Cosa nostra: la versione di Patrizio Cinque e quella di Beppe Grillo

Cosa nostra: la versione di Patrizio Cinque e quella di Beppe Grillo

Politica
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Il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque ha ripetuto in tante occasioni pubbliche una frase molto efficace: 'la mafia è una montagna di merda', e tra i compiti che da sindaco si è dato e sta affrontando c'è quello di recidere il rapporto tra la mafia ed un parte della politica, citando il Coinres come frutto avvelenato di questo insano connubio; ma ci si potrebbe dilungare citando la serie interminabile di arresti e processi che riguardano mafia, politica, affari e pizzo, intensificatisi negli ultimi anni, proprio quando secondo Grillo la mafia sarebbe emigrata al Nord.

Beppe Grillo diversamente dal sindaco di Bagheria, dal palco dello 'sfiducia day' di Palermo sostiene invece che 'la mafia (comunque e a modo suo) ha una sua morale'.

Non è come si potrebbe pensare, quella di Grillo, 'voce dal sen fuggita' nella veemenza della retorica comiziale, ma lucido ragionamento rivelatore dell'obiettivo 'politico' che si è dato il capopopolo del MoVimento 5 stelle, e che il presidente Crocetta,  ha ben individuato e denunciato.

Patrizio Cinque è siciliano, e per di più bagherese di padre napoletano, è cresciuto ed è vissuto a Bagheria, ed anche se giovane capisce bene che quando Grillo afferma che la mafia in Sicilia non c'è più perchè se ne è andata al Nord dove ci sono gli sghei, come disse in Sicilia e a Bagheria durante il tour elettorale delle regionali dell'ottobre 2012, in realtà dice, sapendo di dirla, una grande idiozia.

In secondo luogo Patrizio Cinque e i siciliani che ragionano sanno bene  che c'è una profonda differenza tra l'essenza della cosa nostra siciliana e le ingiustizie anche violente di uno Stato, (la vicenda Diaz insegna), le ormai inquietanti e nefaste manfrine dei servizi segreti deviati, le turpitudini di cui è capace chi muove i grandi capitali finanziari, elementi che sono certo espressioni di prepotenza, di prevaricazione, di dispregio della legge e forse anche di mafiosità.

Per farla breve, Patrizio Cinque e i siciliani che ragionano sanno bene che cosa nostra è un'altra cosa, profondamente diversa, più subdola ma anche più aggressiva e violenta, e condizionante dello sviluppo non solo di singole comunità ma dell'intera nostra Sicilia.

E' una associazione criminale che si regge su un vincolo associativo di sangue che ha alla base la segretezza, la mutua assistenza, l'omicidio come regola; è una associazione che succhia il sangue agli imprenditori e ai commercianti siciliani, che è una vera palla di piombo per l'economia siciliana, che ha impedito un reale sviluppo produttivo dell'isola, che ha come strumenti per affermarsi le intimidazioni, le violenze e se il caso anche il delitto.

E' una associazione che ha trovato nelle interazioni e nell'alleanza con la politica quella capacità di costruire un consenso sociale ed una forza di condizionamento senza pari, impensabile fuori dalla Sicilia.

E' vero che la mafia insegue i soldi, gli affari, i grandi appalti, i loschi traffici che ci sono anche e soprattutto al Nord, ma è anche vero che se i tentacoli arrivano e si insediano a Roma, in Emilia e in Lombardia, la testa della piovra è sempre in Sicilia. Il consenso e il controllo sociale e fisico del territorio, la commistione con la politica, rendono la mafia fenomeno criminale e politico-sociale endemico in Sicilia da oltre 150 anni.

Fuori dalla Sicilia la mafia è 'semplice' fenomeno criminale come tanti altri e non si può confondere con le illegalità dello Stato e dei poteri forti.

Non capire queste differenze vuol dire non avere capito nulla della storia del nostro paese.

altNoi crediamo invece che Grillo queste cose e queste differenze le conosca e le capisca, e non ci venga a raccontare la favoletta che la mafia di una volta era altra cosa 'morale': la mafia che nel 1947 spara sui braccianti di Portella delle ginestre, che uccide nel dopoguerra decine e decine di politici e sindacalisti di sinistra, la mafia che nel 1963 fa saltare in aria sette carabinieri a Ciaculli, la mafia che ha lucrato e costruito imperi economici sugli omicidi e sulle grandi speculazioni edilizie degli anni '60-70, la mafia che ha mortificato la politica e i governi siciliani, imponendo i suoi rappresentanti al governo della regione e a sindaci dei comuni condizionando pesantemente la politica, la mafia che negli ultimi trenta anni ha dato vita a Palermo al più grande massacro mai visto al mondo in una nazione progredita di magistrati, politici, esponenti delle forze dell'ordine, giornalisti, bambini e uomini di chiesa, testimoni di giustizia  e loro parenti (oltre cento in trenta anni), è in Sicilia che riesce ancora ad esplicare la sua forza di intimidazione e di controllo capillare della società.

Era forse questa la mafia 'buona ' quella che aveva in qualche modo una morale di cui parla Grillo? la mafia che malgrado tutto avrebbe una 'morale' corrotta dal grande capitale e dallo Stato, l'onorata società dei film -caricatura sulla Sicilia?

Ma siamo seri ! Grillo sarà un comico, ma non è uno scemo.

In realtà quella di Grillo vorrebbe essere un gran furbata politica: lui sa bene che c'è tanta parte dei siciliani che considera il solo parlare della presenza della mafia e dei mafiosi in Sicilia reato di lesa maestà, disdicevole per il buon nome della nostra terra; ne è riprova recente anche il voluto fraintendimento della battuta di Patrizio Cinque pronunciata alla kermesse del MoV 5 stelle a Roma, che letta come è giusto che sia, è stata intelligente nella forma ( il richiamo ai cento passi che cattura immediatamente l'attenzione) ed incisiva e positiva nella sostanza ( l'antimafia che prevale sulla mafia).

Ed è a quelli che pensano, (e tanti sono in buona fede), che il buon nome della Sicilia si difende con il silenzio sulla mafia, che sostengono che la vera mafia è a Roma, che i veri mafiosi stanno al Nord per togliersi dalla mente e dalla coscienza questo fastidioso tarlo, i siciliani a cui Grillo strizza l'occchio, con una sorta, questo sì, di baccagghiu, linguaggio che noi siculi intendiamo al volo.

Come dire: 'voi siciliani non avete colpe, i veri mafiosi stanno nei palazzi del potere', cosa solo in parte vera.

Ed è a questi siciliani che Grillo liscia strumentalmente il pelo per il verso giusto a fini elettorali ovviamente.

Fa Grillo quell'operazione politica che fecero negli anni '80 i socialisti nei confronti del terrorismo, quando in qualche modo sostenevano che occorresse trattare con le Brigate rosse, perchè sapevano che il terrorismo, certo violento e sanguinario, aveva comunque proseliti o simpatizzanti tra strati importanti di popolazione, tra gli operai, gli studenti e gli intellettuali, e il PSI voleva in qualche modo intestarsi, rappresentare e dare forma politica ( ed elettorale) a questo radicalismo, a queste forme di protesta estreme presenti nella società; o come quando i radicali protestarono vibratamente contro l'inasprimento delle misure carcerarie e le norme di legge che punivano i reati di mafia.

Il messaggio- baccagghiu fu capito e raccolto e dalle carceri partì l'ordine di premiare, cosa che avvenne puntualmente alle elezioni, il partito socialista e il partito radicale. Per questo il ragionamento di Grillo è ambiguo e pericoloso, perchè incoraggia una tendenza tutta nostra di scaricare sempre sugli altri, su Roma, sul Nord, sul grande capitale e le lobby finanziarie, i poteri forti, responsabilità e compiti che riguardano sì l'intero paese, ma che essendo tipicamente nostrani debbono vedere a battersi in prima fila soprattutto i siciliani.

Angelo Gargano