Le inutili parole della politica - di Pietro La Tona

Le inutili parole della politica - di Pietro La Tona

Politica
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Non vorremmo che a furia di straparlarsi addosso e di continuare ad offrirsi al "pubblico spettacolo" sotto forma di spot pubblicitari; di aver ripreso ad elargire a colpi di "yes" amare pillole di speranza e d'aver imparato (così bene) a "vendere l'anima" al dio immagine;

di negare insomma - perfino a se stessa - l'evidenza di una connaturata impotenza alla risoluzione dei problemi di fondo che attanagliano questa comunità, Lei... la Beneamata Politica Nostrana ...da Bestia antropomorfa quale è...rischi l'ultimo paradosso: aver cominciato ad ammettere d'aver toccato il fondo di quel barile di credibilità che ogni tanto, noi miseri mortali, ci ricordiamo esistere ed il cui contenuto appare sempre più esiguo.

L'impasto di parole cui la politica (sia essa locale, regionale o nazionale) in questi ultimi anni ci ha oramai assuefatto, le più inutili, le più scollegate dai fatti e dalla realtà, costituisce - di per sé - l'atteggiamento principe di cui essa si veste quando tenta invano di giustificare se stessa. Specchio fedele e mai deformante. Un esempio per tutti: le condizioni in cui continua ad annaspare e a dimenarsi questa nostra comunità.

Alle inutili e demagogiche parole della politica sempre più spesso hanno cominciato a far da eco voci, vocioni e vocine di contorno (mass media su carta stampata, siti internet, televisioni pubbliche e private), le quali - concedendo alla stessa sempre maggior spazio e maggior possibilità di farsi "verbo disseminato nell'etere" amplificano - fino alle estreme conseguenze - il vuoto siderale di contenuti.

E poiché i livelli qualitativi tra chi esterna e chi fa da cassa di risonanza pare tendano - il più delle volte - ad equivalersi, si finisce con l'ingenerare nei quotidiani fruitori di notizie, una ininterrotta sequela di passaggi "a vuoto" priva di soluzione di continuità.
Il concetto vale a livello nazionale e - credo - giù giù sino a livello "nostrano".

Questo "sotto vuoto spinto" generato dal connubio politica/mass media ha finito, infatti, con lo generare una sorta di realtà virtuale all'interno della quale il cittadino - come un astronauta che in mancanza di forza di gravità resta a mezz'aria sospeso - continua ad interrogarsi tra ciò che la politica locale parolaia asserisce d'aver asserito e quello che i mass media nostrani gli attribuiscono per primi (nel qual caso auto-referenziandosi) d'aver detto; senza mai uscire da questo ubriacante labirinto; con la paradossale aggravante (per l'astronauta-cittadino) di ricavarne - il più delle volte - una personalissima terza "altra" versione.

La politica di palazzo asserisce, ad esempio, di non poter risolvere le problematiche di fondo perché - si dice - incessantemente impegnata ed inseguita da "continue emergenze" (più o meno importanti) quotidiane.

E così spesso avviene che quando si crede di averne risolta qualcuna (con tanto di demagogica e populistica radio - tele - sito - giornalistica "esternazione" della notizia), la stessa problematica - da lì a poco - si ripresenta il più delle volte in maniera ancor più grave.

Ebbene di tutto ciò la sensazione percepita dal cittadino dovrebbe solitamente essere quella di una politica strumentalmente disancorata dalla "efficacia dell'azione amministrativa" o meglio non capace di farla tradurre (con grande autorità, se necessario) in fatti operativi oggettivamente derivanti da processi ragionati e realmente improntati ad una loro successione logico-strategica dettata e temporizzata (guarda caso!!) proprio dalla politica stessa.

L'insoddisfazione per le "prestazioni" dei politici inoltre accelera la convinzione sempre più diffusa che siano poco competenti ed efficienti. E che, per questo, i privilegi loro accordati siano un "costo" sociale improduttivo. Senza benefici per la società.

In un Comune (dove la distanza tra "palazzo" e "cittadino" è di gran lunga la più ravvicinata tra le istituzioni che ci governano: province, regioni, ministeri), amministratori e dirigenti da una parte, consiglieri dall'altra - in teoria - dovrebbero facilmente alla fine di ogni anno solare "mostrare" ai propri concittadini non solo "tutti i numeri" del proprio lavoro, dei propri sforzi, ma nel concreto "le cose fatte".

Nel rispetto di un programma elettorale sottoscritto al momento della candidatura. E così nel corso di una sindacatura - anno dopo anno - verificare l'efficienza loro e della propria macchina amministrativa circa le cose fatte, staccando da parte di noi cittadini - come si fa con un pallottoliere - una ad una le cose fatte nei confronti del programma.

Efficienza burocratica ed organizzativa di tutti i Settori ed i Servizi comunali da tradurre in reali e concreti "fatti operativi" come frutti di "indirizzi" politico-strategici che - al contrario - la politica stessa pare preferire disconoscere. Per "dedicarsi" troppo spesso al parolaio gossip politico.
E così, quando avviene che i "frutti" o cascano dall'albero prima di essere "fruttuosamente" raccolti a beneficio di tutti o addirittura non germogliano per nulla, il giudizio dei cittadini che ne deriva dovrebbe basarsi sulla effettiva capacità o meno della politica di "organizzare" al meglio il motore operativo della propria macchina amministrativa.

Raramente tuttavia questo elementare concetto riesce a filtrare a beneficio della gran massa di cittadini attraverso la sempre più fitta "ragnatela" di parole assemblate a livello industriale in "sotto vuoto spinto" e "sparate" attraverso quotidiani, settimanali, mensili, reti televisive, addivenendo ad impenetrabile muro di gomma e - subito dopo - consuetudine.

E così la vita quotidiana anche di questa benedetta Città, regolata da cotanta consuetudine che apparentemente dà sicurezza, declina fino a cancellare la percezione della "reale realtà", facendo scivolare via su linee di pensiero lisce come olio, caterve di problemi, montagne di brutture e quanto d'altro, come se non esistessero; catturandoci - ogni giorno di più - in uno stato soporifero d'assuefazione.

Ma fare politica (o meglio, credere di farla; o meglio ancora, aver scelto di farla) - l'abbiamo capito - è oramai solo un modo "altro" di fare televisione, show; recitare una parte; nella triste convinzione che tra "immagine" e "potere", tra "popolarità" ed "autorità" vi sia un legame di reciprocità; equivale a fare una sorta di vendita porta a porta.

Altro che "risvegliare le coscienze" dei cittadini: solo assuefazione.

E come nelle migliori TV commerciali, là dove si preferisce guardare all'indice di gradimento e non certo alla qualità delle "produzioni", la politica (vieppiù quella nostrana) dà il meglio di sé quando contribuisce (direttamente o indirettamente) a creare realtà virtuali, illusorie, soporifere, false, teatrali, come lettiere per imbastirci sopra qualsiasi confronto verbale, intavolare qualsiasi dibattito; dove la parola parolaia, in quanto solo ed esclusivamente "consuetudine", ha sempre il sopravvento sulle idee.

Alza una spessa cortina fumogena per i nostri occhi; spande il vapore acqueo che appanna lo specchio dove ogni mattina - risvegliandosi - si riflette la faccia assonnata della nostra comunità.

Mentre la reale realtà di questa Città giace sempre più seppellita da un fragoroso boato di silenzio.

articolo pubblicato sul numero di novembre-dicembre 2007 de "Il nuovo paese"