Strage di Casteldaccia, per 5 indagati arriva l'archiviazione

Strage di Casteldaccia, per 5 indagati arriva l'archiviazione

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Il gip di Termini Imerese, Antonio Colletti, ha archiviare la posizione di cinque indagati per la strage di Casteldaccia dello scorso 2 novembre 2018 in cui persero la vita 9 persone, tra cui due bambini e un ragazzo di 15 anni, travolte dalla furia del fiume Milicia mentre trovavano in una villetta abusiva di contrada Dagali. Secondo il giudice, come richiesto anche dalla Procura, gli indagati non avrebbero avuto alcuna responsabilità nella tragedia.

Mentre per il sindaco Giovanni Di Giacinto, la responsabile della protezione civile del Comune, Maria De Nembo, e il proprietario dell'immobile, Antonino Pace, inizierà a dicembre l'udienza preliminare, per l'ex sindaco, Fabio Spatafora, tre dirigenti del Comune, Rosalba Buglino, Alfio Tornese e Michele Cara Pitissi, nonché per la moglie del proprietario della villetta, Concetta Scurria, la vicenda giudiziaria si è cocnlusa con l'archiviazione.

Il gip ha condiviso le considerazioni della Procura e anche degli avvocati degli indagati (Marco D'Alessandro, Mauro Torti, Fabio Vanella, Enrico Sorgi, Giovanni Di Benedetto e Francesco Paolo Sanfilippo) e nella sua ordinanza sposa la tesi secondo cui non vi sarebbe "un nesso di casualità giuridica fra la omessa demolizione dell'immobile teatro degli eventi e le morti da esondazione".

Quella villetta, infatti, era completamente abusiva e avrebbe dovuto essere demolita da tempo. Se così fosse stato, si era ipotizzato in un primo momento, le vittime - Francesco Rughoo, Monia, Antonio, Marco, Federico e Rachele Giordano, Nunzia Flamia, Matilde Comito e Stefania Catanzaro - non avrebbero potuto restare intrappolate e morire. Per quanto riguarda Scurria, compropretaria dell'immobile e destinataria dell'ordine di demolizione "va detto - rimarca il giudice - che non è emersa da parte di costei neanche una partecipazione anche a titolo di concorso morale nell'affitto o nella concessione in comodato della villetta".

Nel provvedimento si legge inoltre che "il comportamento colposo degli altri indagati, amministratori locali, consisterebbe nel non aver dato corso all'ordinanza di demolizione dell'immobile di proprietà di Pace e Scurria o comunque nel non aver acquisito il predetto immobile al patrimonio comunale", ma "la immane tragedia che ha spezzato la vita di nove persone avrebbe interrotto il corso dell'esistenza di chiunque si fosse trovato in quei luoghi a transitare o a sostare per qualsivoglia ragione".

Per questo "sarebbe assolutamente necessario ed assolutamente indispensabile il ricorso a quegli strumenti di tutela tipici ed a presidio della pubblica e privata incolumità. Per tale motivo resta esclusa la responsabilità del sindaco ormai cessato dalla carica, Fabio Sapatafora, e degli impiegati comunali che si erano avvicendati nella direzione degli uffici addetti al patrimonio ed alla repressione degli abusi edilizi".

 Il giudice aggiunge poi che "l'immobile abusivo non era sfuggito alle doverose verifiche degli organi comunali ed era comunque oggetto di una ingiunzione di demolizione (qualche mese prima del tragico evento l'ufficio repressione del Comune aveva richiesto notizie al Tar per il ricorso all'ordinanza di demolizione presentato dai coniugi Pace-Scurria). Va infine sottolineato, inoltre, atteso che un approfondimento su tale aspetto è stato pure sollecitato dagli opponenti, che è stato abbondantemente approfondito come gli insediamenti abitativi sui luoghi non abbiano in alcun modo influito sulla genesi dell'onda e sulla portata devastatrice di essa" e che "i periti hanno concluso sul punto affermando che la catastrofe causata dall'onda di piena non ha nulla a che vedere con l'antropizzazione dell'area".

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