L'errore del Presidente Mattarella- di Francesco Riela

L'errore del Presidente Mattarella- di Francesco Riela

Politica
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Leggendo e ascoltando i commenti che sono stati espressi sugli ultimi fatti politici riguardanti la formazione del governo definito giornalisticamente giallo-verde mi vengono spontanee alcune riflessioni.

I fatti li conosciamo già. 

Provo a darne una mia lettura per poi arrivare a delle conclusioni.
La nuova legge elettorale ha consentito la celebrazione di consultazioni che hanno espresso un dato abbastanza chiaro sia per rappresentazione geografica che numerica.
In estrema sintesi il partito di governo viene sconfitto e risultano vittoriose le forze che si sono coagulate sotto il vessillo dell'opposizione.
Non passa inosservata la grande partecipazione al voto: quasi il 73% degli elettori italiani si sono recati alle urne.
Al centro-nord si afferma la coalizione capitanata dalla Lega e al centro-sud prevale il M5S.
Un'Italia geopoliticamente spaccata in due ma tenuta insieme dal comune sentimento di sfiducia che ha decretato la sconfitta della classe di governo.
All'indomani del voto le due compagini cominciano a rivendicare il loro diritto all'investitura per la formazione del governo, ma di fatto una maggioranza parlamentare non c'è.
Apro una piccola parentesi.
Nonostante nel corso degli ultimi anni si sia cercato, attraverso l'introduzione del sistema elettorale di tipo maggioritario, di dare una certa stabilità ai governi, questi meccanismi di manifestazione del consenso e di trasferimento dell'esercizio del potere dai rappresentati (elettori) ai rappresentanti (eletti) non hanno per nulla modificato la forma di governo nel nostro paese.
Il nostro è e resta un sistema di governo parlamentare.
Questo comporta che i rappresentanti eletti in Parlamento, solo coalizzandosi e ottenendo la fiducia dei due rami del Parlamento, possono dar vita al Governo della nazione.
E' chiaro che la fiducia la si ottiene se questa viene votata favorevolmente dalla maggioranza dei rappresentanti in Parlamento.
Se ciò avviene nasce un governo di tipo politico.
Il ruolo del Presidente della Repubblica in questo processo è fondamentalmente quello di garantire che tale genesi si compia nel rispetto delle regole costituzionali.
Tornando a noi, ciò di cui viene accusato oggi il Presidente Mattarella è sostanzialmente il fatto di essersi discostato dal suo ruolo di soggetto terzo per assumere la veste di parte attiva del processo di formazione dell'esecutivo perdendo così la sua imparzialità.
Le due forze politiche M5S e Lega, che dopo diversi tentativi avevano trovato l'accordo sottoscrivendo il famoso contratto di governo, potevano contare su un'ampia maggioranza parlamentare.
Sia pure in mezzo a tante difficoltà e con le condivisibili perplessità espresse dagli osservatori più attenti stava per nascere il governo giallo-verde dalla spiccata caratterizzazione politica.
In questo quadro il fatto dirompente è rappresentato dall'intervento del Presidente Mattarella che oppone il rifiuto alla nomina del prof. Savona indicato quale ministro dell'economia.
Nessuna apparente motivazione riferita ad una sua indegnità sotto il profilo personale ne incompatibilità sotto il profilo funzionale.
Piuttosto l'indisponibilità del Presidente è motivata dalla paura che le opinioni espresse in passato dal prof. Savona sulla possibilità di uscita dell'Italia dall'euro avrebbero influenzato negativamente i mercati e così, affermando il suo ruolo di garante costituzionale del risparmio degli italiani, boccia la proposta.
Tale scelta appare incomprensibile e contraddittoria.
Agli oltre venti milioni di elettori che, come cittadini italiani si sono sentiti massacrati fiscalmente e patrimonialmente dalle politiche di rigore, originate da trattati ormai obsoleti come quelli di Maastricht e Lisbona e che tutti in Europa vogliono oggi ridiscutere, e che con il voto del 4 marzo hanno detto basta, il veto di Mattarella viene letto come una difesa della casta e degli interessi di chi manovra lo spread.
A torto o ragione questa lettura probabilmente sarà il tormentone della prossima campagna elettorale.
Il fatto grave però è l'errore in cui è incorso Mattarella.
Se per un verso è giusto tener conto delle questioni economiche e degli equilibri finanziari non è certo prerogativa del Presidente garantire i mercati e porsi contro il voto popolare che ha espresso con forza una volontà di discontinuità rispetto alle politiche economiche fin qui perseguite.
I trattati non sono assiomi, sono piuttosto forme convenzionali e come tali possono essere ridiscussi, modificati e adattati alle mutate esigenze dei contraenti e, in questo caso dei compartecipi del sodalizio europeo, senza che tale posizione possa risultare censurabile sotto il profilo della correttezza e coerenza costituzionali.
L'indirizzo politico di un governo è strettamente correlato alle indicazioni che gli elettori hanno espresso con il voto che quel governo sostiene.
Il veto espresso dal Presidenziale, ancorché non trovi alcuna collocazione in ambito costituzionale, trattandosi di un'espressione che si pone in contrasto con la manifestata volontà di una maggioranza parlamentare, in questo caso assume il significato di proiettare Mattarella in una differente collocazione istituzionale: non più terzo garante della volontà espressa dal popolo ma addirittura soggetto politico attivo che detta un indirizzo di politica economica.
La decisione di Mattarella segna un precedente che non trova legittimazione nelle prerogative che la nostra costituzione assegna al Presidente della Repubblica.
L'atto di nomina dei ministri, infatti, non attribuisce al Presidente il diritto di dettare egli la linea politica del Governo influenzandone le scelte perché, come ricordato in precedenza, la Costituzione repubblicana prevede che tali scelte siano legittimate solo da una manifestata volontà della maggioranza parlamentare e giammai affidate alla “discrezione” del Presidente.
Ora, che il Presidente della Repubblica, rifiutandosi di avallare l'indicazione del prof. Paolo Savona abbia conseguentemente assunto la paternità dell'indirizzo di politica economica del nascente governo è reso ancor più evidente dal fatto che, successivamente alla rinuncia del prof. Conte quale Presidente del Consiglio incaricato, Mattarella ha conferito incarico per la formazione dell'esecutivo al prof. Carlo Cottarelli, l'uomo della spending revue che, come è noto, è senz'altro esponente di un orientamento che esprime continuità con la politica economica di rigore sin qui perseguita dai passati governi.
Tale scelta ha determinato l'ingresso del Presidente nell'ambito di una dialettica politica di cui egli deve essere solo arbitro imparziale.
Così facendo il suo ruolo e la sua funzione ne escono indeboliti.
Difficilmente potrà essere spiegato agli elettori della Lega e del M5S come possa giustificarsi tale presa di posizione.
Dal Colle non sono giunte ulteriori esternazioni al riguardo.
Se all'epoca del governo Monti le ingerenze del Presidente, sebbene sospinte dalla gravità della crisi finanziaria non apparvero giustificabili, oggi a maggior ragione in un momento in cui si registra una sia pur lenta ripresa economica, l'intervento di Mattarella risulta una evidente forzatura perché si pone in aperto contrasto con le chiare indicazioni espresse dal corpo elettorale.
Purtroppo siamo solo all'inizio di quella che all'orizzonte appare come una grave crisi istituzionale.

Francesco Riela 

Commissario regionale ad  Acta per l'approvazione dei Bilanci nel Comune di Bagheria (ndr)

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