Cronaca

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo (Procuratore Capo dott. Francesco Messineo, Procuratore Aggiunto dott. Leonardo Agueci, Sost. Proc. dott.ssa Francesca Mazzocco e dott.ssa Caterina Malagoli), hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo del P.M., per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, nei confronti di 8 persone, esponenti di vertice del mandamento mafioso di Palermo “Porta Nuova”.

 Il sodalizio, che si articola nelle famiglie mafiose di “Porta Nuova”, “Palermo Centro” e “Borgo Vecchio”, riveste grande importanza nelle dinamiche criminali di “Cosa Nostra”, in quanto opera nel cuore della città dove sorgono alcune tra le più importanti attività commerciali, i tre mercati storici (“Ballaro”, “Capo”, “Vucciria”) e il porto.

 I rilevanti interessi connessi con questo ambito cittadino costituiscono probabilmente la ragione per cui “Cosa Nostra”, nonostante i durissimi colpi subiti negli ultimi anni, sia sempre riuscita ad assicurare un rapidissimo “rimpiazzo” di capi e gregari.

 L’indagine “Iago” ha consentito di ricostruire l’attuale organigramma del mandamento mafioso, facendo emergere i ruoli dei loro capi e le dinamiche che hanno portato alle loro investiture, ma soprattutto ha permesso di scongiurare l’inizio di una pericolosa faida tra famiglie mafiose.

L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE

L’operazione è il risultato di un’attività d’indagine avviata nel gennaio del 2013 e incentrata su Di Giacomo Giuseppe, braccio destro dell’allora reggente del mandamento, D’Ambrogio Alessandro (arrestato nell’operazione “Alexander”).

 La leadership del Di Giacomo, dapprima responsabile della famiglia mafiosa di “Porta Nuova”, era stata acquisita anche grazie ad una importante parentela, quella con il fratello ergastolano Di Giacomo Giovanni, uno dei componenti del gruppo di fuoco del boss mafioso Pippo Calò, storico capo del mandamento di “ Porta Nuova”.

Le intercettazioni delle conversazioni intercorse tra i due fratelli in carcere, oltre a delineare il ruolo apicale assunto da DI GIACOMO Giuseppe, hanno permesso di ricostruire le capacità operative dell’intera consorteria.

Determinante è apparso il ruolo di Di Giacomo Giovanni, personaggio carismatico e di grande caratura criminale che, consapevole del ruolo di rilievo ricoperto dal fratello, lo guidava dal carcere consigliandogli le strategie criminali da intraprendere, soprattutto in relazione alla gestione della cosiddetta “cassa”.

A tal proposito, illuminante appare la conversazione, intercorsa tra i fratelli, in occasione della quale viene messo in evidenza che per il pagamento delle cosiddette “mesate” agli affiliati del mandamento era necessaria la somma complessiva di 11.500,00 euro:”.... sì ... allora ... ora ti dico una cosa ...a quello nostro ... gli devo mettere ... ogni mese ... ogni mese si devono mettere undici e cinque”.

GLI ASSETTI DEL MANDAMENTO E I SUOI VERTICI

Nel luglio del 2013, con l’operazione Alexander e l’arresto di Alessandro D’Ambrogio, viene decapitato il vertice del mandamento mafioso. Senza temporeggiamenti, viene nominato, quale successore, Di Giacomo Giuseppe al quale tale decisione viene chiaramente comunicata dal fratello Giovanni in occasione di uno dei periodici incontri:

“....ma poi c’è un’altra cosa che fuori non la sa nessuno ... questa te la dico a te ... e ad un certo punto dovrà venire fuori ... a TE ti abbiamo fatto NOI ALTRI (ndr. I boss detenuti)......a LUI (ndr.DI GIOVANNI Gregorio) chi l’ha fatto... il NICCHI?!...e chi l’ha autorizzato????!!!!...e questi sono tutti abusivi sono... ricordatelo!. 

Ma tale situazione è destinata a suscitare presto risentimenti in mafiosi di rango che, scarcerati di lì a poco, non condividono la leadership del momento, nonostante Giuseppe Di Giacomo non abbia mai fatto venire meno il sostentamento agli affiliati detenuti e ai loro familiari. Il 12 marzo 2014 Giuseppe Di Giacomo viene ucciso in un agguato eseguito con le classiche modalità mafiose, nel cuore del mandamento di cui era reggente. L’omicidio innesca nei familiari un’incontrollabile desiderio di vendetta e Di Giacomo Giovanni e il fratello Marcello progettano di uccidere coloro che ritengono essere i responsabili del delitto, convinti anche da alcune insinuazioni venute a conoscenza dell’ergastolano. 

GLI ALTRI PROGETTI OMICIDIARI

Gli incontri in carcere tra i fratelli Giovanni e Giuseppe Di Giacomo sono costantemente incentrati sulla necessità di eliminare qualche personaggio ritenuto non in linea con la nuova gestione della consorteria. I due, al fine di rimarcare lo spessore della reggenza, parlano dell’opportunità di uccidere un sodale, che egoisticamente non vuole mettere a disposizione degli affiliati le proprie risorse economiche, e della necessità di eliminare un uomo d’onore prossimo alla scarcerazione, in quanto ritenuto responsabile di un proposito omicidiario ordito dal boss Cancemi Salvatore nei confronti di Giovanni quando quest’ultimo era in libertà. Inquietante, a tal proposito, lo scambio di battute tra i fratelli:
GIOVANNI: ... hai capito? però ti metti sempre un uomo vicino...
GIUSEPPE: ... certo
GIOVANNI: ... TUM ... NEL SACCO ... L’IMPORTANTE CHE LO DOVETE “AVVRURICARE” (ndr.seppellire) ... tutto qua è il discorso
GIUSEPPE: ... certo
GIOVANNI: ... QUACINA ... QUACINA (ndr. calce) ... DI SOPRA
GIUSEPPE: ... si ... eh ... eh
GIOVANNI: ...GLI TOGLIETE I VESTITI
GIUSEPPE: ... si ... lo so
GIOVANNI: ... LE SCARPE ... hai capito?
GIUSEPPE: ... si
GIOVANNI: ... CI FAI IL TRATT ... PERO’ QUANDO VIENE IL CRASTO ... “BATTITILO SEMPRE IN CAPO”
GIUSEPPE: ... si
GIOVANNI: ... PERCHÉ PUÒ AVERE QUALCHE... CAPITO?
GIUSEPPE: ... si
GIOVANNI: ... QUESTO E’ IL DISCORSO... PER EVITARE “U’ SCRUSCIO”

ELENC:O ARRESTATI 

1. DI GIACOMO Marcello, nato a Palermo il 30.11.1967, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;

2. LIPARI Vittorio Emanuele, nato a Palermo il 27.06.1961, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;

3. LIPARI Onofrio, detto Tony, nato a Palermo il 14.05.1990, reggente della famiglia mafiosa di Porta Nuova;

4. MILANO Nunzio, nato a Palermo il 26.08.1949, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Porta Nuova;

5. COMANDE’ Stefano, nato a Palermo il 15.04.1986, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;

6. ZIZZA Francesco, nato a Palermo il 01.06.1982, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova; 

7. GIOELI Salvatore, nato a Palermo il 01.09.1966, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro;

8. LO PRESTI Tommaso, nato a Palermo il 22.10.1975, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro successivamente a GIOELI Salvatore.

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Nella foto da sinistra in alto: Gioeli Salvatore, Lo Presti Tommaso, Comandè Stefano, Di Giacomo Marcello, 

Zizza Francesco, Lipari Onofrio, Nunzio Milano, Lipari Emanuele.

VAI AL VIDEO con le intercettazioni in carcere

 

Villa Maria Cristina, già clinica 'Le Magnolie', è diventata, assieme al deposito della ex Cooperativa 'La Sicilia', il bersaglio preferito dai ladri: scarsa sorveglianza, facile accssibilità, buona possibilità di approvvigionarsi di apparecchiature, telai di porte e finestre, materiale ferroso e di rame.

altQualche giorno fa erano stati gli uomini del Commissariato di Bagheria a sorprendere e denunciare cinque persone, tra cui due minori, altri due erano risuciti a fuggire, mentre smontavano e acctastavano materiali di varia natura.

Nel pomeriggio del 16 aprile, in via Parisi, sono stati i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Bagheria a trarre in arresto le sottonotate persone ritenute responsabili del reato di tentato furto aggravato in concorso:

-VITALE Giuseppe, nato a Palermo, classe 1982, ivi residente;

-RIZZUTO Giovanni, nato a Palermo, classe 1966, ivi residente.

I Carabinieri, che da tempo sorvegliavano la zona - come dicevamo ripetutamente bersagliata dai ladri – ed avevano già tratto in arresto, circa due mesi fa, altri due giovani bagheresi per lo stesso reato commesso in altra struttura, anche in questa circostanza notavano, nel transitare di fronte all’ex Casa di Cura “Villa Maria Cristina”, che il cavo di ferro posto a chiusura del cancello era stato tranciato.

 

 

 

altNella successiva ispezione dell’immobile venivano dunque sorpresi i due che, al primo piano, avevano già smontato ed accatastato un’ingente quantità di plafoniere, interruttori elettrici e perfino dei telefoni, e si accingevano a spostarli sul proprio mezzo, parcheggiato in prossimità dell’area.

A nulla è valso il tentativo di fuga degli autori, acciuffati, dopo un breve inseguimento a piedi, dai militari che recuperavano e restituivano ai legittimi proprietari l’intera refurtiva.

 Su disposizione dell’Autorità Giudiziaria (PM di turno presso la Procura della Repubblica di Termini Imerese, Dott. Paolo Sartorello), gli arrestati hanno passato la notte agli arresti domiciliari e, nella mattinata del 17 aprile, sono stati tradotti presso il Tribunale di Termini Imerese per il rito direttissimo, conclusosi con la convalida degli arresti, la liberazione dei due ed il rinvio del processo a data da destinarsi.  

 

 

 

 

foto al centro Rizzuto Giovanni, in basso Vitale Giuseppe

Il patrimonio sequestrato dalla Guardia di finanza vale cento milioni di euro. Si apre un nuovo capitolo nell'inchiesta della Procura della Repubblica sulla gestione dei fondi della formazione professionale.

Nei giorni scorsi i pm hanno chiuso il secondo troncone dell'inchiesta Ciapi.

In ventiquattro hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini: diciannove persone fisiche e cinque giuridiche. Oltre Giacchetto ci sono i politici: Francesco Scoma, senatore di Forza Italia, l'ex deputato regionale Santi Formica, anche lui di Forza Italia, l'ex parlamentare del Pdl all'Ars, Salvino Caputo, e Nino Dina, dell'Udc, attuale presidente della commissione Bilancio del Parlamento siciliano; gli ex consiglieri comunali di Palermo Salvatore Alotta e Gerlando Inzerillo, il sindaco di Santa Flavia, Salvatore Sanfilippo.

Scoma e Formica sono indagati per corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti.

Tutti gli altri politici rispondono solo di finanziamento illecito ai partiti.

 Le cinque società coinvolte nell'indagine sono: Media Consulting, Media Center&Managment, Effemmerre Group, Cofarg, Adilat sas.

Nel giugno dello scorso anno lo scandalo travolse il Ciapi di Palermo. Finirono in carcere diciassette persone, tra cui il manager della pubblicità Faustino Giacchetto. Allora gli investigatori si concentrarono sui 15 milioni di euro del progetto Co.Or.Ap.

Adesso, come annunciato nei mesi scorsi, l'inchiesta si estende su altri sette progetti: Infoa, Carovana per l'orientamento, Formispe, Forum della Legalità, Attività per gli Enti locali, Labor e Scuola Lavoro. Sette progetti finanziati dall'Unione europea con 78 milioni di euro.

Il Nucleo di polizia tributaria ha eseguito un sequestro preventivo urgente nei riguardi delle società Media Consulting, Effemmerre Group, Fenice società cooperativa sociale, Media Service società cooperativa.

Il provvedimento di sequestro oltre che Giacchetto riguarda anche altre 15 persone tutte indagate  per truffa, turbativa d'asta e falso: Francesco Riggio ( ex presidente del Ciapi), Carmelo Bellissimo, Stefania Scaduto, Pietro Messina, Massimiliano Sala, Rinaldo Sagramola, Angelo Vitale, Andrea Giostra, Vincenzo Marannano, Federica Zeppillo, Luciano Muratore, Mario Lo Piccolo, Giuseppe Allò,Giovanni Ciaramiatroe Alessandra Russo.

Contestualmente sono stati perquisiti la casa e gli uffici di Giacchetto Il sequestro colpisce anche disponibilità patrimoniali e finanziarie riconducibili all'entourage del pubblicitario.

Si tratta di una misura patrimoniale cosiddetta "per equivalente", cioè a garanzia dell'eventuale danno subito dall'erario. L'ipotesi è che siano state “truccate” le procedure di aggiudicazione delle gare bandite per l'organizzazione di eventi e per l'esecuzione delle campagne pubblicitarie. Sarebbe stato accertato che le imprese invitate a partecipare alle gare, in alcuni casi erano direttamente riconducibili a Giacchetto.

Altre, invece, avrebbero dovuto “corrispondere parte del denaro percepito dal Ciapi, scrivono gli inquirenti, a società comunque riconducibili a Giacchetto".

Da qui le accuse di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, turbata d'asta, frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, favoreggiamento e frode fiscale. 

Contestualmente, la stessa Guardia di finanza ha dato esecuzione ad un altro provvedimento di sequestro emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Gli investigatori hanno confrontato le entrate di natura lecita e i redditi dichiarati da Giacchetto e hanno concluso che “sussiste una sproporzione non giustificata, tale da far ritenere che, almeno, una parte degli stessi rappresenti il provento delle attività delittuose, quali la corruzione, le false fatturazioni ed il finanziamento illecito ai partiti, commesse tra il 2006 ed il 2012 o ne costituiscano il reimpiego”.

nella foto di copertina  Fausto Giacchetto

 

E' da qualche giorno che il triste e mortificante  spettacolo delle montagne di monnezza, che da qualche mese pensavamo non dovesse più perseguitarci, è tornato ad imperversare sulle nostre strade. 

La raccolta rifiuti procede ormai a scacchiera, si inetrviene dove la situazione è più grave, l'altro ieri all'angolo tra via Derelitto e via Palagonia, stamane in piazza Indipendenza e domani chissà. Nessuna novità invece per la 'discarica' di Incorvino.

E non parliamo del centro storico con i corsi principali che spesso spuntano al mattino con i sacchetti accatastati a ridosso di vetrine e negozi.

La situazione è appena appena migliore nella zona da Aspra a via Dante servita dalla ditta privata; in periferia però la situazione è drammatica.

Diversi i motivi che stanno concorrendo a rendere inguardabile Bagheria: il fatto innanzitutto che il commissario straordinario, smentendo una prassi iniziata con Biagio Sciortino e consolidatasi con Vincenzo Lo Meo, piuttosto che versare le competenze direttamente nelle tasche dei lavoratori Coinres che operano a Bagheria, circa 80, ha versato direttamente al Coinres le spettanze.

E questo gesto del commissario Michela La Iacona, vuole anche segnare una presa di distanza da un prassi dalla dubbia legittimità.

D'altro canto il Coinres è un ente in liquidazione ed il commissario, Roberto Celico, non può erogare stipendi, cosa che dovrebbero fare altri commissari nominati per gestire la partita corrente.

Insomma un bel guazzabuglio, con il risultato che i lavoratori hanno avuto solo il 50% delle spettanze di marzo 2014. La loro protesta pare che trovi fondamento nelle solite inadeguatezze di mezzi e dotazioni.

Sino allo scorso mese si era proceduto con il versamento di 140.000 euro mensili da parte del comune direttamente ai lavoratori dopo un loro sollecito extragiudiziale all'amministrazione, oltre ad versamento  di 40.000 euro verso il Coinres per coprire gli oneri sociali degli addetti.

Ricordiamo sempre che è vigente un appalto di una ditta privata per l'importo trimestrale di 40.000 euro che copre per la sola raccolta circa il 20% del territorio comunale.

Complessivamente quindi circa 200.000 euro mensili, insomma una cifra più contenuta rispetto agli esborsi di un tempo: intanto però è ferma negli uffici la gara per il grande ARO che consentirebbe l'operazione di trasferimento dell'intero servizio di raccolta e trasporto ai privati tramite una gara d'appalto che dovrebbe essere gestita dall'UREGA.

Le carte si sono arenate in qualche ufficio. E noi aspettiamo.

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