E cosa nostra di Bagheria continuava a tessere la sua tela

E cosa nostra di Bagheria continuava a tessere la sua tela

cronaca
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Nel numero di S in edicola oggi, in un articolo di Riccardo Lo Verso, vengono ripercorsi i passaggi che emergono già da precedenti indagini, e cioè  di una mafia bagherese al centro di incontri e contatti con le altre famiglie mafiose: a dipanare la matassa potranno  senz'altro contribuire le dichiarazioni di Sergio Flamia, ma non solo.

C'è un pentito a Casteldaccia, Giuseppe Carbone, che già a poche ore dall'arresto avvenuto a maggio nell'operazione Argo, aveva cominciato a collaborare con gli inquirenti, consentendo di disvelare i retroscena e gli autori della esecuzioni degli ispano-canadesi Fernando e Pimentel e il ritrovamento dei loro cadaveri;  ma si parla con insistenza di un pentito anche ad Altavilla Milicia , un uomo arrestato tempo fa ed i cui familiari sarebbero già stati portati in una località segreta.

Insomma ci sarà abbastanza materiale per gli inquirenti per ricostruire un reticolo di relazioni che ha visto la mafia bagherese sempre protagonista, e sempre alla ricerca di sponde anche in altre famiglie.

Nell'articolo di S, Riccardo Lo Verso parla di un summit di mafia nel settembre 2012, a Palermo, uno dei più recenti, sul quale però gli investigatori sanno poco, sia sulle questioni discusse che sui partecipanti.

Un contributo appunto potrebbe arrivare presto da  Sergio Flamia, che a questo summit avrebbe partecipato.

Le microspie agli inizi di settembre 2012,  'raccontano' che Flamia è in macchina con il suo fidato collaboratore, nonchè cugino, Salvatore Giuseppe Bruno.

La loro Smart sono viene localizzata alle 13,20 in via Libertà, a pochi passi da piazza Castelnuovo a Palermo.

“Alessandro non è venuto... fammi fare il giro”, dice Bruno, subito ripreso da Flamia: "facciamo la minchia... ci fermano e mi arrestano...”. I

In quel periodo infatti Flamia era sottoposto all’obbligo di soggiorno a Bagheria, ed era effettivamente già un grosso rischio essere arrivato sino a Palermo, perchè avrebbe potuto essere riconosciuto. 

Ora lo chiamo... e lo avviso... se è all’incrocio lo vedo io... aspettami qua...”, dice Flamia mentre scende dalla Smart. Si allontanerà per più di due ore. Al rientro è preoccupato e riferisce al cugino di aver visto nel luogo dell'incontro una macchina sospetta parcheggiata, “una Lancia Ypsilon nera... minchia era appostata dov’è che eravamo noi... quando siamo usciti erano messi là dietro”.

altFlamia, aveva appena  quindi finito di partecipare a un summit  assieme ad altre persone.

 L'interrogativo su cui si erano esercitati gli inquirenti verteva su chi avrebbe potuto essere  l’Alessandro citato?

Probabilmente- aggiunge Lo Verso nel suo articolo- si tratta di Alessandro D’Ambrogio, tornato in cella di recente con l’accusa di essere il capo mandamento di Porta Nuova.

Bagheria, quindi in rapporti con Porta Nuova, ma non solo.

Quattro giorni dopo è ancora Flamia che parla con Bruno dell’incontro che due picciotti di Bagheria hanno avuto con Fabio Chiovaro, che da lì a pochi mesi sarebbe stato arrestato perché ritenuto il reggente del mandamento della Noce:C’è questo dice che è seccato, questo Fabio u Chiovaro, perché dice che questo ragazzo là si è aperto nel discorso senza che, ‘io’ dice... in questo discorso... ‘io non sono né pazzo né ubriaco’...”.

Chi erano i due picciotti di Bagheria,  si sarebbe scoperto grazie a una successiva intercettazione che sgombra il campo anche sull’identità di Alessandro.

Stavolta la macchina su cui è stata piazzata la microspia è una Mercedes classe A, in uso a Driss Mozhadir e Francesco Centineo, arrestati nello stesso blitz ' Argo' di maggio nel corso del quale finì in carcere anche Flamia.

Pare essere  un riferimento preciso a D’Ambrogio e allo “zio Nino”, Antonino Ciresi, arrestato per l’estorsione allo chef Natale Giunta, la frase intercettata di Flamia: “Con l’amico suo deve essere offeso... che è venuto... è venuto presente... dove non poteva essere presente... perché non era autorizzato... da lui... perché lui lo è venuto a fare il tuo nome... siccome è un discorso che già è arrivato da Alessandro... vorrei che ci fosse qualcuno del mandamento di Alessandro... vorrei che ci fosse lo zu’ Nino... che glielo
racconto in faccia io lì... e dopo se mi devo guadagnare uno schiaffo dal parrino me la piglio... ma da parrino... perché io oltre il parrino non me lo posso prendere da nessuno lo schiaffo”.

Anche in questo caso potrebbe essere Flamia potrebbe dire fare chiarezza sul  tema del contendere.

altA completare il quadro dei contatti fra i boss di Bagheria e quelli di altri mandamenti, ci sono i rapporti con Mazara del Vallo e la mafia di Trabia e Termini Imerese.

In particolare fra Vincenzo Graniti, uno degli uomini incaricati da Flamia per raccogliere il pizzo, e Marco Buffa, mazarese residente a Petrosino, con precedenti per associazione mafiosa.  I due avrebbero parlato di un affare che interessava un “Palazzo”.

Di che affare si trattava? Sinora un mistero che sempre il Flamia potrebbe contribuire a chiarire.

Ed un altro incontro tra i capi della famiglia di Bagheria e quelli di Trabia, avviene il 13 febbraio di quest'anno allorchè gli inquirenti annotano che alle 8.37 del mattino accadeva una cosa mai veirficatasi durante e indagini: Flamia Sergio Rosario giunto a bordo della Smart, alla cui guida c'era Vincenzo Gagliano, dopo essere sceso dalla propia auto saliva a bordo della Punto condotta Gino Di Salvo, che già lo attendeva da una decina di minuti proprio nei pressi del market gestito dal Gagliano.

I due ritornano dopo cinque minuti, scendono dall'auto,  e si appartano dentro il negozio di Gagliano;  poco dopo Gino Di Salvo si allontana con la propria Fiat Punto e lo stesso fanno Gagliano e Flamia con la Smart.

Intorno alle 9.30 annotano gli investigatori la Smart stavolta condotta dal Bruno, dopo avere realizzato l'aggancio con gli ospiti 'trabiesi' allo svincolo autostradale ( dice il Bruno"qua sono"  ) 'giungeva in via Sant'Antonio angolo via S.Francesco d'Assisi a Bagheria.

"Flamia invitava il Bruno a fermarsi e prima di scendere diceva al Bruno di aspettarlo precisando che avrebbe raggiunto a piedi il luogo dell'incontro.

"Realisticamente - è la conclusione cui arrivano gli investigatori - il Flamia raggiungeva a piedi la vicina via San Bernardino dove ci sarebbe stato un locale a disposizione del Di Salvo per effettuare delle riunioni riservate.

Poco dopo, dalla macchina scendeva anche Bruno Salvatore il quale si soffermava a parlare nei pressi della stessa con l'autista dell'esponente mafioso di Trabia."

Tutto questo accadeva dopo una intercettazione in cui Gino Di Salvo rivolgendosi al Flamia dice “Dimmi una cosa... ci hai parlato più con i terminesi no?”, . In particolare, la richiesta era di convocare “o Vavusu”.

Insomma un intreccio di incontri che Flamia, se lo vorrà, avrà modo di spiegare.


 

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