Il pentito bagherese Nino Zarcone racconta gli affari della mafia a Bellolampo

Il pentito bagherese Nino Zarcone racconta gli affari della mafia a Bellolampo

cronaca
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In un articolo di Salvo Palazzolo sulla Repubblica-Palermo di oggi si riportano alcune delle dichiarazioni del collaborante bagherese Antonino Zarcone sugli affari della discarica di Bellolampo su cui cosa nostra aveva interessi.

A Nino Zarcone, per un periodo co-capomandamento con Salvatore Lauricella e Gino Di Salvo,  il mandamento mafioso di Bagheria aveva affidato in qualche modo il compito di curare i rapporti con le famiglie palermitane, una sorta di sottosegretario agli affari esteri insomma. 

Il pentito riferisce al p.m. Caterina Malagoli di un pranzo di 'lavoro' svoltosi in un ristorante di piazza Leoni in cui si sarebbe discusso dei lavori di sbancamento che stavano per partire a Bellolampo:" C'erano persone influenti a tavola - riferisce Zarcone - Tommaso Di Giovanni, macellaio, capomandamento di Porta Nuova, Tonino Messicati Vitale, boss di Villabate, Nicolò Milano di Palermo centro e Salvatore Sansone dell'Uditore".

Si parlò appunto di sbancamenti per la realizzazione della nuova vasca  e di "Un imprenditore di viale Michelangelo - precisa Zarcone - che aveva chiesto aiuto per inserire i suoi mezzi nei lavori di Bellolampo, per il movimento terra".

altLe dichiarazioni di Zarcone, depositate agli atti della indagine dei giorni scorsi sulla mafia di Pagliarelli sono diventate lo spunto per l'accertamento di eventuali infiltrazioni di interessi di mafia all'interno della discarica di Bellolampo.

Peraltro gli accertamenti della Finanza sulla gestione del periodo Galioto-Colimberti, precisa Palazzolo nell'articolo, avevano portato ad approfondire il ruolo di tale Francesco Buscemi, funzionario in pensione, che era stato a suo tempo segretario di Vito Ciancimino, nominato dalla dirigenza dell'Amia consulente con lo scopo di "effettuare una ricognizione sul patrimonio Amia, discarica compresa dunque, per tutelarlo e valorizzarlo".

Nessuna relazione è stata comunque prodotta dal Buscemi, ed il sospetto degli inquirenti  è che dovesse rivestire il ruolo di 'anello di congiunzione tra cosa nostra ed il mondo politico amministrativo siciliano'.

 

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