I malacarne e gli alberi - di Maurizio Padovano

I malacarne e gli alberi - di Maurizio Padovano

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Bagheria ? è rimasto un paese di contadini, allevatori, malacarne e mascalzoni.
Colpisce alla stomaco la stringatezza del j’accuse di Ferdinando Scianna nella bella intervista apparsa sulle pagine del quotidiano La Repubblica lo scorso 4 aprile.

Intervista nella quale, oltre a tante altre cose interessanti, Scianna fornisce un paio di giudizi quanto meno tranchant sull’antropologia del baharioto. Per carità, nulla di nuovo, e nulla che non possa essere controargomentato con le ragioni di chi sentirà la dignità indigena irrimediabilmente offesa.

Resta il coraggio di Scianna (e di quanti altri?) di dire la propria con franchezza e passione. Sebbene da lontano. “Bagheria si porta il crisma del ‘700, quando i nobili che Palermo cacciava si fecero le ville riacquistando la violenza dell’essere padroni. Questo è Villa Palagonia, intorno a cui è rimasto un paese di contadini, allevatori, malacarne e mascalzoni. Lo dimostra il fatto che la distruzione stessa del territorio sia stata affidata alla mediazione dei mafiosi”. E poi si dice che gli intellettuali se ne stanno in disparte!

Ma se anche fosse così, a giudicare dalla mancanza di reazioni indigene alle parole di Scianna, forse fanno bene a farsi i cazzi loro, gli intellettuali. Tanto, amava ricordare Sciascia citando Machiavelli, agli intellettuali (i politici) non permettono ‘nemmeno di rotolare una pietra’!

Figuriamoci se gli consentono di indirizzare la politica del loro tempo, dei loro luoghi.
È trascorsa una settimana e non mi pare di avere sentito ‘accenti d’ira’ contro le parole del nostro celebre concittadino. Del resto, basta farsi un giro per Bagheriopoli, guardarsi attentamente attorno, per concludere che Scianna non è animato dal livore particolare di chi è andato via: usa il suo sguardo come una implacabile fotocamera. Osserva, registra, mette in ordine e poi dichiara pubblicamente.

Quello che ogni cittadino realmente libero dovrebbe fare giorno per giorno, indipendentemente dal suo tasso di intellettualità. È vero anche che le parole di Scianna stagnano sapide nella bocca di tutti i baharioti indigeni come il sottoscritto, ma a Scianna va riconosciuto il merito di aver saputo riassumere, in poche righe, il passato e il presente della nostra città.

Ovviamente, e Scianna lo sa bene, Bagheriopoli non è città di soli malacarne e mascalzoni: c’è anche dell’altro e forse, prima o poi, non mancheranno impennate di orgoglio civico. Qualche segnale – periferico, sottaciuto, subito stroncato – in questo giorni mi è sembrato di percepirlo. Ne hanno dato notizia i locali mezzi di informazione.

Si tratta di un fatterello che potremmo candidare a termometro civile delle vicende pubbliche della nostra città. Un’iniziativa di un gruppo di privati cittadini nel quartiere Lannari - uno dei quartieri più sociologicamente marcati di Bagheriopoli (quartiere nel quale, per inciso, sono nato, cresciuto, e continuo a vivere, seppure in posizione più defilata). Stanchi di attendere, da mesi, la potatura degli splendidi e secolari oleandri che fanno di via I.Lanza di Trabia una delle poche strade alberate della città, i cittadini hanno fatto una colletta e si sono rivolti a un privato operaio – munito di motosega e motoape – per provvedere in autonomia a ciò a cui l’amministrazione pubblica di questa città non riesce ormai da tempo a provvedere.

Dopo poche ore però, il lavoro di quell’operaio è stato fermato, giustamente, dai vigili urbani. Giustamente? Sì, ma summum ius, summa iniuria.

Una volta tanto che i baharioti si accingevano a dare lezioni di federalismo e autodeterminazione all’intero Lombaro-Veneto, la Legalità costringe all’aborto l’Iniziativa popolare (e senza nemmeno far ricorso alla RU486!).

Che aggiungere? Vorrei spedire una cartolina a Ferdinando Scianna, una cartolina nella quale mi piacerebbe raccontargli di quello che avrebbero voluto fare i baharioti del quartiere Lannari.

Raccontargli, per una volta, di cittadini che hanno a cuore gli alberi e il decoro della strada nella quale stanno trascorrendo la loro vita, e non di malacarne.

E mi piacerebbe che quella cartolina fosse illustrata con uno dei mostri di Villa Palagonia, ma riveduto e corretto. Adeguato ai tempi.

E che quindi su quella cartolina da beneficienza (con la quale gli amministratori potrebbero espiare il non fatto e magari raccogliere fondi da destinare alla piantumazione estensiva e intensiva di alberi in città) figurasse – con le mani incrociate sulla testa come il famigerato pupo che fa bella mostra di sé nell’attuale portale ingresso di Villa Palagonia – uno a caso tra gli assessori in carica (sebbene la precedenza spetterebbe, di diritto, a chi detiene la delega per il verde pubblico).

E su quella cartolina scrivere, semplicemente: “ Se in un paese di contadini, allevatori, malacarne e mascalzoni qualcuno comincia a preoccuparsi degli alberi…”.

 

Maurizio Padovano

 


 

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