"Tantu tu scinni quantu acchiani” Lu cuntu ri Florio

"Tantu tu scinni quantu acchiani” Lu cuntu ri Florio

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In seno alla II edizione di Sicilia bedda ru me cori, lunedì 3 aprile, è stata rappresentata, nella splendida cornice di Palazzo Cutò, la pièce teatrale “Tantu tu scinni quantu acchiani, lu cuntu ri Florio”.

In un reale “Ciclo dei vinti” di verghiana memoria è stata messa in scena la miseria della condizione umana, l’inanità di ogni vissuto esistenziale dinnanzi alle vicissitudini della vita, a prescindere dal ceto sociale, dal luogo e dal tempo in cui esso si dipana. Il tutto all’interno di un’epopea familiare quale fu quella dei Florio, umilissima famiglia di fabbri di origine calabrese che, fuggendo da un devastante terremoto, diede origine, nell’arco di quattro generazioni, al più grande impero economico che l’Italia meridionale abbia mai espresso. Fabbri, dunque, a Melicuccà, poi commercianti a Bagnara, commercianti di spezie e droghe a Palermo in via Materassai, e ancora in un climax vertiginoso: senatori del regno, possessori di isole e tonnare, commercianti di marsala, proprietari di zolfatare e di flotte, mecenati e promotori di attività culturali e luculliani commensali di re e imperatori. Ma metafora esistenziale, eco all’oraziano vivi parvo, accontentati di poco perché tantu tu scinni quantu acchiani, ecco giungere inesorabile e spietata la fine. Ignazio, esponente dell’ultima generazione, il più colto, il viveur, il dandy, l’esteta rappresenterà, difatti, l’ultimo atto: il tracollo, l’agonia e la morte. Con lui non soltanto il disastro economico e l’alienazione di tutti i beni, ma anche e soprattutto la morte prematura dell’unico maschio di casa Florio, pietra tombale per l’intero casato. Lo spettacolo ha scandito per tappe, grazie alla nenia seducente del cantastorie, i momenti più significati della loro storia. Dalla fuga da Bagnara, all’arrivo al porto di Palermo. Dalla nascita delle tonnare, alla Targa Florio. Dall’appassionata e sofferta gelosia di Franca Florio, regina di Palermo, al cinismo e al dongiovannismo di Ignazio. Per suggellare, nella lirica conclusiva di Petru Fudduni, Miseri di lu munnu, il filosofico e pessimistico assunto sulla vacuità e nullità di ogni azione umana.

Responsabili del progetto proff: G. Malfitano, G. Di Giovanni, D. Zarcone