Per non dimenticare Angelo, Antonino, Calogero, Salvatore, Ivana e Giuseppe....

Per non dimenticare Angelo, Antonino, Calogero, Salvatore, Ivana e Giuseppe....

attualita
Typography

E' compito sempre più arduo quello del cronista che deve raccontare il dolore: quello dei genitori e dei familiari, degli amici, dei conoscenti, dei compagni di classe; e la pena
di tanti normali cittadini che magari non conoscevano Angelo e i suoi, ma pure partecipi di questi eventi che scandiscono ormai come un triste mortorio la vita delle grandi e piccole comunità.

Perché non si possono inventare parole nuove per sentimenti antichi ed eterni: non si può dire più nulla che non sia stato già detto sulla morte, soprattutto quando arriva come un colpo di maglio e ti stordisce: dolore, pena, angoscia, strazio, sofferenza, terribile, sconvolgente, caso, coincidenza, fatalità, sfortuna, e queste poche parole continuiamo, noi e gli altri, a declinarle e rigirarle per cercare di esprimere quello che è scoppiato all'improvviso dentro la testa dei genitori e dei familiari innanzitutto e poi degli amici, alla notizia della morte di Angelo; e che siamo lontani anni luce dal potere adeguatamente descrivere o rappresentare, e che rischia pertanto di essere, il nostro, puro esercizio retorico.

Ma dobbiamo farlo; sentiamo che è giusto farlo.

Perché, ahimè il dolore si può anche tentare di condividere, per renderlo meno pesante, ma niente e nessuno potrà mai farti intendere cosa è realmente successo nella mente di una madre e di un padre, quando l'ansia della mancata telefonata di Angelo, diventa preoccupazione e poi via via paura; mentre col cuore in gola si fa una ricognizione lungo la strada che avrebbe dovuto percorrere; paura che cresce sino all'angoscia sino all'esplosione della mente, quando percepisci la realtà e la concretezza di quell'evento terrificante che hai temuto, a cui hai pensato sin da subito, il cui tarlo ti è entrato dentro e che hai tentato di esorcizzare.

Quella vaga sensazione di inquietudine che li ha presi quando quel telefonino, muto per centinaia di altre volte per motivi futili e banali, per una volta resta muto perché dall'altra parte chi deve rispondere è stato reso muto dalla morte, e che prende consistenza in quelle scarne immagini di un ragazzo a terra, quasi abbracciato al suo motorino, ma freddo e immobile.

Su quella strada, la Tangenziale est da cui si vede il mare, forse l'ultima cosa che Angelo ha visto, e quando consolazione può diventare il pensiero che Angelo non ha sofferto.
Niente e nessuno potrà spiegare quelle parole del padre ancora intontito dalla visione del figlio nel luogo dell'incidente, che usa parole ingenue, imploranti e disperate per convincere gli amici che lo trattengono, a farlo restare accanto al figlio, inanimato e a terra:"Io non ho paura della morte, lasciatemi restare accanto a mio figlio", per crollare l'istante successivo svenuto.

Potremmo scrivere mille cose sul destino di questo ragazzo, che dopo il primo urto riesce a rimanere in sella, e per cui una caduta sarebbe stata forse provvidenziale: quale Mano in quel momento gli ha dato la forza, la capacità, l'equilibrio per restare in sella, per poi l'istante successivo farlo incontrare con il suo destino?

Mille ipotesi e supposizioni che non servirebbero a riaverlo tra noi: e dai tempi più remoti su questi temi si sono esercitate e scervellate schiere di filosofi, di teologi, di pensatori senza trovare altra risposta che non sia quella della fede.

Le parole scivolano, appunto inutili, come acqua su uno specchio e si consumano giusto il tempo di pensarle e di scriverle, e diventano subito vuote e prive di senso di fronte alla tragedia e al mistero.

Nella Chiesa Madre di Bagheria, piena di gente e gonfia di dolore e di pena, ci sono i genitori, i familiari, i compagni di classe, gli amici, gente comune, e poi sindaco, presidente del consiglio, assessori e consiglieri, come è giusto che sia, ed un padre Giovanni La Mendola, cui spetta ogni volta, perché ministro di Dio, il compito ingrato di sollevare quel macigno di interrogativi e di dolore e cercare di dire una parola che, se non oggi, possa domani o dopodomani essere di lenimento per una ferita, che unico e solo il tempo potrà incaricarsi in parte di rimarginare.

Ma le tragedie di questi giorni a Bagheria e a Palermo, interrogano anche e soprattutto noi adulti e noi genitori, che di quanto accade portiamo responsabiltà; ed è di questo che parleremo più in avanti, perchè oggi è solo il giorno del dolore e del pianto.

 

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.