

Anche bagheresi tra i 50 titolari di autoscuole condannati e che tre anni fa erano stati arrestati con l'accusa di avere 'unto' le ruote presso gli Uffici della Motorizzazione, per ottenere o semplici spostamenti di date di esami di guida, o per ottenere una facilitazione dell'iter per la riconversione di patenti a cittadini extracomunitari o epr altre irregolarità.

Le regalìe andavano da una semplice ricarica telefonica a passaggi di denaro, cento euro a pratica era la 'tariffa' che veniva pagata ad un ex funzionario della Motorizzazione Antonino Nobile, che ha avuto la condanna più elevata 8 anni e 9 mesi; il passaggio di denaro è stato documentato dalle telecamere della Polizia sistemate proprio nell'Ufficio del dipendente.

A Nobile erano state sequestrate anche somme corrispondenti al maltolto.

Nobile aveva prima negato, poi ammesso, poi parzialmente ritrattato, ma la condanna inflitta dal Tribunale presieduto da Mario Fontana è stata pesante, prevedendo come pena accessoria anche la cessazione del rapporto di lavoro dell'imputato che peraltro incredibilmente dopo una vicenda analoga accaduta anni prima era tornato ad occupare lo stesso ruolo che aveva avuto in precedenza. 

L'impianto accusatorio ha retto, anche se le pene richieste dal p.m. sono state in parte ridotte dal Tribunale.

In questi tre anni tra pattegiamenti e riti abbreviati una ventina di imputati erano usciti dal processo; dei 31 andati al rito ordinario uno solo assolto, Salvatore Terranova, difeso dall'avv. Vincenzo Zummo, mentre per tutti gli altri pene che vanno da un minimo di tre mesi ad un massimo di due anni e otto mesi, con una pena mediamente irrogata di un anno e quattro mesi a gran parte degli imputatia parte Nobile che ha naturalmente avuto inflitta la pena più alta.

Questi i nomi dei condannati  e le relative condanne inflitte

Antonino Nobile 8 anni e 9 mesi e 5 giorni, Sergio Bosco 2 anni e 8 mesi, Paolo Bruno 1 anno e 4 mesi, Michele Cardinale 1 anno e 4 mesi e 15 giorni, Giuseppe Castronovo 1 anno e 8 mesi, Sergio Maria Giovanni Cinà 1 anno e 4 mesi, Antonino Clemente 3 mesi, Giuseppe Coltelluccio 1 anno, Paolo Coniglio 1 anno e 4 mesi, Marcello Di Benedetto 11 mesi e 15 giorni, Salvatore Di Benedetto 1 annoe 4 mesi, Antonino Filippone 1 anno e 4 mesi, Lorenzo Gambino 1 anno e 4 mesi, Francesco La Porta 1 anno e 4 mesi e 15 giorni, Giuseppe Licata 2 anni e 8 mesi, Tommaso Lo Porto 1 anno e 4 mesi, Antonino Loria 1 anno e 4 mesi, Giuseppe Messina 4 mesi e 15 giorni, Massimo Musotto 1 anno  4 mesi e 15 giorni, Giovanna Passavia 1 anno, 4 mesi e 15 giorni, Giuseppe Patti 4 mesi e 15 giorni, Rosa Provino 1 anno e 4 mesi, Salvatore Saitta, 1 annoe 4 mesi, Francesca Schicchi 1 anno e 9 mesi, Giuseppe Sole 11 mesi e 15 giorni, Rosario Sole 11 mesi e 15 giorni, Salvatore Speciale 1 anno e 10 mesi, Alfredo Maurizio Valenza 1 anno e 4 mesi, Giovan Battista Valenza 1 anno e 4 mesi e 15 giorni, Giuseppe Maria Valenza 1 anno e 4 mesi.

Assolto Salvatore Terranova

E' questa una delle affermazioni che avrebbe fatto Sergio Flamia, secondo quanto riportato sull'Espresso in un articolo a firma di Lirio Abbate da oggi in edicola, dichiarando di ssere stato a lungo confidente dei servizi segreti, fornendo notizie a un agente dell'intellence; insomma 'mafiusu e sbirru' come recita il motto tutto siculo.

Niente di nuovo sotto il sole verrebbe da dire, considerato che anche il figlio di Nicola Eucaliptus, ma non solo, era stato avvicinato da agenti dei servizi per dare in cambio di denaro, la dritta per arrestare Bernardo Provenzano.

A parte questa affermazione niente di più di quanto non si sappia sinora sulle dichiarazioni di Flamia, che restano ancora coperte da una impenetrabile coltre di segretezza.

Un articolo che sin dal titolo tende a descrivere come un mafioso 'all'antica' il Flamia, che  viene romanticamente addirittura definito 'l'angelo steminatore (o vendicatore)', per i quaranta e passa omicidi confessati e che afferma che 'il valore criminale è caduto troppo in basso'; e se lo dice lui c'è da crederci.

Anche se comprendiamo la 'necessità' tutta giornalistica di compendiare e di suggestionare con una definizione o con un titolo, l'espressione 'angelo vendicatore' usata per uno che ha sparato, incrapettato, sciolto nell'acido, arrecato violenza per trenta anni a cose e persone che in certi casi non conosceva neanche, (per vendicare che cosa?), ci sembra un azzardo che dimostra come per chi non ha mai visto un mafioso dal vero e da vicino in una realtà paesana e quotidiana quale quella bagherese, la tendenza è di 'romanzare' sovrapponendo, magari involontariamente, alla  natura dei mafiosi veri quella  dei mafiosi da fiction.

Piuttosto uno spunto interessante viene dai rapporti tra mafia e politica, nell'articolo si parla di voti a Vitrano, anche se va ricordato che già questo rapporto aveva avuto puntuale riscontro  nelle carte delle operazione 'Argo', dove Giuseppe Scrivano, già sindaco di Alimena, è indagato per voto di scambio, avendo pagato alcuni esponenti di 'cosa nostra' bagherese, Carmelo Bartolone in particolare, per avere dei voti alle elezioni regionali dell'ottobre del 2012

altMa qualche manifestazione di questa interferenza di 'cosa nostra' sulle vicende politiche si manifestò  quando la sera dello scrutinio delle elezioni amministrative l'8 maggio del 2007 a Santa Flavia vennero fuori delle contestazioni sull'attribuzione di voti a due dei candidati a sindaco Luigi Alioto eAntonio Napoli, allorchè i componenti dei seggi  si ritrovarono davanti Sergio Flamia spalleggiato da un gruppetto di persone pronti a difendere con atteggiamenti palesemente minacciosi le ragioni del ‘loro’ candidato.

Nell'articolo si riportano anche i riferimenti di  Flamia agli 'incontri che Provenzano faceva nelle campagne di Misilmeri nel 1995. Ad uno di questi appuntamenti con i mafiosi è legata l’inchiesta della procura di Palermo sul mancato blitz da parte dei Ros dei carabinieri che avrebbe potuto portare, secondo le rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, all’arresto di Provenzano. Per questa vicenda sono finiti sotto processo il generale Mario Mori, all’epoca vice comandante del Ros, e un suo ufficiale, Mario Obinu, entrambi poi assolti dai giudici del tribunale. Flamia ha raccontato ai pm quello che ha vissuto personalmente in quel periodo e ciò che gli è stato riferito da altri mafiosi. La sua versione potrebbe non coincidere con alcuni aspetti riferiti da Ilardo, ucciso a Catania alla vigilia della sua collaborazione ufficiale con la giustizia, e riportati in un rapporto giudiziario dell’allora colonnello Michele Riccio'.

Sin qui  L'Espresso

Per chiudere gira una voce sinora non confermata del pentimento di un altro mammasantissima del Gotha mafioso bagherese che, di fronte alla concreta prospettiva di una condanna a vita dopo le dichiarazioni di Flamia, avrebbe anche lui deciso di saltare il fosso; se fossero vere le voci che circolano con forte insistenza, per gli inquirenti la storia recente della cosa nostra di Bagheria non dovrebbe avere più segreti.

 

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