A proposito: "Come sta la famiglia?"

A proposito: "Come sta la famiglia?"

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La battuta sarà stata banale e superficiale, ma la reazione è stata francamente spropositata, eccessiva, come di chi, per dirla come si usa dalle nostre parti “ha il carbone bagnato”, o, in italiano, la coda di paglia.
Ci stiamo riferendo ovviamente alla battuta di Maria Cuffaro telegiornalista del TG3, che per commentare l’attacco di Dell’Utri alla testata giornalistica dove la Cuffaro lavora (“Vanno cambiate le facce del TG3”), risponde: “Mi sembra di stare sul corso di Bagheria. Viene uno e ti dice : “Come sta la famiglia? E’ un avvertimento".

La battuta della Cuffaro pescata nella iconografia e nella letteratura delle vecchie storie di mafia è stata senz’altro infelice, e fuori luogo.
Di fronte ad una battuta è sceso in campo però un esercito.
Rimane il fatto che ben quattro rappresentanti delle istituzioni bagheresi tra sindaco, presidente del consiglio e assessori, hanno preso come si suol dire cappello, hanno cominciato ad elevare alti lai come verginelle violate, ed hanno preso a decantare la bontà di una merce che fa, diciamolo pure, odore di muffa.

Abbiamo inaugurato centri e presidi di legalità - recita la difesa d’ufficio - abbiamo nominato consulenti di antimafia e vestali di trasparenza, stiamo lucidando il corso principale: insomma cosa volete di più, abbiamo le carte a posto, dicono sindaco e assessori, che evidentemente parlano a nuora perché suocera intenda.

Ecco una florilegio delle esternazioni, a partire dal sindaco: “Passeggio nel recentemente ristrutturato Corso Umberto, dice il sindaco- e non ho assistito a scene che descrive la Cuffaro”; continuando con Daniele Vella che chiosa “Siamo sicuri di un suo pronto ravvedimento e l’aspettiamo a Bagheria per constatare di presenza i cambiamenti sociali avvenuti e in atto nella nostra città”.

Passando per Gianluca Rizzo che rincara la dose : “Non so a quale Bagheria si riferisca la giornalista nella sua dichiarazione”.(Forse a quel periodo in cui un sindaco di Bagheria nell’estate del 1982, con i morti ammazzati davanti al Municipio di Bagheria dichiarava ai giornali: "A Bagheria non esiste la mafia, tant’è che i morti sono di Casteldaccia"; restando però senza parole quando a restare stecchiti sull’asfalto cominciarono ad essere gli “incolpevoli” baarioti n.d.r.).

Per arrivare ad Antonio Scaduto che invita la giornalista a “venire a fare un passeggiata lungo il corso principale della città per rendersi conto che ha dichiarato una cosa non vera e che offende la cittadinanza bagherese”.
Tutti uniti a difendere il buon nome di Bagheria: figurati!

Il buon nome di Bagheria si difende tenendo la città pulita, erogando servizi efficienti, garantendo vera trasparenza, sforzandosi di costruire un futuro dignitoso per questa città, facendo funzionare le istituzioni.

C’è però sicuramente una cosa sbagliata nella affermazione della Cuffaro: ed è quel senso di generalizzazione, in cui tutti cadiamo prima o poi, o ne siamo vittime.
Il corso di Bagheria eletto a “topos” di modelli comportamentali di mafia può essere forse un modo semplice e primitivo per farsi capire però è senz’altro sbagliato.
E’ vero, anche a me dà fastidio essere, in qualche modo, messo nel mazzo da certe affermazioni.

L’affermazione della Cuffaro farebbe il paio con quella del tipo: Chi? La Cuffaro? Ah, quella parente dei Cuffaro di Sperlinga, gli agrari che negli ‘50, e ‘60 sfruttavano i braccianti e che in quegli anni andavano a braccetto con i mafiosi e che, se è pur vero che hanno dato uno dei miglior sindaci a Bagheria, Silvestre Cuffaro, sceglievano però i loro campieri e sovrastanti tra gli uomini graditi a cosa nostra e consentivano, come si sussurrava allora, il passaggio di contrabbandieri e il ricovero di latitanti nelle loro proprietà? Vabbè, ho capito.

Noi non giudicheremmo mai la Cuffaro per la sua ascendenza “di sangue”, o per quello che possono essere stati i sui zii o i suoi nonni, o il contesto in cui era costretta a muoversi la sua famiglia di origine; la giudichiamo per quello che lei è: una brava e coraggiosa giornalista.
Anche lei giudichi Bagheria per quello che è, e i bagheresi per quelli che veramente sono: gente che nella stragrande maggioranza nel Corso Umberto le migliaia di volte in cui ha chiesto e si è sentita chiedere “come sta la famiglia?” non ha colto nessun segnale né avvertimento.
Un paese in cui c'è la mafia , ma c'è una parte della società civile che si schiera contro la mafia. Non privilegi, come purtroppo avviene sui media, solo e sempre una faccia della medaglia.
Per questo gentile signora, segua il nostro consiglio: guardi qualche fiction in meno su Totò Riina su Canale 5, e qualche docu-fiction in più su Rai 3, e capirà che i tempi dei messaggi trasversali allo stratonello di Bagheria sono finiti da tantissimo tempo.
A proposito : “Come sta la famiglia?
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