'La migliore offerta' è veramente un grande film: bello e convincente

'La migliore offerta' è veramente un grande film: bello e convincente

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Un gran bel film, un grande regista, un vero maestro: sono queste le cose che vengono da pensare ad uno spettatore medio come il sottoscritto, che non ha alcun titolo per recensire un film, ma ne ha come spettatore sufficienti di titoli, per esprimere una opinione.

Diciamo subito che 'La migliore offerta' è un  film molto bello da vedere e da godere dal primo all'ultimo minuto, e viene da pensare che, quando si allontana dalla Sicilia raccontata mirabilmente in Nuovo Cinema Paradiso, il regista bagherese mostra tutta la sua grandezza.  

Con la "La migliore offerta" Tornatore ci ha consegnato una delle sue opere più compiute, un lavoro di cesello in cui il gusto del dettaglio si fonde mirabilmente con il respiro arioso delle immagini e delle scenografie ed in cui il gioco dei rimandi e delle citazioni è infinito.

E’ come un gioco di specchi, intrigante e coinvolgente, in cui l’immagine si deforma, si frammenta, si ingigantisce però è sempre là con la sua forma che non riesci però a ritrovare unitaria nei riflessi.

A partire da una delle prime scene quando il protagonista assiste impassibile al consumarsi della candelina sulla torta omaggiatagli dal direttore del suo ristorante preferito nel giorno (presunto) del suo compleanno; il metodo della candela vergine è uno di quelli che vengono usati per regolare il tempo delle offerte e dei rilanci nelle aste.

E’ poi il titolo che rimbalza continuamente nelle varie situazioni e fa capire il senso profondo del film: quale e per chi sarà mai  la migliore offerta ? quella più bassa per assicurarsi una crosta che cela in realtà un capolavoro, quella più alta con cui ci si porta a casa una copia di un abile falsario, o quella sin troppo visibile tra le gambe appena appena divaricate di Claire che getta in uno scompiglio psicosomatico di origine ormonale l'impassibile battitore d'asta, e che entra prepotentemente e sconvolge la vita di Virgil?

C’è l’omaggio  garbato ed elegante alla storia del cinema come sempre nei film di Tornatore, da Hitchock alla Sharon Stone di "Basic instint" a “La stangata” del mitico Paul Newman

E poi il ritmo che sin dalle prime battute del film coinvolge lo spettatore e lo fa stare con il fiato sospeso sino all’ultimo.

Come un abilissimo giallista Tornatore semina di indizi  la rappresentazione: è Robert (Tim Burgess) la chiave del film,  l’abilissimo artigiano che al contrario di Virgil 'prende' tutte le donne che incontra?

E’ lui, che appresi da Virgil i termini della storia di Claire è riuscito a mettere in atto un tradimento, così come per un momento prima lo spettatore, e poi Virgil, sono indotti a pensare?

O è la misteriosa nana dalla mostruosa memoria di un Pico della Mirandola quella attorno a cui ruota la soluzione del giallo?

Può darsi che sia Lei associabile allo strano robot ( guarda caso reso "umano" dalla voce di un nano che si nascondeva all'interno) che viene ricostruito da Robert partendo dai pezzi ritrovati da Virgil in casa di Claire, che sta forse consumando una vendetta facendo aggredire Virgil ?

Qualche limite certo c'è.

Qualche raro momento di stanca, talvolta la sommarietà dei dialoghi soprattutto quando si va alle genesi delle patologie di Virgil e Claire; ma se è comprensibile, nel caso della “agorafobia” di Claire lo è molto meno per la misoginia di Virgil.

Non basta essere cresciuto orfano di entrambi i genitori ed essere stato educato in un collegio di suore per diventare un grande esperto di arte, principe tra i battitori d'asta e misogino per giunta.

L’apparente artificiosità della trama è quella che ad un certo punto volutamente svia e distrae lo spettatore, facendolo riflettere sulla assoluta improbabilità della storia narrata: ma guarda un po’, viene da dirsi, un misogino, un igienista fanatico che tocca il telefono con un fazzoletto, uno che non guarda le donne in faccia, che le desidera e le possiede solo attraverso i ritratti che riesce a collezionare, va ad “incrociare” la vita di una ragazza che soffre di 'agorafobia'.

Boh!

Il pregiudizio si scioglie quando il film nel finale tira fuori il colpo di scena de “La stangata”.

Per finire con il nodo sentimentale irrisolto di Tornatore che ritorna in maniera prepotente e sintetizzabile nella frase: “ il fiore più bello è quello che giammai colsi”.

Virgil che va a Praga ad inseguire ed aspettare un’illusione, una promessa, (la frase di Claire che ritorna “qualunque cosa succederà sappi che ti voglio bene”), o un sogno ?

O forse no?

Gli attori sono grandiosi a partire da Virgil-Geoffrey Rush, attorno a cui è costruito l'intero film e che dall'inizio alla fine rimane ininterrottamente sulla scena,  al mitico e intramontabile Donald Sutherland (l'amico Billy) a Jim Burgess (l'artigiano Robert)  a Silvia Hoecks ( Claire) che, pur senza lasciare una traccia particolare nella mente dello spettatore, dà una credibilissima versione di una "agorafoba".

Un film assolutamente da vedere

 

Angelo Gargano

 

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