Bagheria dei misfatti: muore un erbolajo, la scampa un calzolaio - di Biagio Napoli

Bagheria dei misfatti: muore un erbolajo, la scampa un calzolaio - di Biagio Napoli

cultura
Typography

G. Di Mensa, in una delle sue Cronache delle Assise di Palermo, ci descrive sei imputati alla sbarra accomunati, oltre al resto, tutti o quasi, da una medesima nota fisica, cioè da “due barbettone tagliate a mezza luna sulle gote sicché decisamente pare che le barbette arcuate abbiano a essere una toletta speciale della gente a modo nella specie malandrinaggio”.

Cinque di essi, tra mandanti ed esecutori, sono accusati di assassinio nella persona di Alberto Valenti, erbolajo; soltanto uno, invece, deve rispondere del tentato omicidio di Salvatore Piazza, cognato del primo e calzolajo. I fatti che avevano portato a quel processo avevano avuto inizio parecchi anni prima.

Rosaria Viscuso, giovinetta di 15 anni, venne rapita, il 18 ottobre del 1865, da un gruppo di uomini capeggiati da Alberto Valenti. Di famiglia benestante, e che in paese contava, i suoi due fratelli tene-vano in affitto i terreni del marchese di Roccaforte; essi denunziarono il rapitore che, catturato, venne imputato di ratto violento e processato. Il Valenti dovette così passare i successivi due anni fino, precisamente, all'ottobre del 1867, in prigione. Ma, scrive il Di Mensa, “il carcere non poteva concedere la riparazione dell'onore per conseguire la quale non ci ha che l'acqua benedetta”. Il Valenti e la Viscuso, nel luglio del 1868, si sposarono; pare, tuttavia, che quel matrimonio, date le premesse, non funzionasse e che “ il diavolo fu a casa e in bottega senza che pace venisse mai né per lui né per la sua donna”. Vissero in queste condizioni per circa 7 anni, cioè dall'anno del matrimonio fino al 1875. Egli, di mestiere, faceva l'erbolajo, girava per le campagne, spesso per quelle dei cognati dove, un giorno, vennero trovate delle viti e delle piante di sommacco danneggiate, i Viscuso se la legarono al dito. “Sulle prime ore del mattino del 27 luglio 1875...il povero erbolajo...era intento a cuocere le sue pozioni e a manipolare i suoi empiastri, quando dalla via rimpetto un colpo di arma da fuoco lo gitta cadavere sul pavimento”.

Chi era stato? Curioso ( ma fino a un certo punto ) come il depistaggio venisse da una donna, Gaetana Fazzino, madre dei Viscuso e suocera del morto; al fratello di quest'ultimo, Niccola Valenti, riferì che gli assassini già si conoscevano ed erano “stranieri di Caltanissetta”. Ma, tornato a Bagheria dopo averli cercato invano, l'incontro con Salvatore Piazza, cognato suo e del morto, gli chiarisce come stessero in effetti le cose perché il calzolajo sapeva tutto avendo visto tutto e gli confidava il segreto raccomandandogli il silenzio in attesa del da farsi. Gli racconta dunque il Piazza d'essersi trovato la mattina del delitto nei pressi della bottega del Valenti, d'aver sentito il colpo, d'avere visto scappare tre uomini armati di carabina e di averli riconosciuti. Uno era un cognato dei Viscuso e gli altri due erano operai nelle loro campagne. Il segreto su quanto sapevano durò tuttavia poco, perché fu lo stesso Piazza a parlarne, naturalmente in segreto, ad una sua sorella la quale non ci mise nulla a divulgare ogni cosa.

Per scongiurare una faida si fissò un incontro tra le due parti e il mattino del 29 luglio “nel Casino Roccaforte ( che è stanza dei fratelli Viscuso ) giungono a uno a uno sino a quindici fra compari e amici di parte Viscuso e soli cinque fra compari e amici di parte Valenti”. L'incontro è presieduto da un uomo anziano di parte Viscuso; egli “ha preso le sue cautele perché le porte sieno ben chiuse ai birri e agli infami”; conta i suoi quindici e conta i cinque avversari; “verifica la provvista in pane e formaggio, ordina che sia pronto il vino a discrezione e il banchetto è servito”. E quando ebbero mangiato e “il vino erasi tutto libato in grande profusione”, l'anziano prese la parola iniziando la discussione. Fatta la pace , seguì il rito del bacio e “i baci dei cinque di parte Valenti furono ripetuti per quindici volte in bocca ai quindici di parte Viscuso in modo che ogni bacio schioppettava come un moschetto”. Ma il banchetto, e i baci, dovevano essere completati da ciò che costituiva “lo scudo di perpetua salvaguardia di un vero trattato di pace”, cioè dalle promesse di comparatico, “suprema guarentigia dei patti del malandrinaggio”, perché “un malandrino può anche mentire col nome di Dio e di Maria, ma per San Giovanni non mai, sicché quando egli avrà giurato pel San Giovanni, quando avrà per San Giovanni promesso, giuri e promesse saranno fedelmente eseguiti”. Così fra le parti principali venne convenuto il San Giovanni o per battesimo o per cresima “e quando cotesta solennità era eseguita...il vecchio Presidente sciolse l'adunanza”. Ma Salvatore Piazza non era stato a quell'incontro, non aveva preso alcun impegno, brigava perché il cognato Valenti si rivolgesse alla polizia, bisognava toglierlo di mezzo. E la sera del 28 novembre gli spararono senza però che lo uccidessero; sopravvisse all'attentato e, quando la polizia che, fino ad allora non aveva cavato un ragno dal buco, andò al suo letto dove giaceva ferito per interrogarlo, egli raccontò tutto. E disse anche di avere riconosciuto il suo attentatore e che si trattava di tale Ludovico Toja avendolo visto correre “verso la direzione del Casino Roccaforte, dove egli lavorava coi Viscuso da un paio di mesi”. Vennero arrestati e condannati a varie pene detentive i due mandanti, il cognato esecutore, i due operai complici del delitto Valenti e, naturalmente, colui che aveva attentato alla vita di Salvatore Piazza.

L'affaire Valenti-Viscuso apre uno scenario fin'ora non considerato nelle varie ricostruzioni della vicenda dei Fratuzzi di Bagheria. Salvatore D'Amico, ritenuto il primo pentito di mafia, in realtà semplicemente infiltrato nella setta dei Fratuzzi, e a libro paga del nonno brigadiere Francesco Gandolfo, farà le sue rivelazioni sulla setta l'8 ottobre 1877. E nominerà Pietro Valenti , fratello di Alberto, come uno di quelli che lo avevano incitato ad affiliarsi alla setta. E nominerà Alberto Valenti in due occasioni. A proposito di quella affiliazione, un giorno non precisato del 1872, dirà della presenza, tra gli altri, oltre che di Pietro, anche di Alberto Valenti. E, a proposito dei summit dei Fratuzzi, dirà: “Io non intervenni mai alle adunanze, ero però avvertito dal Valenti Alberto per intervenirvi; rammento che lo stesso Alberto Valenti m'invitò di trovarmi alla Torre del Ponte, io vi andiedi, però troppo tardi, quando avevano deliberato il da fare; ivi trovai Valenti Alberto, Francesco Agnello, Toja Ludovico, Cirafici Calcedonio, Giangrasso Giuseppe e altri che non ricordo e alle mie domande su quanto avessero fatto mi dissero che...avevano condannato a morte i due fratelli Alia di Portella di Mare, ed infatti questi due prima che fossero corse 24 ore furono assassinati”. I due fratelli Alia ( o Lia come in altra parte della sentenza del processo ai Fratuzzi , da cui sono state tratte le precedenti rivelazioni, è scritto ) furono uccisi uno dopo l'altro il 18 e 19 luglio ( ma un terzo fratello era già stato ucciso il 31 maggio ). Alla riunione per deciderne la morte, alla Torre del Ponte presso Ficarazzi, in contrada Cordova, nella bettola di proprietà di Francesco Agnello, parteciparono dunque sia Alberto Valenti che Ludovico Toja che erano pertanto, a pieno titolo, fratuzzi. Il Valenti, dopo pochi giorni, verrà ucciso per ordine dei cognati Viscuso; Il Toja, dopo qualche mese, tenterà di uccidere, sempre per mandato dei Viscuso, Salvatore Piazza. La sentenza del processo ai Fratuzzi verrà fuori il 22 aprile del 1879; dei 31 imputati saranno 29 ad essere condannati. La pena per il reato di associazione di malfattori è di cinque anni di carcere più due anni di sorveglianza speciale e il pagamento delle spese processuali. Una amnistia consentirà la riduzione della pena di sei mesi. Questa pena non sarà applicata a Ludovico Toja, pur condannato e fra i 29 condannati del processo, perché già in carcere per scontare 20 anni di lavori forzati per il tentato omicidio di circa tre anni e mezzo prima. Ludovico Toja, nella sentenza, risulta essere il ventinovesimo dell'elenco dei 31 imputati di associazione di malfattori. All'ottavo posto c'è invece Carollo Mariano; anche lui sarà condannato ma anche a lui la pena non sarà applicata. Sta infatti scontando in carcere trenta anni di lavori forzati comminatigli, come a Ludovico Toja, con sentenza del 31 agosto 1877. E' lui il cognato dei Viscuso che si era incaricato dell'esecuzione dell'assassinio di Alberto Valenti. Stando così le cose, in quel 1875, stava probabilmente per scoppiare una guerra tra fazioni all'interno della setta dei Fratuzzi.

Note bibliografiche

1-G. Di Mensa, Le cronache delle Assise di Palermo, riordinate, raccolte ed ampliate, Palermo 1878, vol. II, pp. 32-53.

2-Sentenza del 22 aprile 1879 del processo per associazione di malfattori cosidetta dei Fratuzzi.

Biagio Napoli ( novembre 2015 )

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.